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Raimondo di Sangro, principe di Sansevero (Torremaggiore, Foggia, 1710 – Napoli, 1771), è stato un esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, letterato. Tra le voci poco lusinghiere attribuitegli, c’è che egli avrebbe accecato lo scultore Giuseppe Sanmartino per far sì che non fosse in grado di riprodurre per altri un’opera straordinaria come il Cristo velato.

Vedi Napoli e poi muori.

Mai la citazione attribuita a Johann Wolfgang Goethe mi è sembrata così carica di significato come nella mia ultima visita alla città che tanti sentimenti contrastanti suscita, tutti intensi, in tutte le sfumature, che vanno dall’amore al rancore, ma che tutti mettono d’accordo sulla sua unicità. Ho trovato molti dei luoghi noti della città impegnati in importanti restauri e coperti da impalcature che li nascondono agli occhi del turista. La mia delusione iniziale si è però trasformata in un’opportunità straordinaria.

Avevo sentito più volte parlare del Cristo velato, capolavoro scultoreo conservato in una cappella nel cuore del centro storico di Napoli e l’avevo ammirata (per via della prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo) nei libri di storia dell’arte, ma mai avevo avuto l’opportunità di vederla nei miei numerosi viaggi a Napoli, tutti consumati in giornata. Ho seguito questo richiamo verso quello che avrei poi eletto a mio museo. Ho detto al tassista che volevo vedere il Cristo velato e mi sono vista recapitare davanti al Museo Cappella Sansevero che ho scoperto essere una delle più suggestive espressioni del patrimonio artistico internazionale. (Nel 2013 risultava il museo italiano più amato e l’unico nella graduatoria dei primi dieci in Europa, stilata da Trip Advisor, “il portale di viaggio più grande del mondo”. Lo scorso anno figurava ancora come la terza attrazione d’Italia, dopo la Galleria dell’Accademia di Firenze e la Galleria Borghese di Roma).

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Il Cristo velato, capolavoro datato 1753 dello scultore Giuseppe Sanmartino (Napoli 1920 – 1793). La fama di alchimista che ha accompagnato il committente Raimondo di Sangro ha fatto nascere la leggenda che l’incredibile trasparenza del velo sia dovuta al fatto che si tratterebbe in realtà di una vera stoffa, trasformata in marmo con un processo chimico inventato dal principe. In realtà un’attenta analisi non lascia dubbi sul fatto che l’opera sia stata realizzata interamente in marmo, particolare anche confermato da lettere dell’epoca a firma del principe di Sangro: “Il sudario è stato realizzato dallo stesso blocco della statua”.

La misteriosa origine del Cristo velato

Leggo che molte sono le ipotesi sulle origini di questa cappella, dal voto di un condannato che mentre veniva tradotto in carcere, ebbe l’apparizione di un dipinto di Santa Maria della Pietà, alla devozione di Giovan Francesco di Sangro, principe di Sansevero, che grato per essere guarito da una malattia fece erigere sullo stesso luogo una chiesetta intitolata a Santa Maria della Pietà, detta Pietatella. Uno studio recente la fa risalire al dono riparatore per un fatto delittuoso che colpì la famiglia dei principi di Sansevero. Quale che sia l’origine, l’inizio della costruzione è attestato nel 1593, come risulta da alcune polizze in possesso del Banco di Napoli.

I successivi ampliamenti testimoniano la volontà della famiglia di Sangro di farne un mausoleo per conservare le spoglie dei propri membri e celebrarne le gesta. La prima chiesetta, la Pietatella, fu ampliata, nella prima decade del Seicento, da Alessandro di Sansevero, che la dedicò alla Beata Vergine e la abbellì per renderla degna di accogliere tutte le spoglie dei di Sangro, come testimonia una lapide nella cappella.

Chi rese questo luogo uno scrigno di arte conosciuto in tutto il mondo fu però un altro principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, una personalità molto complessa ed eclettica che dedicò tutta la sua vita alla promozione dell’arte e all’esaltazione della bellezza in tutte le sue forme. A partire dagli anni 40 del Settecento cambiò l’assetto della cappella, dedicandosi a un progetto iconografico molto ambizioso e ingaggiando i più celebri artisti dell’epoca.

Si racconta che il principe Raimondo fosse un committente molto generoso, ma anche molto esigente. Pretendeva che gli artisti si attenessero al suo progetto iconografico e spesso si dedicò personalmente alla composizione di materiali che servirono nell’ampliamento della cappella. Sembra che anche il disegno labirintico del pavimento settecentesco sia opera sua, simbolo di un percorso di perfezionamento interiore in cui l’illuminato principe, Gran Maestro della Massoneria, era impegnato.

Ciò che ha reso straordinaria l’opera di Raimondo di Sangro in questa cappella museo è senza dubbio il progetto iconografico che si traduce in dieci statue rappresentanti le Virtù, di cui nove dedicate alle consorti di altrettanti membri della famiglia e una, Il Disinganno, dedicata al padre del principe Raimondo, Antonio di Sangro.

La Cappella Sansevero per “Museums of the world” di Ikono TV.

Sudario impalpabile

Ma la magia di questo luogo, quell’atmosfera magnetica che cattura il visitatore, emana dall’opera più pregevole dell’impianto statuario che si trova al centro della cappella: il Cristo velato. È difficile descrivere l’emozione che si prova davanti a questa scultura che non esito a definire la più pura espressione della bellezza. Ho visto visitatori estasiati davanti a quel corpo di Cristo morto e coperto da un velo scolpito da uno stesso blocco di marmo. È inspiegabile come un velo marmoreo possa rivelare le membra che vorrebbe nascondere: ogni muscolo, vena, ferita è quasi esaltata da quel sudario impalpabile, se questo aggettivo riferito al marmo non sembra un ossimoro. La sofferenza del Cristo, ormai composta nella condizione della morte, si può quasi condividere, tanto è rivelata dal velo, anzi sublimata. Noto che i visitatori sostano in un silenzio religioso, ogni parola risulterebbe superflua.

Tutto il corredo di statue della cappella museo, in verità, merita di essere osservato minuziosamente, così come gli affreschi, i monumenti funebri e l’altare maggiore, ma ho avuto l’impressione che la luce emanata dal Cristo velato oscurasse tutto il resto. Penso che la scelta migliore sia visitare il museo in due tempi, uno per il Cristo velato e uno per tutte le altre opere.

Il Cristo velato: l’ammirazione di Canova

Trovo intriganti anche le curiosità sorte intorno alla commissione di questa opera scultorea: sembra che fosse stata affidata dal Principe Raimondo di Sangro ad Antonio Corradini, già autore di altre statue della cappella, il quale essendo molto anziano, fece in tempo a lasciare solo un bozzetto in terracotta del Cristo velato la cui esecuzione fu affidata a Giuseppe Sanmartino, che ne cambiò completamente il progetto. Un’opportunità casuale che rivelò un talento geniale, già riconosciuto all’epoca da illustri visitatori che si recarono a Napoli ad ammirare l’opera.
La notizia più curiosa è senza dubbio quella che riguarda Antonio Canova che manifestò di voler rinunciare a dieci anni della sua vita pur di essere l’autore del Cristo velato, mentre il poeta siriano Adonis ha ritenuto il Cristo velato più bello delle statue di Michelangelo. Ai giorni nostri, Riccardo Muti ha scelto l’immagine del Cristo velato per la copertina del Requiem di Mozart da lui diretto.

Post scriptum. Una curiosità che mi riguarda. Mentre scrivevo questo testo, il 13 novembre, con dentro gli occhi ancora l’incanto di tanta bellezza, mi arrivavano alle orecchie i primi suoni sinistri dell’orrore parigino. Il primo gesto istintivo è stato quello di coprirmele, come per impedire alla strategia della paura di contaminare la vittoria della bellezza.
Se “la bellezza salverà il mondo”, com’erano convinti in primis Dostoevskij, Giovanni Paolo II e Tonino Guerra, riempiamoci gli occhi di tutte le straordinarie opere d’arte che rendono il nostro patrimonio artistico famoso in tutto il mondo e usiamolo come antidoto alla cultura della distruzione che da altri mondi si vede dilagare.

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Maria Giovanna Regano (Trinitapoli, nel Tavoliere pugliese, 1956), maturità classica, esperienze varie come correttrice di bozze e autrice di testi per giornali locali. Si dedica alle sue passioni (lettura e scrittura) nel scarso tempo libero che le lascia la famiglia (un marito, tre figli e quattro nipoti).


 

Il Cristo velato: dove si trova

Contatti.

Orari:

  • Giorni feriali: 09.30-18.30
  • Domenica e giorni festivi: 09.30-14.00
  • Ultimo ingresso consentito fino a 20 min. prima della chiusura
  • Chiuso il martedì

Servizio guide

Il Museo Cappella Sansevero non fornisce un servizio guide. Tuttavia, qualora foste interessati a visite guidate per gruppi in varie lingue, segnaliamo questi contatti:

Per visite guidate a gruppi scolastici, si consiglia:

A PROPOSITO / SUL COMODINO DI… SALVATORE GIANNELLA

“I musei siano aperti a tutti”. Firmato: Papa Francesco

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Papa Francesco sorride. Jorge Mario Bergoglio (Buenos Aires, 17 dicembre 1936) è dal 13 marzo 2013 il 266º papa della Chiesa cattolica. Di nazionalità argentina, gesuita, è il primo pontefice di questo ordine religioso, nonché il primo proveniente dal continente americano. È nato in una famiglia di origini piemontesi (il bisnonno Francesco è nativo di Montechiaro d’Asti mentre il nonno Giovanni Angelo era nato in località Bricco Marmorito di Portacomaro Stazione, frazione di Asti: attualmente vi vivono ancora alcuni parenti).

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Papa Francesco, “La mia idea dell’arte” (Musei Vaticani con Mondadori, euro 16)

Nel giorno del 79mo compleanno di Papa Francesco, tornando dalla Romagna, mi fermo per un caffè all’Autogrill presso Faenza e, con sorpresa, nell’angolo (sempre più raro in autostrada) dei giornali e libri, il mio sguardo si posa su una copertina candida: “La mia idea dell’arte”, autore papa Francesco (Musei Vaticani con Mondadori, euro 16).

Sì, l’autore è proprio lui, l’ex arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio diventato papa con quel nome, Francesco, che profeticamente avevo evocato in un libro edito dalla mia piccola bottega editoriale (“Habemus papam, Francesco”, di don Paolo Farinella, Ed. Delfi, anno 2000: più particolari al link).

In 104 pagine il primo pontefice venuto dal Sud del mondo espone, con la sua consueta chiarezza, alla giornalista Tiziana Lupi, da lui stesso chiamata, le sue idee:

  1. sull’arte:

    testimone credibile della bellezza del creato e anche strumento di evangelizzazione. Guardiamo la Cappella Sistina: cosa ha fatto Michelangelo? Un lavoro di evangelizzazione (pag. 9)
  2. sui musei:

    devono accogliere le nuove forme d’arte. Devono spalancare le porte alle persone di tutto il mondo. Essere uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni, uno strumento di pace. Essere vivi! Non polverose raccolte del passato solo per gli ‘eletti’ e i ‘sapienti’, ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini d’oggi, a cominciare dai più umili (pag. 10)
  3. sugli artisti:

    L’artista ha in sé una dimensione salvifica e deve aprirsi a tutto e a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza… Questo è il ruolo degli artisti: contrastare la cultura dello scarto. Questa società ha preso l’abitudine, dopo l’usa e getta delle cose, di usare e scartare anche le persone, così come butta via le loro illusioni e i loro sogni. Tutto quello che non è utile si getta, anche gli esseri umani, quelli più fragili, quelli più deboli. La persona umana non è più un valore da rispettare. E gli scartati piangono. E chi non è ancora scartato da questo sistema economico, che mette al centro il denaro e il profitto e non l’uomo e la donna, che deve per forza produrre, cerca di non farsi scartare. Questa cultura dello scarto, dell’esclusione, che è un modello falso di società, rischia di contagiare tutti, di rendere schiavi i nostri cuori e di prevaricare i diritti e la dignità degli scartati, che vengono buttati via come rifiuti… La cultura dello scarto toglie il bene e la bellezza e lascia solo la sporcizia (pag. 10-13)

Per dare concretezza alle sue idee sull’arte, papa Francesco indica alcune opere, una sorta di galleria ideale che va dal Torso del Belvedere, la scultura dell’ateniese Apollonio entrata a far parte delle collezioni pontificie tra il 1530 e il 1536, all’Obelisco di San Pietro, dalla volta della Sala di Costantino di Raffaello alla Deposizione di Caravaggio, dalla Cappella Sistina alla Renault 4 dello stesso pontefice.

È un libro eccezionale, è facile profetizzare che Bergoglio scalerà ancora una volta la top ten dei volumi più venduti. (s.g).

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