Sembra di leggere una pagina tratta dal romanzo di José Saramago Tutti i nomi, in cui il protagonista perde se stesso alla ricerca dell’identità di una donna sconosciuta di cui possiede soltanto i dati anagrafici. In realtà, pur trattandosi di un romanzo, la vicenda racchiusa in questa frase è molto più vicina di quello che pensiamo. Non ci troviamo in una sperduta città portoghese ma in Italia, più precisamente a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, e la storia che si racconta è quella del Piccolo museo del diario.
È Mario Perrotta a scrivere, nel suo Il paese dei diari: il libro, pubblicato nel 2009 per Terre di Mezzo Editore, è la storia romanzata di questo piccolo museo toscano inaugurato nel 2013. Un museo molto molto particolare: le quattro sale che lo compongono riuniscono, infatti, centinaia di diari. Reperti non convenzionali insomma, che qualunque storico di professione rifiuterebbe di inserire in qualsiasi cronaca ufficiale: ebbene, a Pieve Santo Stefano tutto ciò che non è ufficiale ma che bensì è intimo, sofferto, vissuto, e narrato sotto forma di diario, può essere (e lo è) Storia.
Il Piccolo museo del diario, che dal 2016 è entrato a far parte dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei e della Rete Valtiberina Musei e Parchi, ha alle spalle una lunghissima storia che inizia nel 1984 grazie a Saverio Tutino (Milano, 1923 – Roma 2011, proprio un 28 novembre di sette anni fa). Prima di essere un giornalista, con il suo importantissimo lavoro di corrispondente da Cuba negli anni della Rivoluzione, e uno scrittore, Tutino fu un partigiano durante la lotta di Resistenza nel nostro Paese. Ed è forse proprio il senso primario della parola “resistenza” che lo ha ispirato per il lungo lavoro di ricerca che ha portato alla nascita dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano da cui nascerà, nel 2013, il Piccolo museo del diario. Perché in questo museo resistono, nel vero senso della parola, memorie e storie collettive che, senza il meticoloso lavoro di Tutino e di tutto lo staff che oggi mantiene in piedi questo progetto, sarebbero rimaste per sempre dimenticate.
In un’epoca in cui tutto è “digitale”, “smart” e “fast”, un luogo in cui toccare con mano, leggere, perdersi nel racconto è fondamentale, un ulteriore atto di Resistenza: un atto che passa sì attraverso le pagine ormai ingiallite dei diari e delle lettere ma che, nel tempo, ha trovato un modo unico per raccontarsi. Anche grazie alla collaborazione dello studio multidisciplinare milanese dotdotdot che ha installato e progettato i dispositivi multimediali e i supporti elettronici che rendono il percorso del museo all’avanguardia e accessibile a tutti.
Resistere, al tempo che passa e alla velocità con cui oggi dimentichiamo, è lo scopo del Piccolo museo del diario: in esso sono raccolte centinaia di storie di persone comuni che attraverso il loro personalissimo e intimo punto di vista hanno raccontato gli anni più importanti della storia d’Italia. Magari parlando dei loro amori perduti, delle loro delusioni o delle piccole conquiste quotidiane: una vera e propria storia “scritta dal basso” che grazie al lavoro di Saverio Tutino, a cui oggi il Piccolo museo del diario è dedicato, ha assunto dignità universale e storica.
Fra le migliaia di pagine conservate dal Piccolo museo si legge così di Clelia, contadina del mantovano, che per poter continuare a scrivere al suo amore perduto utilizza il lenzuolo più bello del suo corredo, il quale oggi è esposto insieme alla storia di Orlando Orlandi Posti, fucilato alle Fosse Ardeatine, di cui restano soltanto i pochi messaggi clandestini sopravvissuti all’oblio e alla violenza. Con un piccolissimo contributo (il biglietto d’ingresso costa soli 3 euro) è possibile avventurarsi in questo Piccolo (mai nome è stato così giusto per descrivere la dimensione intima e raccolta di un museo) angolo di Storia.
Mi guardo intorno e vedo stanze e corridoi riempiti da chili e chili di ricordi, raccolti in milioni di pagine, assemblate in migliaia di diari, lettere e memorie, un festival del ricordo insomma, un inno perenne alla memoria […]. Sono il tentativo tenace di opporre resistenza alla dimenticanza, in una battaglia impari tra poche migliaia di sopravvissuti contro milioni di esistenze di cui non sapremo mai nulla.
A PROPOSITO/ Un altro borgo che respirò la creatività di Tutino
Store the Future: residenze artistiche nella vicina Anghiari, patria della Libera Università dell’Autobiografia
A pochi chilometri da Pieve Santo Stefano incontrate il borgo-gioiello di Anghiari, denso di Storia e di storie, dove nella Piazza del Popolo opera da vent’anni il Centro studi e ricerche della Libera Università dell’Autobiografia, in sigla LUA, che mi fu presentata nei primi anni del Duemila, all’ombra di una grande quercia, dagli stessi creatori di quella lodevole istituzione culturale e dal suo dinamico segretario organizzativo Renato Li Vigni: Saverio Tutino e il vulcanico Duccio Demetrio (allora docente di Filosofia dell’educazione e di Teorie e pratiche della narrazione presso l’Università di Milano Bicocca e attuale direttore scientifico della LUA: tenete d’occhio i suoi 50 volumi che trovate online). Dal 3 all’8 dicembre 2018 si è svolto presso il Teatro dei Ricomposti di Anghiari la prima delle due residenze artistiche previste da Store the Future, progetto finanziato dall’Unione Europea nell’ambito dell’Avviso dedicato all’Anno Europeo del Patrimonio Culturale del programma Creative Europe, nel quale l’Archivio dei diari è capofila di una rete composta da altre 5 organizzazioni provenienti da 4 differenti paesi europei (Italia, Croazia, Francia e Portogallo). L’obiettivo della settimana di lavoro è stato quello di analizzare e sviluppare in chiave artistica i materiali derivanti dall’intensa attività svolta – a partire dal mese di agosto 2018 – dal gruppo di ricerca transnazionale formato nell’ambito del progetto.
I ricercatori, in particolare, hanno concentrato la propria indagine sul ’68, da leggersi non solo come anno storico ma, in senso più ampio, come momento rappresentativo di una stagione dai confini cronologici e geografici difficilmente definibili. Una stagione di cambiamenti, fratture, contraddizioni e speranze.
La residenza artistica è stata condotta da Andrea Merendelli (Direttore Artistico del Teatro di Anghiari e del progetto Store the Future) e ha visto la partecipazione della musicista Helena Rüegg e delle attrici Francesca Ritrovato e Isabel Mões. Nel corso della residenza, uno specifico intervento – dal titolo Il teatro e il ’68: racconto di una frattura – è stato tenuto da Gianfranco Capitta, critico e studioso teatrale.
Invidio benevolmente coloro che possono usufruire ad Anghiari dei servizi resi dalla LUA (info e per diventare socio/a: segreteria@lua.it, tel. 0575 788847, web: http://lua.it/in-evidenza/2018/07/video-presentazione-della-lua/).
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Il filosofo e scrittore Duccio Demetrio, fondatore nel 1998 con Saverio Tutino della Libera Università dell’Autobiografia ad Anghiari (Arezzo) durante la presentazione del suo ultimo libro Foliage. Vagabondare in autunno (Raffaello Cortina Editore).