CHIEDO LA PAROLA: QUEL SACRARIO DEI MARTIRI A REDIPUGLIA MERITA MAGGIORE RISPETTO DA PARTE DEGLI ITALIANI

testo di Bruno Dordolo* per Giannella Channel

A settembre scorso ho visitato il Sacrario militare di Redipuglia (in provincia di Gorizia, Friuli-Venezia), il più imponente in Italia, dove sono sepolti oltre 100 mila caduti della Grande Guerra:  ho provato un’angoscia fatta di sofferenza, Tristezza, pietà, stupore e desolazione, Inquietudine …e sì. anche rabbia. Sensazioni ed emozioni che si mescolavano fra loro nell’animo.

Sofferenza perché, salendo i 22 gradoni. ho pensato a tutte quelle 39.800 vite, giovanissime e non, stroncate dall’assurdità della guerra scaturita da rivalità per giochi di potere prevalentemente economici come ogni conflitto armato. La guerra nasce per portare morte. Una guerra mondiale, che è costata all’Italia 650 mila morti,  che nulla ha insegnato visto le successive (e viste le cronache dei nostri giorni).

Tristezza osservando tutte quelle migliaia di nomi e cognomi sovrastate dalla scritta a grandi caratteri della parola PRESENTE (foto in apertura) che rende ancora più drammatica l’ atmosfera del posto, cercando di immaginare i loro volti, pensando alle loro speranze, ai loro sogni spezzati in un attimo o finiti dopo indicibili  patimenti fisici e psichici. Pensando alle loro famiglie che non meno avranno sofferto.

Pietà arrivando al gradone più alto dove vi sono due grandi tombe comuni che accolgono parte delle oltre 60 mila salme di coloro che non sono stati identificati. Gli ignoti che hanno ricevuto anche un ultimo terribile schiaffo dalla guerra: morire senza nemmeno poi avere il nome sulla lapide. Il nome che almeno lascia il conforto ai propri cari di poterli ricordare e piangere ed esprimere in maniera quasi più “privata”, a ciascuno, il suo dolore.

Stupore e desolazione nel vedere, notare come un luogo così importante per la storia Italiana, per la storia mondiale lasci negli occhi e nel cuore di chi lo visita un’impressione di trascuratezza, di mancanza dell’attenzione (impressione condivisa anche da altri visitatori presenti nello stesso momento) che gli è dovuta per quel che rappresenta, per ciò che significa, come una mancanza di rispetto verso i poveri caduti, al loro sacrificio. Qualcosa che va contro le scritte sulle varie lapidi ai piedi del Sacrario che invece ne sottolineano tutta la solennità morale, come monito ai posteri.

Trascuratezza per mancanza di cartelli con indicazioni, un punto informativo dove si possa aver un opuscolo che facesse da guida nella visita. Illustrativo, per esempio, sulle trincee presenti nella parte bassa, sul museo e sulla cappella che si scoprono solo quando si arriva alla sommità, perché all’ingresso non c’è nessun cartello che ne indica l’ esistenza.. Perchè è vero che siamo ormai nell’era digitale e tali informazioni si trovano nel sito internet del Sacrario (https://sacrarioredipuglia.it), peraltro fatto molto bene, ma si sa non tutti, specialmente se non più giovani, sono abili nel destreggiarsi nell’uso della tecnologia, e poi leggere su uno smartphone magari sotto il sole e assai meno agevole che consultare un opuscolo cartaceo ben più pratico e semplice.

Mancanza di cura per l’erba infestante in diversi punti tra le lastre delle pavimentazione sui gradoni, e in altre parti: il giardino a prato naturale mal tenuto sotto i cipressi, e nella parte alta dopo il museo. I cannoni esposti lasciati arrugginire (sulle foto del sito internet hanno ancora la vernice verde), così come le due lapidi delle grandi tombe dei militari ignoti, che sul sito sono chiare, grigie, ora invece sono scure ossidate sembra con tracce di ruggine. L’assenza totale di un vaso di fiori (invece presenti nelle foto del sito), fiori  sia veri che artificiali, su tutto il Sacrario che è un cimitero. E, data la mancanza di personale, (solo due gli addetti alla manutenzione e sorveglianza), nessuno che controllava i comportamenti dei visitatori. Tanto che nel caso una persona si sentisse male e avesse bisogno d’aiuto deve sperare nel passaggio di un altro turista (pochi nei giorni infrasettimanali) altrimenti non si sa quando sarà soccorso, sempre che la video sorveglianza indicata funzioni. Anche se né io né altre persone hanno notato le videocamere, devono essere ben nascoste.

Inquietudine e rabbia perchè mentre visiti un posto simile pensi anche: se fossi nato alla fine dell’800 avrei potuto esserci anch’io fra questi poveri caduti, e loro se oggi potessero parlare cosa direbbero nel constatare tale situazione di trascuratezza? L’interpreterebbero anche loro come una mancanza di rispetto del loro sacrificio estremo? Sarebbero anche loro presi da angoscia e rabbia nel domandarsi il perché, al di là di quelle che sono le commemorazioni ufficiali annuali del 4 Novembre, sia così poco valorizzato?

Difficile credere che sia solo per una presunta mancanza di risorse economiche, basterebbe chiedere la volontarietà di un’ offerta  simbolica. Più facilmente, forse, manca la volontà morale di tenerne alta la considerazione nei fatti oltrechè nella retorica delle parole commemorative, per cui penso che quei morti non siano contenti, ma assai arrabbiati. Eppure basterebbe poco per cambiare in meglio, basterebbe impiegare personale sufficiente e controllare che le cose siano fatte a dovere e puntualmente, nel caso contrario, provvedere e sanzionare chi non adempie ai sui compiti. Sicuramente quei caduti riposerebbero più serenamente perché si sentirebbero valorizzati sempre e non un solo giorno all’anno.

Tutti questi pensieri nascono spontanei visitando il Sacrario specialmente se è capitato di visitare, per esempio, i cimiteri militari di Normandia in Francia, quelli dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Sia dei soldati americani che tedeschi, o altre nazionalità, che sono differenti nell’ allestimento, ma in tutti appena entrati si ha subito percezione della cura estrema del luogo, dell’altissima considerazione dell’immenso sacrificio di quei morti che hanno dato la vita per quello in cui credevano, indipendentemente che siano i vincitori o gli sconfitti.

Quello degli americani rasenta la spettacolarizzazione, vien da dire “all’ americana”, pulitissimo, ordinatissimo, in ogni cosa,  nelle indicazioni, nel verde, nelle zona delle sepoltura con migliaia di croci bianche, personale che sorveglia, il museo ricchissimo di informazioni, opuscoli ben esplicativi.

Quello dei tedeschi molto più austero, quasi spartano, vien da dire “alla tedesca”, ma anche questo ordinatissimo, pulitissimo, sorveglianza, anche qui molte informazioni che aiutano il visitatore, opuscoli che spiegano guidano alla visita, fiori.

E dopo la visita di questi cimiteri, pur nella drammatica tristezza di quel che rappresentano, al pari di quello di Redipuglia, esci sì con l’angoscia fatta di sofferenza tristezza, pietà, però con la sensazione che quei caduti sono degnamente considerati, rispettati, ricordati come meritano, giustamente, tutti i giorni, non solo quello della ricorrenza, e pensi che nonostante la tragedia della guerra riposano in serenità.

Riflessioni, considerazioni con il semplice augurio che prossimamente la visita reale al Sacrario corrisponda in tutto alla visita virtuale.

Il Sacrario dei caduti americani in Normandia.

Il Sacrario dei tedeschi in Normandia.

Bruno Dordolo (Pavia, 1959) per oltre 30 anni documentalista nella casa editrice Rizzoli – RCS Periodici al servizio di alcune fra le più grandi firme del giornalismo italiano. Amante della campagna e della natura tutta. Passione per la fotografia, la bicicletta unite a quella dei viaggi con la curiosità di scoprire meglio il mondo che ci circonda. Viaggiando in bici ha percorso con l’amico Angelo alcune volte l’ intero corso del fiume Po seguendone l’ argine da Torino al Delta. il primo più di 20 anni fa quando ancora non esistevano piste ciclabili e tutto era assai più avventuroso. Continua a coltivare le sue passioni dalla Bassa Pavese. Contatto : bruno.dordolo@libero.it

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