Addio all’amico Pio d’Emilia, coraggioso giornalista della tragedia nucleare di Fukushima
E’ tornato per sempre nell’amata Misurina l’inviato di Sky Tg24 che entrò per primo nell’area della centrale atomica sconvolta dal terremoto e dallo tsunami del 2011. Dal Giappone era venuto a Cervia nel 2017 per ritirare il prestigioso riconoscimento del premio CerviAmbiente che in passato era stato conferito a scienziati del calibro di Barry Commoner, Jacques Yves Cousteau e Konrad Lorenz. Una grande emozione anche per il sottoscritto che, da direttore del mensile scientifico Genius, lo scoprì nel lontano 1984
SCIENZE E AMBIENTE
testo di Giuseppe De Bellis, direttore di Sky TG24 e di
Salvatore Giannella*
E’ tornato per sempre nel silenzio della baita presso Misurina il coraggioso giornalista-scrittore Pio D’Emilia (1954-2023) che qui, nello scenario delle Dolomiti ampezzane, si rifugiava appena poteva per scrivere i suoi libri e riposarsi dagli stressanti impegni di corrispondente dall’Asia per SkyTg24, Avvenire e Messaggero. Ho perso un amico, il giornalismo perde un gigante. Qui di seguito il commosso ricordo di Giuseppe De Bellis, direttore di SkyTg24 e, a seguire, il mio personale.
“Era arrivato in Giappone per la prima volta quando studiava da avvocato, per approfondire procedura penale comparata. Pio è morto in uno dei due posti che amava di più: a Tokyo, quella che considerava casa sua, quella che aveva scelto un po’ per fiuto giornalistico e un po’ per provocazione culturale anni fa, quando l’estremo Oriente era una area poco battuta dalla stampa europea, figurarsi da quella italiana. Ci ha lasciati in un modo che non gli era usuale, in silenzio, lui che amava le parole e che le parole usava per vivere con la stessa intensità con cui raccontava le sue storie. Corrispondente dall’Asia per quasi 20 anni, ma anche grande inviato e cronista, curioso e coraggioso. Ogni volta che c’era una crisi internazionale, una area instabile, una protesta di piazza, un terremoto, un’altra catastrofe naturale, anche molto distante da Tokyo, arrivava la telefonata: “Se volete io ci sono, pronto a partire”. Quel grado di sana incoscienza che è anima di un certo modo di fare giornalismo era il tratto più visibile di Pio: non era soltanto professione, era un modo di stare al mondo, coinvolto e coinvolgente, appassionato, totalizzante.
Non aveva un carattere facile, non era raro che qualcuno di noi in redazione avesse uno scambio acceso di vedute con lui, perché era un tipo da grandi e piccole battaglie, con quel trasporto verso il lavoro abbiamo tutti imparato a capire che fosse il suo trasporto verso la vita. Era divertente, ironico, scanzonato e permaloso al tempo stesso, ma così vitale da minimizzare i problemi di salute che lo accompagnavano da un po’ e che non gli hanno mai impedito di continuare a fare ciò che amava di più: il giornalista. Non esisteva un Pio diverso dal giornalista: memorabile la sua inchiesta/racconto Mini size me, la svolta di Pio, il documentario con cui mostrò la sua strada verso una vita più sana documentando il rapporto tra l’alimentazione e la salute.
L’avventura di cui andava più fiero, però, è Fukushima, a nuclear story, il suo viaggio attraverso il Giappone colpito dal terremoto, dallo tsunami e dalla catastrofe nucleare del reattore di Fukushima […] A quella storia Pio ha dedicato molto lavoro e moltissima dedizione, fino all’ultimo suo approfondimento di qualche settimana fa, Giappone lost in transition, che documentava insieme a Flavio Maspes il Giappone alle prese con la difficile transizione energetica che proprio al disastro di Fukushima è collegata. Aveva vissuto sul campo le proteste dei giovani di Hong Kong e prima di queste la grande conquista cinese dell’Occidente attraverso la “Ferrovia della Seta”, il documentario che lo portò da Pechino a Duisburg, in Germania […].
Progettava altri viaggi, altre storie. Gli acciacchi fisici che lo accompagnavano li trattava sempre come fastidi con cui convivere, incidenti di percorso che un periodo di riposo (e di lavoro) nella sua amata casa in montagna, a Misurina, curava meglio dei medici […]. La sua perdita ci lascia senza parole, con una tristezza profonda, con il magone di non aver potuto dirgli per l’ultima volta una qualsiasi cosa, di non avergli lasciato l’ultima parola di una conversazione, come accadeva sempre. Ci mancherà, ci manca già». (g.d.b.)I
E qui ripropongo le parole con cui lo accolsi a Cervia per consegnargli, con il presidente del CerviAmbiente Attilio Rinaldi e l’allora sindaco Luca Coffari, al quale è poi succeduto Massimo Medri (s.g.).
All’emozione di ritrovarmi nel maestoso Magazzino del Sale di Cervia dove 25 anni fa avevo fatto arrivare, come direttore di Airone, tutti i sindaci dei borghi ideali d’Europa, si è aggiunto sabato 9 settembre il piacere di vedere premiato, con il prestigioso CerviAmbiente 2017, un coraggioso giornalista italiano che scoprii in Giappone nel lontano 1984.
Quell’anno, da vice direttore dell’Europeo, fui chiamato da Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo con Giovanni Valentini che vollero affidarmi il nuovo mensile scientifico del Gruppo Espresso, Genius. La sfida era intrigante: coniugare il migliore giornalismo con un uso esperto della narrazione fotografica per “vivere la civiltà elettronica, scoprire la nuova intelligenza”.
Di quella frontiere dell’informatica un Paese simbolo era il Giappone, terra ferita dalle bombe atomiche e senza risorse naturali, che era riuscito a diventare l’allora seconda potenza industriale del mondo grazie all’esplorazione silenziosa nella miniera dell’intelligenza.
Come avrei potuto raccontare quel mondo tanto lontano e chiuso? Una telefonata all’ambasciata italiana a Tokyo mi indicò una possibile strada. C’era nella capitale giapponese un giovane italiano, laureato in giurisprudenza, che mostrava di essere curioso del Giappone, della sua storia, delle sue storie. Quel giovane si chiamava Pio d’Emilia e avrete capito com’è andata. A un primo servizio sugli alberghi tecnologicamente avanzati sono seguiti reportage che hanno fatto conoscere il Giappone prima e poi gran parte dell’Oriente tutto, dal Sud Est asiatico al Tibet, dalla Birmania a Taiwan, fino alla crisi coreana.
Ma di quella lunga strada finora percorsa dal cronista d’Emilia, sono gli appena 250 chilometri che dividono Tokyo (dove risiede e oggi opera come inviato di Sky Tg24) da Fukushima, l’area del disastro nucleare del marzo 2011, ad aver mostrato il lato anche coraggioso dell’inviato in Estremo Oriente. Pio è stato il primo giornalista straniero a entrare nella cosiddetta “zona proibita”, l’area evacuata per il pericolo di contaminazioni radioattive, e il primo ad avvicinarsi alla centrale nucleare danneggiata e a raccontare, attraverso le sue cronache, la tragedia di una popolazione, gli errori compiuti dai tecnici, la sciatteria e l’arroganza della Tepco (l’azienda che aveva in gestione l’impianto), i dubbi connessi all’energia nucleare, sensibilizzando l’opinione pubblica mondiale.
Lo ha fatto con una serie di straordinari servizi televisivi da Fukushima (Pio è arrivato fino ai cancelli della centrale nucleare: quella che segue è un’eloquente testimonianza tratta da Sky Tg24)
Lo ha fatto con un libro (Tsunami nucleare, edizioni del Manifesto), dove si augura che il Giappone punti su una scelta netta e coraggiosa:
Lo ha fatto con il documentario Fukushima – A Nuclear Story, prodotto da Teatro Primo Studio con la regia di Matteo Gagliardi, che racconta il disastro all’impianto di Fukushima e l’impresa senza precedenti di metterlo in sicurezza, che richiederà ancora decenni di lavoro.
Certo, il pur freddo cronista si è emozionato nel ricevere dal presidente della Fondazione CerviAmbiente, Attilio Rinaldi, dal sindaco di Cervia Luca Coffari e dall’assessora all’Ambiente della Regione Emilia-Romagna Paola Gazzolo il riconoscimento che in passato è stato conferito a scienziati di fama mondiale come Barry Commoner, Jacques Yves Cousteau o Konrad Lorenz. Ma ha contribuito a rendere indimenticabile la mattinata in riviera, prima di ripartire alla volta della bollente Corea, l’abbraccio con l’amico venuto da Cesenatico Alberto Zaccheroni, che dal 2010 al 2014 ha guidato la nazionale di calcio del Giappone, e il paio di scarpe che il suo primo direttore che lo contattò per Genius nel 1984 ha voluto donargli accompagnandolo con le parole di Enzo Biagi:
Un riconoscimento è andato anche al professor Pierluigi Viaroli, ordinario di ecologia dell’Università di Parma, per i suoi studi decennali sulle acque del Po e sulla loro influenza sulla salute del mare Adriatico. Mentre il bravo fotoreporter Pierpaolo Mittica ha mostrato gli scatti più significativi di un suo racconto fotografico sull’umanità tornata a Chernobyl e sugli effetti di una tragedia nucleare di cui ancora oggi si avvertono i segni. Ma questa è un’altra storia che racconteremo nei prossimi giorni.
A proposito di grandi firme del giornalismo, leggi anche:
- Così Oriana Fallaci mi raccontò Oriana
- Il National Geographic fa 130 anni: il fascino discreto della geografia
- Oliviero Beha, il giornalista contro che aveva come eroe Gino Bartali
- 1979: i cinesi attaccano il Vietnam. Quella notte in taxi a Pechino, con la terza guerra mondiale alle porte, nel ricordo di Piero Ostellino
- Fabrizio Carbone: “così il Grande Nord ha conquistato me, cronista di Roma”
- Arrivò Andrea Barbato e la Rai fu un po’ BBC
- Un testo inedito di Lamberto Sechi, inventore di Panorama e maestro di grandi firme. Ci ricorda i pilastri di due mestieri in crisi: il giornalista e l’editore
(via mail)
Bonificare Fukushima, sette anni dopo
Nel sito del disastro nucleare del 2011 di Fukushima, in Giappone, sono iniziate le operazioni di recupero dei detriti radioattivi e di smantellamento dell’impianto, ma il processo sarà molto lungo e costoso. L’ente che gestisce la centrale ha infatti messo in preventivo 30-40 anni di lavori e più di 75 miliardi di dollari di costi, ma molti ritengono che entrambe le cifre siano fortemente sottostimate. Lo apprendo da un reportage di Tim Hornyak/Scientific American-Le Scienze.