CARA LAURETTA, GRAZIE PER AVER COLORATO CON IL TUO NUOVO LIBRO QUESTI NOSTRI GIORNI ALQUANTO GRIGI
I LIBRI CHE CI FANNO COMPAGNIA, ARTI & CULTURE, IL TEMPO DELLA STORIA
Introduzione di Salvatore Giannella -
Testo di Lauretta Colonnelli*
Una telegrafica recensione del nuovo libro della giornalista culturale Lauretta Colonnelli (La vita segreta dei colori. Storie di passione, arte, desiderio e altre sfumature, Marsilio Editori: foto d’apertura di TusciaUp) apparsa oggi, mercoledì 14 giugno 2023, su Anteprima, l’utile spremuta di giornali fatta quotidianamente dal bravo Giorgio Dell’Arti), mi ha riportato alla mente un episodio della vita di un famoso giornalista del Novecento, Luigi Barzini (1908-1984). Lui addestrava figli e nipoti all’arte di scrivere (una passione di famiglia) facendo raccontare loro sul diario, senza limiti di lunghezza, il diario della giornata e chiedendo poi di sintetizzare il tutto in poche righe in modo da spedirle per telegramma alla nonna che viveva in un’altra città. “Vi raccomando, ogni parola del telegramma costa molte lire”, raccomandava. La recensione della scrittrice Giulia Alberico corrisponde ai telegrammi barziniani. Eccola: “Il libro della Colonnelli ci dice, sì, dei colori ma mescolando Storia, Letteratura, Arte, aneddoti, Musica e tanto altro. Un viaggio incantato nelle meraviglie del sapere e del saper trasmettere con levità. Cosa rara”. E allora, estraggo il libro dalla pila accumulatasi sul mio comodino e comincio a piluccare le storie. A voi lettori, per integrare il mosaico delle informazioni su questo prezioso volume, regalo l’efficace introduzione. (s. gian.)
La copertina del libro di Lauretta Colonnelli, edito da Marsilio. “Siano così i libri sull’arte: non storia ma storie, non carriere ma amori” (Camillo Langone su Il Foglio)
I colori sono estremamente seducenti e altrettanto inafferrabili. Variano continuamente, a seconda dell’occhio di chi li guarda. Variano se visti all’ombra o sotto il sole, al mattino o al tramonto. Variano se illuminati da una candela o da una lampadina o da una luce al neon. Variano se visti tutti insieme o uno per volta.
In principio fu una botteguccia. Lo capii per la prima volta tanti anni fa. C’era a quel tempo a Firenze, in via di Porta Rossa, una botteguccia lunga e stretta. Le pareti erano tappezzate, dal pavimento al soffitto, di scaffali pieni di maglioni colorati, ripiegati ordinatamente uno sull’altro, e declinati in tutte le sfumature dei verdi e dei rosa, dei gialli e degli azzurri, dei bianchi e dei neri, dei rossi e dei bruni, degli arancioni e dei viola. Il minuscolo locale sembrava risplendere. Era impossibile non fermarsi davanti alla porta a vetri, incantati dalla fantasmagoria dei colori. Irresistibile il loro richiamo. Più di una volta, nel corso degli anni, sono entrata con l’idea di comprare uno di quei maglioni, di regalarmi un pezzetto di splendore. Ma succedeva ogni volta la stessa cosa. Sceglievo, tra i colori, uno tra i più belli e i più luminosi. E quando la commessa toglieva il maglione dallo scaffale, e me lo porgeva, il colore non era più lo stesso. Si era spento.
Capii in seguito che i colori variano anche nell’immaginario delle persone. Perché il colore, prima di essere materia – ma allora si chiama pigmento –, è un concetto.
A lezione dai grandi restauratori. Con il passare del tempo ho scoperto che ci sono infiniti modi di considerare i colori. Ho imparato tanto dai restauratori. Ho avuto la fortuna, nel mio lavoro di giornalista, di salire sulle impalcature della Cappella Sistina mentre Gianluigi Colalucci (Premio Rotondi ai salvatori dell’arte, sezione Mondo, 2021, Ndr) e la sua squadra disseppellivano i cangianti di Michelangelo nascosti per secoli sotto una crosta di grasso, fumo e polvere.
Ho visto, all’Opificio delle pietre dure di Firenze, Umberto Baldini e i suoi collaboratori far rivivere, nella Primavera di Botticelli, la figura di Zefiro, ritrovando il corpo azzurro del vento sotto la patina di verde marcio.
Altri mi hanno rivelato come in una modesta azzurrite può celarsi un prezioso lapislazzuli.
Nelle pagine scritte da artisti, filosofi, storici, scienziati, romanzieri e musicisti ho scoperto che sono infiniti i rapporti degli esseri umani con i colori.
Chi li ama e chi li odia. C’è chi pensa che i colori non esistano e chi è convinto che siano gli unici abitanti dello spazio.
Chi non riesce a vederli e chi ha trascorso la vita a catalogarli.
Chi li inventa e chi li dimentica.
Chi li sente suonare e chi ne ha paura.
Chi li considera spirituali e chi li giudica immorali.
Chi con i quadri racconta storie e chi scrive romanzi che sembrano quadri.
Ho voluto raccontare, in questo libro, la vita segreta e avventurosa dei colori, legando con un sottile filo rosso i sogni di Jung all’Arlecchino di Picasso, i vestiti a righe delle prostitute medievali agli abiti color malva fatti indossare da Tolstoj alle civette dei suoi romanzi, la biacca che uccise milioni di donne allo smeraldo che avvelenò Napoleone, i baffi rossi di Hitler alla barba di Nerone, il mantello tinto di porpora degli spartani in battaglia alle camicie scarlatte dei garibaldini, la verdissima torta di Monet all’alkermes di Lorenzo il Magnifico, il pitocco rosa di Leonardo alla zimarra cangiante di Michelangelo, l’isola dei senza colore di Oliver Sacks al paese dei ciechi di H.G. Wells, il silenzio verde di Carducci all’urlo nero di Quasimodo, l’alfabeto di Nabokov alle vocali di Rimbaud, il vero sangue blu dello scorpione imperatore a quello finto dei cortigiani di Elisabetta I, il bruno di mummia di Balthus alla «fogna di tutti i neri» dei tipografi, la melodia infinita di Wagner che ispirò Kandinskij al ritmo sincopato del boogie- woogie raffigurato da Mondrian, il blu di Matisse a quello di Klein, i voli di Modugno a quelli di Chagall, le tortore solferino di Montale all’uovo di pettirosso di Tiffany.
Ci sono mille modi di vedere i colori. E persino di ascoltarli, accarezzarli, annusarli, assaporarli. Di amarli e di odiarli. Questo libro è anche un viaggio nelle sensazioni e nelle emozioni che i colori suscitano da sempre, una catena di piccole storie collegate l’una all’altra per assonanze e corrispondenze. Si può leggere saltando disordinatamente dall’una all’altra. O, meglio, come un unico lungo racconto.
ANCORA UN MOMENTO, PREGO / di Gregorio Botta**
Quanto fu difficile
per Domenico Modugno
cantare Nel blu
dipinto di blu (Volare)
Tra le mille curiosità che si apprendono dalla lettura del libro della Colonnelli, ce n’è una che riguarda Volare, la canzone resa immortale nel 1958 da Domenico Modugno (Polignano a Mare, Bari, 1928 – Lampedusa, Agrigento, 1994).
La canzone fu ispirata da un poster di Marc Chagall (Lezna, Bielorussia 1887 – San Paolo di Venza, Francia, 1985). Era la riproduzione di Le coq rouge dans la nuit dove l’artista si ritrae in volo abbracciato all’amata Bella Rosenfeld, accompagnato da un gallo rosso che canta e da un cavallo alato che suona il violino. La musica, quindi, era già nel quadro. Ispirazione potente, ma svolgimento faticoso.
I primi versi erano un po’ legnosi: “Di blu m’ero dipinto per intonarmi al cielo lassù nel firmamento, volavo verso il sole…”.
Per arrivare alla versione finale ci vollero sei mesi di liti furiose tra il paroliere e Modugno. La storia è nota. Ma lo sapevate che il quotidiano Paese Sera dedicò un inserto alla canzone, chidendo a scrittori, psicologi, politici, artisti, le ragioni di un tale successo? E che quelle pagine avevano il bordo dipinto di blu? (**estratto da Repubblica, 12.4.2023)