“IL MIO EROE? DE GASPERI”, MI CONFESSO' LA REGISTA LILIANA CAVANI.
“MA QUELLO STATISTA ERA POCO AMATO DAI SUOI”

Testo di Salvatore Giannella - Ritratti digitali di Giacomo Giannella/Streamcolors


La regista emiliana Liliana Cavani festeggia i suoi primi 90 anni ricevendo il Leone d’oro alla carriera nel corso della 80° Mostra del cinema a Venezia (30 agosto – 9 settembre 2023). E a me torna alla mente la sorprendente (e ancora attuale) intervista che mi concesse per Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera, edizione dell’11 marzo 2016. La ripropongo nei suoi brani centrali.

Liliana Cavani (Carpi, Modena, 1933), una laurea in Lettere antiche a Bologna. Avrebbe voluto fare l’archeologa. Ha girato 21 film, 5 serie tv e 5 cortometraggi. Il film più noto della regista emiliana è sicuramente Il portiere di notte (1974) con Dirk Bogarde e Charlotte Rampling. Celebri anche L’ospite (1971) con Lucia Bosè e Glauco Mauri; La pelle (1981) con Marcello Mastroianni e Dove siete? Io sono qui (1993) con Gaetano Carotenuto e Chiara Caselli . Per tre volte la Cavani si è cimentata con San Francesco: nel 1966 con il film tv Francesco d’Assisi; nel 1989 e nel 2014 con i due Francesco per il cinema. (credit: Mymovies.it)

Signora Cavani, la sua biografia parla del suo amore per i personaggi della storia, un amore che diventa riflessione sulla rimozione, sull’intolleranza, sulle censure. Galileo, Einstein, Nietzsche, San Francesco…

«Ci metta anche Il portiere di notte dove il censore mi contestò non l’obbrobrio del nazismo, il male assoluto che è dentro di noi, il nostro inconfessabile doppio, ma la scena in cui Charlotte Rampling fa l’amore stando sopra l’uomo. ‘Qualche volta capita’, gli obiettai. Ma non riuscii a convincerlo e appioppò il divieto di visione ai minori di 18 anni. Effettivamente ho incontrato sulla mia strada di regista autorità politiche, ecclesiastiche e culturali che, facendosi portatori di un mandato a educare il popolo, esercitavano un potere di veto o di tagli che era proporzionato ai loro piccoli orizzonti rispetto a un pubblico più emancipato».

 

L’ultimo dei suoi personaggi “frenati” è stato il De Gasperi televisivo. 

«Quello è il personaggio che per me fu una scoperta e che vorrei indicare agli italiani da riscoprire. Uno statista dalla grande visione politica e sociale. Padre della Repubblica italiana, di cui fu il primo capo di governo, e uno dei padri dell’Unione europea. Conoscenza delle lingue e cultura internazionale. Pulito dentro, senza buchi neri alle spalle. Grande capacità diplomatica. Nel tremendo dopoguerra, che vedeva  l’Italia in macerie concrete e culturali dopo il ventennio fascista, è stato un uomo chiave, capace di ragionare anche insieme agli oppositori e insieme a loro affrontare lotte importanti che riguardavano tutti gli italiani. In quel momento c’era proprio bisogno di un uomo così. E di uomini con quella cultura sento un particolare bisogno anche in questo nostro momento storico».

Lo statista trentino Alcide De Gasperi (Pieve Tesino, 1881- Borgo Valsugana, 1954). Fondatore della Democrazia cristiana, è stato presidente del Consiglio di otto successivi governi di coalizione da dicembre 1945 ad agosto 1953. Dal 1982 la Fondazione De Gasperi conserva e promuove i valori di libertà, democrazia ed europeismo che caratterizzarono l'opera del dirigente politico. Contatti: via del Governo Vecchio 3, Roma. Tel. 06.6833592. Mail: info@fondazionedegasperi.org

Unire l’Italia all’Europa, lavorare anche con l’opposizione… Se possiamo agganciare l’azione di De Gasperi a una parola, mi pare che possa essere: connessione.

«Esatto. Lui era un uomo che costruiva ponti, ma questa sua specialità era evidentemente poco amata all’interno del suo partito, la Democrazia cristiana, e nel mondo cattolico. Pensi che è l’unico capo di governo italiano che, pur religiosissimo, non è stato ricevuto dal pontefice. Da Pio XII gli fu rimproverata la mancata benedizione a un’alleanza della Dc con la destra monarchica e fascista alle elezioni di Roma e la sua visione laica, da statista, dello Stato. Connessione, quindi e, aggiungerei, sobrietà. Per il mio film sulla sua vita ho avuto come collaboratrice la figlia, Francesca Romana. Lei faceva da segretaria particolare al padre. E lui la retribuiva non mettendola a carico delle casse dello Stato, ma destinandole parte dello stipendio che lui prendeva come capo del governo. Insomma, fare un film sulla sua vita è stato come fare un bagno in acque molto pulite».

 

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