Anche oggi esistono piccole storie di grandi eroismi. Avvengono in ogni angolo del mondo e, a volte, riescono ad attirare l’attenzione dei media. Come la storia del sergente maggiore giapponese Takayuki Izawa, che con il sacrificio della sua vita è riuscito a salvare quella dei sottoposti.

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Un’istantanea durante l’esercitazione.
(credit: JIJI PRESS / AFP).

Martedì 23 gennaio una unità dell’esercito giapponese si trova impegnata in una sessione di allenamento-sci sulle cime del monte/vulcano Kusatsu-Shirane nella prefettura di Gunma. All’improvviso la terra trema e il vulcano comincia a eruttare, sparando in aria proiettili di roccia ad alta velocità. Di fronte alla pioggia di pietre incandescenti, il sergente e i suoi uomini trovano rifugio in mezzo ad alcuni alberi. Ma la protezione di quelle poche foglie si rivela insufficiente e, allora, per proteggere uno dei suoi uomini, il sergente utilizza il suo corpo come scudo.

Una pietra, che avrebbe colpito il gruppo di soldati, finisce diritta sulla schiena del sergente, ferendolo a morte.

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Non fanno in tempo gli aiuti, allertati poco prima, ad arrivare per salvare il sergente Takayuki Izawa. C’è poco da fare: la ferita è profonda ed è arrivata al polmone. Viene lo stesso trasportato in ospedale, ma muore lungo il percorso.

È una storia molto giapponese, di eroismo semplice. Takayuki Izawa era stato nell’esercito per 20 anni, era andato in pensione da cinque anni per studiare chiropratica e poi, spinto dalla nostalgia, si era di nuovo fatto reclutare per fare da insegnante ai nuovi militare. Persona, dicono gli elogi funebri, molto motivata, appassionata e sempre sorridente. Tutto il Paese è rimasto colpito dal suo gesto, altruista e responsabile. Si stringe con dolore e orgoglio, che sono del resto i due massimi sentimenti nazionali.

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Fonte: Linkiesta. Quotidiano online di notizie e approfondimenti, Linkiesta è sul web dal 31 gennaio 2011. Il direttore, dal 30 novembre 2014, è Francesco Cancellato.