L’enciclopedia online non corrisponderà i diritti al fotografo: “È stata la scimmia a scattare”

Tra le tante disavventure giudiziarie che la benemerita Wikipedia subisce ogni anno ora c’è anche questa. Nel 2011 il fotografo e naturalista David Slater si trova in Indonesia, nella foresta, per effettuare un servizio sui macachi. Uno di questi ruba a Slater una fotocamera e scatta un sacco di foto, molte sfocate e insignificanti, ovviamente, ma anche un bel selfie: un autoritratto di un macaco sorridente.

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Il selfie scattato dal macaco autore del furto della macchina fotografica ai danni del fotografo David Slater.

Una volta recuperata la fotocamera, la foto finisce anche su Wikipedia, che utilizza la foto ma senza corrispondere nulla a Slater per i diritti d’autore.
Secondo Wikipedia infatti la foto non è un’opera frutto del lavoro di una persona, essendo scattata da una scimmia.

Gli animali non hanno diritto al copyright ma ne hanno altri, fra cui quello di essere rispettati, non violentati e non uccisi in modo troppo doloroso (diritti codificati a livello internazionale), protetti se in via di estinzione dalla caccia e dall’esportazione selvaggia. Ma non hanno una tutela per i diritti d’autore.

Slater non la pensa così: ha citato in giudizio Wikipedia sostenendo di aver ricevuto un grosso danno economico e che comunque lui ha il merito di aver organizzato il servizio.

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Fonte: notiziario ZEUS News. Zeus News è una newsletter fondata nel 1999 e diretta con passione da Dario “Zeus” Meoli. Il notiziario dedicato a quanto avviene nel mondo di Internet, dell’informatica, delle nuove tecnologie e della telefonia fissa e mobile: non è un semplice amplificatore di comunicati stampa ma riserva ampio spazio ai commenti e alle riflessioni, proponendosi quale punto di osservazione libero e indipendente.

Il selfie del macaco. Da San Francisco arriva la decisione: niente copyright per la creativa scimmia

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Il fotografo naturalista David J Slater al lavoro nel South Luanga National Park, Zambia. Un giudice di San Francisco gli ha dato ragione.

È arrivata la sentenza del tribunale di San Francisco in merito al copyright della fotografia: la scimmia non è titolare di alcun diritto, spiegano i giudici americani, poiché non è riconosciuta dall’ordinamento come un soggetto giuridico. I diritti relativi spettano quindi al fotografo britannico David Slater, la cui attrezzatura è stata utilizzata dall’animale per il singolare autoscatto.

La notizia risale al 2011: durante un viaggio in Indonesia, Slater ha avuto un incontro ravvicinato con un macaco. L’animale, incuriosito dall’attrezzatura fotografica del professionista, si è scattato un selfie interagendo con una fotocamera, premendo inavvertitamente il pulsante dell’otturatore. A seguito della prima pubblicazione dell’immagine, è subito montata online una discussione: in molti hanno ritenuto il fotografo non potesse avanzare diritti intellettuali e di sfruttamento economico, poiché proprietario della strumentazione ma non dello scatto. Sulla base di questo assunto, l’immagine ha cominciato a circolare velocemente in ogni angolo della Rete, tanto che Wikipedia ha deciso di aggiungerla al proprio catalogo di fotografie prive di copyright.

Selfie scattato dal macaco

Il selfie scattato dal macaco autore del furto della macchina fotografica ai danni del fotografo David Slater.

Qualche tempo più tardi, l’associazione PETA (People for the Ethical Treatment of Animals), organizzazione no-profit che si occupa dei diritti degli animali, ha voluto interpellare le corti statunitensi, nel tentativo di certificare gli effettivi diritti detenuti dal macaco. Il giudice William Orrick, del distretto federale di San Francisco, ha però confermato come la scimmia non può essere titolare della paternità dello scatto, poiché non può essere considerata un soggetto giuridico. I diritti relativi al selfie, di conseguenza, restano di David Slater in quanto: “Un macaco non è un soggetto giuridico e, pertanto, non può percepire i diritti di un’immagine”.

In un comunicato, PETA ha voluto comunque celebrare il risultato raggiunto, poiché uno dei primissimi casi in cui in una corte statunitense si parla di diritti degli animali in termini di possibili soggetti dotati di personalità giuridica: “Anche se siamo delusi, festeggiamo il fatto che questo è un caso storico. Per la prima volta stiamo sostenendo che un animale può avere una proprietà sua, piuttosto che essere semplicemente un pezzo di proprietà esso stesso”.

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* Fonte: greenstyle.it, magazine online dedicato alla green economy e alle tematiche ambientali nel segno delle tre R: ridurre, riusare, riciclare.

A PROPOSITO… DI CREATIVITÀ E ILLEGALITÀ

Da Milano 70 pagine contro il virus contraffazione

A proposito di creatività e illegalità, da Milano (città della moda e del design) viene proposto a tanti giovani in Italia un libro educativo, “Virus contraffazione”, curato da Daniela Mainini*, avvocato milanese, presidente del Centro Studi Grande Milano, che si occupa da sempre di lotta alla contraffazione. Dal libro (che vuole essere un invito ad aderire ai valori etici, di trasparenza e autenticità), riportiamo l’introduzione curata dalla Mainini.

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La copertina di “Virus Contraffazione“, libro educativo frutto di un progetto formativo del Centro Studi Anticontraffazione. Introdotto dai sindaci di Milano e Torino, Giuliano Pisapia e Piero Fassino (anche presidente di ANCI), il volume si occupa delle contraffazioni in: Meccanica, Moda; Agroalimentare; Giocattoli; Farmaci; Tabacco; Design; Audiovisivi; Elettronica; Opere d’arte; Cosmetici; Numismatica; Contraffazione via Internet. (Info: presidenza@centrostudigrandemilano.org).

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Daniela Mainini, al centro, con l’illustratore Federico Monzani e Claudia Broggi, la bocconiana che ha tradotto in inglese i testi di “Virus Contraffazione“.

Vi siete mai chiesti perché milioni di persone, e in particolare moltissimi giovani, acquistano merci contraffatte?

I motivi dell’acquisto sono davvero tanti: il prezzo, primo fra tutti, l’aiuto ai più deboli, il divertimento nella trattativa, la voglia di possedere un oggetto che non si riesce a possedere autentico e, ancora, il desiderio di appartenere a una certa categoria di persone e di ostentare un segno di adesione, di vantare uno status symbol che qualifichi di essere “persone di un certo tipo”.

Quello che non si sa abbastanza è che i prodotti contraffatti sono fabbricati con il lavoro di bambini, donne e uomini sfruttati dalla criminalità organizzata e che riguardano tutti i settori merceologici.

Forse la vera domanda da fare è la seguente: “Quando indossi ed esibisci una contraffazione chi sei? Perché rinunci alla tua personalità autentica per omologarti?”.

Questo libro è dedicato a tutti coloro che vogliono riappropriarsi della loro creatività e della loro autenticità perché si sappia che indossare un prodotto contraffatto significa contribuire con un proprio gesto ad alimentare il mondo del sommerso. La criminalità vuole l’acquisto di prodotti fasulli, organizza produzione e commercializzazione e sa offrire merci sporcate dal lavoro minorile e dalla sistematica violazione delle norme a tutela del lavoro.

Mi sono imbattuta in un ragazzo creativo e autentico, Federico Monzani, uno col sorriso pulito e la vita a colori, e ho pensato di dedicarvi questo testo perché essere autentici significa prima di tutto saper proporre la propria unicità.

Raccontare creativamente la contraffazione mi pare in fondo un dovere sociale, per non lasciare nulla di incompiuto e perché il messaggio arrivi con immediatezza ai consumatori dell’oggi e agli adulti consapevoli del domani.

E tu che leggi, per favore, dì a tutti gli altri di smettere di acquistare prodotti falsi. Così avrai tempo di trovare la tua personalità unica e originale.

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* Daniela Mainini è avvocato, specialista in diritto penale industriale con particolare attenzione alla lotta alla contraffazione e alla tutela del Made in Italy. È presidente del Centro Studi Grande Milano, associazione nata nel 1998 con lo scopo di promuovere e divulgare l’idea e i valori di una Milano più grande, autorevole e confrontabile con le diverse realtà metropolitane internazionali. Già presidente del Consiglio Nazionale Anticontraffazione, è consulente presso la Commissione Parlamentare di Inchiesta Lotta alla Contraffazione del Sistema Italia. Lavora a fianco di molti imprenditori intenti a esportare il valore del Made in Italy. Dalla sua esperienza sono nati i libri Fatto in Italia? No made in Italy (Ipsoa), guida rapida a disposizione degli imprenditori nel complicato mondo dell’indicazione di origine italiana e “Virus Contraffazione”.