Iniziare questo 2017 con un film di Michael Moore in dvd è indubbiamente cosa buona e giusta. Ed è il modo migliore, anche durante le feste, per usare il cervello con intelligenza, grazie ai soliti, magistrali spunti offerti dal re dei documentaristi, come capita in Where to Invade Next (“Qual è il prossimo paese da invadere”), bellissimo film della fine del 2015 che in Italia è stato programmato nel maggio del 2016 per soli tre giorni. Un vero peccato, perché Where to Invade Next ti avviluppa dal primo all’ultimo fotogramma descrivendo il mondo dei desideri, quello in cui tutti vorremmo e dovremmo vivere (a questo link, la consueta chiara presentazione di Paolo Mereghetti su Corriere TV).

where-to-invade-next-documentario-michael-moore

Michael Francis Moore (Flint, 23 aprile 1954) è un regista statunitense, vincitore dell’Oscar al miglior documentario con Bowling a Columbine (2003) e della Palma d’oro al Festival di Cannes con Fahrenheit 9/11 (2004). Attraverso i propri documentari e libri ha affrontato con spirito critico i problemi e le contraddizioni del sistema politico, economico e sociale degli Stati Uniti.

In breve. Pianeta scuola: la Finlandia, al primo posto nell’istruzione, lascia molto tempo libero ai propri studenti per conoscere e socializzare, ha abolito i compiti a casa e la molla che spinge i giovani allievi a studiare è la passione per i libri e non per lo scarno nozionismo. Al ministero dell’istruzione di Helsinki, infatti, sono convinti che si apprenda di più puntando sulla riflessione piuttosto che sullo studio a pappagallo. Cooperazione, condivisione e non competizione. Noi e non io: questi i cardini dell’insegnamento finlandese. E i loro risultati, in ambito scolastico e sociale, sono da anni sotto gli occhi del mondo.

In Slovenia l’università, affrontata con impegno come logica vorrebbe, è gratuita e non a pagamento come in molti altri Paesi.

In Norvegia la detenzione passa attraverso la riabilitazione e non attraverso la repressione, come nelle carceri statunitensi. In Germania i dipendenti di una nota fabbrica di matite lavorano 36 ore ma vengono pagati per 40 ore e vanno alle terme a spese dello Stato. Con tasse che vengono utilizzate per far vivere meglio e non per spennare i contribuenti.

Ancora: In Italia, fino a pochi anni prima del jobs act, le regole condivise trovavano d’accordo imprenditori e dipendenti. Si lavora meglio e si produce di più se si è più felici, se i lavoratori, a differenza del sistema americano, hanno molti giorni di ferie retribuite e la pausa pranzo dura anche due ore. Ovvio: tutte conquiste ottenute in anni e anni di lotta dure, nel fantastico ventennio 1960-80, quello delle rivendicazioni e dell’ascensore sociale. E Moore raccoglie anche la testimonianza di un ex premier donna islandese (Jóhanna Sigurdardottir, prima donna premier del paese: l’approfondimento su Giannella Channel, e quello su Mondo Libero), convinta che l’unica società capace di funzionare per davvero sia quella in cui sovrana è l’uguaglianza sociale, l’opportunità offerta a tutti di vivere in un mondo più giusto con opportunità date a chiunque, senza ostacoli di censo: “Non è comunismo, è solo una bella società”, aggiunge.

documentario-michael-moore

Michael Moore in una scena del documentario.

Ecco, una bella società. Fino all’avvento del liberismo, dell’americanizzazione del mondo, dell’avidità delle multinazionali alla ricerca esasperata e folle del massimo profitto, questo era possibile. Ora, invece, ci siamo infilati in un tunnel in cui non si vede ancora via d’uscita. E sono chiari a tutti i perché e le responsabilità di questa drammatica situazione. Forse allora è il caso di ritornare a quel tipo società, bella, armoniosa, a un welfare sano e a un benessere sociale diffuso, che a pensarci bene è l’unico vero motore dell’economia e della serenità umana. Sono del resto ormai 30 anni che ci hanno strozzati nel peggiore dei mondi possibili. Per intenderci: dalla Thatcher e da Reagan in poi, dai gringos della scuola economica di Chicago in avanti, niente è stato più bello sulla terra. Forse, insomma, è il caso di dire basta a questa logica perversa di un mondo che si scanna invece di darsi una mano a vivere meglio, in un mondo in cui gli stolidi cattivisti di tutte le latitudini, in maniera criminale, soffiano sul fuoco alimentando un incendio sempre più pericoloso, in cui le destre neonaziste godono.

Del resto l’obiettivo dei potenti della terra, dei soliti noti che hanno conquistato con violenza e arroganza il mondo, cioè dalle multinazionali a Wall Street, era esattamente quello: dividere, bloccare l’ascensore sociale, divaricare ancora di più la distribuzione del reddito, insediare governi autoritari, alimentare l’odio tra razze e religioni diverse. Perché, se ci pensate bene, anche l’ennesima strage di Istanbul di Capodanno, altro non è che un attacco progettato ad arte per creare terrore: non esiste nessuna guerra di religione, e sul sedicente stato islamico ci sarebbe molto da ridire e dubitare.

Tutto questo caos, per niente a caso, arriva proprio ora, nel momento di maggiore crisi di un establishment cinico, arrogante e da sempre incapace di pensare al bene della collettività. Si, è un potere in crisi e impaurito, preoccupato finanche della propria incolumità fisica. E forse il 2017 sarà l’anno della svolta, l’anno della presa di coscienza di tutti i popoli del mondo contro quell’1 per cento che per un trentennio ha sprangato la porta dei sogni di tutti gli altri. 2017: Il ritorno a una società più giusta. Se non è una certezza è una speranza. Anzi, molto più di una speranza. Uniti si può. E si deve.

bussola-punto-fine-articolo

* Fonte: il giornalista Lucio Giordano dirige Alganews, brillante quotidiano online di politica e oltre. Info su alganews.wordpress.com. Sull’Europa da emulare leggere anche “Voglia di cambiare”, sottotitolo: Seguiamo l’esempio degli altri Paesi europei, di Salvatore Giannella (Chiarelettere editore): link.