IL “MAGO” CALABRESE DELLA CHIRURGIA ROBOTICA LASCIA GLI USA, DOVE GUADAGNAVA IL DOPPIO, PER L’ITALIA: “CREDO NELLA SANITA’ PUBBLICA”


Testo di Salvatore Giannella

Nella mia lettura quotidiana di giornali, riviste e siti, la mia attenzione è attratta dalle storie di persone che fanno scelte difficili e che in genere passano inosservate. Una di queste, nelle ore in cui molti italiani scendono in piazza per dare un futuro alla sanità pubblica sofferente per meno soldi e meno medici, è un dottore calabrese, Antonio Gangemi (Catanzaro, 1972) che ha deciso di mettere le sue competenze di chirurgo robotico al servizio della sanità pubblica italiana. Lui lavorava a Chicago e guadagnava oltre il doppio rispetto a quanto è venuto a prendere in Italia, al Policlinico Sant’Orsola di Bologna dove opera con le nuove braccia robotiche in interventi nell’ambito della chirurgia del tratto alimentare, come l’ernia iattale, per interventi sullo stomaco, sulla colecisti e in chirurgia bariatrica.

A Bologna il dottor Gangemi (una laurea all’università “Magna Graecia” di Catanzaro, una specializzazione a Padova, un periodo da ufficiale medico delle forze Nato, poi partenza per gli Stati Uniti, in direzione Università dell’Illinois, Chicago dove in 18 anni è diventato uno dei massimi esperti in chirurgia robotica) ha portato il robot Hugo, in dotazione in soli cinque centri nella nostra penisola, con un investimento di 4 milioni di euro. Oggi coordina la piattaforma delle tecniche chirurgiche e interventistiche innovative all’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna e docente di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna. “Qui”, sottolinea il medico, “c’è totale sinergia tra la dirigenza del Policlinico e l’Università di Bologna, una leadership illuminata: per me è un privilegio e un onore poter collaborare con colleghi di altissimo profilo professionale”

E ancora: “Mi auguro che il mio sia il primo rientro di molti altri, che si riesca a riportare queste risorse nel nostro Paese perché ne abbiamo bisogno. Però bisogna incentivarli, questi cervelli che sono andati all’estero. Il trattamento economico che viene riservato, per esempio, negli Stati Uniti è ben diverso da quello che si trova in Italia”.

“Negli Stati Uniti la salute non è un diritto”. E allora, che cosa lo ha spinto a varcare l’Atlantico per tornare nella nativa Italia? Una visione della sanità: “In America non esiste il diritto alla salute, il trattamento medico è considerato un privilegio, non un diritto. Inaccettabile per chi, come me, è nato in Italia. Non credo che molti italiani sappiano bene in cosa consiste davvero questa differenza. Negli Stati Uniti la causa principale di bancarotta per l’americano medio è la spesa medica. Noi italiani dovremmo riflettere su questo. Io credo moltissimo nel potenziale dei nostri giovani medici. E poi l’assistenza sanitaria in Italia è tra le più amichevoli nei confronti del cittadino: va protetta e rinforzata”. 

 

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