Pochi sanno che il premio Nobel per la pace, istituito dal testamento di Alfred Nobel del 1895 e assegnato per la prima volta nel 1901, a differenza degli altri premi Nobel viene assegnato ogni 10 dicembre in Norvegia, presso il municipio della capitale Oslo e non a Stoccolma, in Svezia. Il vincitore (quest’anno Abiy Ahmed Ali, primo Ministro dell’Etiopia premiato per i suoi sforzi nel perseguire la pace e per aver posto fine al conflitto armato con la vicina Eritrea) viene scelto dal Comitato per il Nobel norvegese, composto da 5 persone scelte dal Parlamento norvegese. È anche l’unico premio Nobel che può essere assegnato non solo a singole persone, ma anche a intere organizzazioni: nell’ultima riunione è stata presa in considerazione, tra le altre, la candidatura dell’ex sindaco Mimmo Lucano e della comunità di Riace, ingiustamente fermato nel suo intelligente esperimento di accoglienza di migranti attivi, impegno cui la Cassazione ha dato ragione).

La Norvegia è un paese poco conosciuto dalle nostre parti: pensate, è uno dei Paesi con le maggiori riserve di petrolio e, contemporaneamente, di gran lunga alla guida della rivoluzione dell’auto elettrica: nel 2017 lì sono state vendute 58.190 auto plug-in, cioè ricaricabili da presa esterna, comprese le ibride di questo genere: è il 36,7% di tutte le auto vendute in quell’anno). Così la Norvegia è vista dalla CIA, il famoso servizio di intelligence degli Stati Uniti.

Harald V re di Norvegia

Harald V (Skaugum, 1937) è il re di Norvegia dal 1991. È il primo re di Norvegia ad essere nato nel paese dai tempi di re Olav IV Haakonsson (1370 – 1387). Nel 1940, a seguito dell’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, la famiglia reale andò in esilio. Harald trascorse parte della sua infanzia in Svezia e negli Stati Uniti. Tornò in Norvegia nel 1945 e poi studiò presso l’Università di Oslo, l’Accademia militare di Norvegia e nell’Università di Oxford. Nel 1957, alla morte del nonno, re Haakon VII, Harald divenne principe ereditario. Appassionato sportivo, rappresentò il suo Paese nelle competizioni di vela alle Olimpiadi di Tokyo 1964, Città del Messico 1968 e Monaco di Baviera 1972 e più tardi divenne patrono della Federazione Internazionale della Vela. Nel 1968 sposò la borghese Sonja Haraldsen. La coppia ebbe due figli, Martha Louise e Haakon, l’erede al trono.

E anche il suo re, Harald V, merita di essere meglio conosciuto. Con piacere raccolgo dal cassetto della memoria le forti parole da lui pronunciate nel Palazzo reale il 1* settembre 2016. Un discorso difficile in un periodo storico dominato dalla paura e dall’incertezza.

La Norvegia è alte montagne e fiordi profondi. È spazi aperte e coste rocciose. È isole e arcipelaghi. È rigorose terre agricole e brughiere. Il mare lambisce le coste della Norvegia nel nord, ovest e sud. La Norvegia è il sole di mezzanotte e la notte polare. È inverni duri e inverni miti. È estati calde ed estati fredde. La Norvegia è un Paese lungo e scarsamente popolato. Ma prima di tutto la Norvegia è la sua gente.

I norvegesi vengono dal nord della Norvegia, dalla Norvegia centrale, dal sud della Norvegia e da tutte le altre parti della Norvegia. I norvegesi sono immigrati da Afghanistan, Pakistan e Polonia, dalla Svezia, Somalia e Siria. Anche i miei nonni centodieci anni fa vennero qui emigrando dalla Danimarca e dall’Inghilterra.

Non è sempre facile dire da dove veniamo, a quale nazionalità apparteniamo.

Casa è dove sta il nostro cuore, e questo spesso non si trova all’interno dei confini di uno Stato.

I norvegesi sono giovani e anziani, alti e bassi, fisicamente abili e persone su sedie a rotelle. Sempre più persone raggiungono cento anni d’età. I norvegesi sono ricchi, poveri e una via di mezzo.

Ai norvegesi piacciono il calcio e la pallamano, l’alpinismo e la vela – mentre altri preferiscono rimanere sul divano. Alcuni sono sicuri di sé, mentre altri fanno fatica a credere di essere all’altezza di se stessi.

I norvegesi lavorano nei negozi, negli ospedali, sulle piattaforme offshore. I norvegesi lavorano per tenerci al sicuro e protetti, per tenere il nostro Paese libero dall’inquinamento e per trovare nuove soluzioni per un futuro verde. I norvegesi coltivano la terra e pescano. I norvegesi fanno ricerca e insegnano.

I norvegesi sono giovani ed entusiasti, e persone anziane e sagge.

I norvegesi sono single, divorziati, famiglie con figli, e coppie sposate di lunga data. I norvegesi sono ragazze che amano ragazze, ragazzi che amano ragazzi, e ragazzi e ragazze che si amano l’un l’altro.

I norvegesi credono in Dio, in Allah, in tutto e in nulla.

Ai norvegesi piacciono i musicisti Grieg e Kygo, Helibillies e Kari Bremnes.

In altre parole, tu sei la Norvegia, noi siamo la Norvegia. Quando cantiamo ‘Ja, vi elsker dette landet’ (Sì, amiamo questo Paese, l’inno nazionale norvegese), dobbiamo ricordarci che l’inno parla di tutti noi. Perché noi siamo questo Paese. Quindi il nostro inno nazionale è anche una dichiarazione d’amore per il popolo norvegese.

La mia più grande speranza è che saremo in grado di prenderci cura l’uno dell’altro. Che noi continuiamo a costruire questo Paese basandolo sui valori della fiducia, della comunità e della generosità. Che noi siamo consapevoli di essere un solo popolo, nonostante ogni differenza tra noi. Che la Norvegia è una.

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Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).