Caro Salvatore, mentre osservavo l’indegna scena di poliziotti che sotto l’usbergo sindacale manifestavano solidarietà per colleghi, giudicati con sentenza definitiva, sotto gli occhi della mamma di un ragazzo morto per “violenza di polizia”, ripensavo alla frase di Giovanni Falcone in un lontano incontro: “Le idee camminano sulle gambe degli uomini”. Ho ricordato le lotte degli anni ’60/’70 in cui “poliziotti carbonari”, venivano, inquisiti, puniti, arrestati, per conquistare diritti costituzionali, tra cui quello sindacale, professionali e sociali onde essere parte integrante della collettività per meglio tutelare la sicurezza di tutti, l’incolumità di ciascuno nel rispetto della persona, sempre e ovunque. La legge 121, infine, approvata il I° aprile 1981 introdusse valori democratici fondamentali avviando, come scrivono gli storici Donatella Della Porta e Herbert Reiter “l’unica riforma profonda del sistema di polizia dal dopoguerra a oggi…” (Polizia e protesta, Il Mulino, 2003).
Un processo involutivo. Quelle conquiste unitarie duramente pagate hanno però continuato il cammino sulle gambe di soggetti spesso più attenti a riferimenti di sigle partitiche e sindacali, compromessi, approssimazioni, ambizioni e parallele carriere, favorendo un processo involutivo in cui le violenze del G8 e di altri episodi di cronaca sono sintomi vergognosi. Ciò oltre che violare regole del convivere civile, offende i “tutori dell’ordine” che ogni istante fanno il proprio dovere con professionalità e coscienza democratica. Da “commissario scomodo”, pensionato anzitempo d’ufficio, assicuro che la Polizia italiana é tra le più professionali del mondo e ha in sé tutte le risorse democratiche per riprendere il percorso interrotto.
L’ultima esortazione di Manganelli. Riporto le parole che scrisse pubblicamente Antonio Manganelli, valoroso collega e uomo sensibile, passato attraverso gli onori e le contraddizioni dell’arcipelago polizia, sino all’ultimo con indiscutibile amore professionale, nell’incontro che organizzai per il trentennale della legge 121/81: “… quel ‘nuovo’ rapporto tra cittadino e tutore della legge si va delineando non può dirsi ancora pienamente realizzato. Oggi, a trent’anni dalla riforma, nel ribadire che si trattò di una legge di straordinaria lungimiranza, è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per continuare l’opera avviata trent’anni fa e portarla a termine…” Credo che sia il testamento spirituale di un buon Capo della Polizia con cui la madre di Federico Aldrovandi ha parlato. Nell’abbracciare Lei, nell’indelebile pensiero di Federico, vorrei sommessamente rivolgermi anche ai poliziotti invitandoli a un profonda riflessione che possa forse dare senso catartico al tormento di attimi che hanno distrutto la vita di altre persone e anche quella loro e dei loro cari, additandoli per quello che certo dentro non sono. Ciò per colpe educazionali di chi educazionalmente non è riuscito a fare sentire in loro i valori professionali e democratici essenziali.
La lezione di Anna Evangelista. La verità giudiziaria è forse scritta, quella spirituale non ancora. E’ una lezione appresa dalla signora Anna, che seppe parlare con gli assassini di suo marito, brigadiere di polizia Francesco Evangelista, aiutandoli a capire e rinascere a nuova vita. La compassione deve vincere ogni sentimento. Lo ha ripetuto Papa Francesco. E questo I° aprile, trentaduesimo anniversario dell’incompiuta legge 121/81, coincide con la Pasqua di resurrezione. Chi volesse spendere qualche istante, può visionare su Youtube il breve filmato di memoria, rimpianto e speranza (e divulgare).
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