Di Macerata, in questi giorni, si parla parecchio. Dopo il violento atto di intolleranza neofascista compiuto dallo sparatore Luca Traini sabato 3 febbraio 2018, si è formata l’immagine di una città violenta, rabbiosa, inospitale. A questa narrazione si oppone però il cuore pulsante di Macerata, fatto di cittadini e associazioni che si spendono per garantire ai migranti un’accoglienza degna. In tanti tra i maceratesi scelgono infatti di aprire le loro case a chi fugge dall’orrore, ospitando migranti e minori non accompagnati.
Dal 2016 il comune ha attivato il progetto Famiglie a Colori, ritenuto dal Centro Studi Cultura e Società di Torino tra i migliori progetti innovativi in ambito sociosanitario in Italia, che consente l’accoglienza in famiglia dei minori non accompagnati. In un solo anno, il progetto ha ricevuto quaranta adesioni, e al momento trenta ragazzi sono ospitati in 21 famiglie maceratesi, di cui 6 di origine italiana.
Marika di Prodi, assistente sociale e co-ideatrice del progetto, racconta: “Sta funzionando bene, Macerata è un terreno fertile. Abbiamo incontrato famiglie molto accoglienti, e anche le aziende hanno risposto bene. La parte più critica infatti non è tanto l’accoglienza, ma l’integrazione. Un nostro educatore segue l’inserimento lavorativo dei ragazzi che raggiungono la maggiore età, e le aziende si sono rese molto disponibili”. I ragazzi, fortemente traumatizzati dal viaggio, vengono inseriti in un percorso di sostegno linguistico e psicologico, e anche le famiglie vengono incoraggiate a intraprenderne uno. “Insieme ai ragazzi del servizio civile teniamo anche un corso di educazione civica. Sono tutte attività correlate all’accoglienza, per far sì che non sia sterile”.
Oltre alle attività promosse dal comune ci sono poi le tante associazioni che si occupano di accoglienza. Refugees Welcome è una Onlus nata dal basso, per il desiderio di un gruppo di ragazzi berlinesi di aprire le porte a chi scappa dalle persecuzioni. Oggi l’associazione permette ai privati, sostenendoli finanziariamente, di accogliere in famiglia un richiedente asilo. Sul suo sito internet ognuno può registrarsi come rifugiato, persona ospitante o volontario, e contribuire all’accoglienza attraverso la piattaforma.
Annalisa Ubertoni, responsabile del team territoriale di Refugees Welcome, dichiara: “Mai come ora c’è bisogno di unione e di coesione. Tutte le associazioni devono ritrovarsi insieme, trovare parole che ci uniscano. Trovare unità nella città, nel mondo dei giovani, in tutte le anime che rappresentano la parte buona di Macerata”. La città marchigiana è uno dei centri più attivi della rete di accoglienza in famiglia di Refugees Welcome, che qui è nata quando Annalisa ha chiesto di partecipare.
“Non c’era niente, e mi hanno chiesto ‘perché non costituisci tu qualcosa’? Ora siamo un gruppo di circa 13 persone, tutti volontari”. Negli ultimi giorni le richieste sono aumentate, tra il 5 e il 6 febbraio 2018 due nuovi partecipanti si sono infatti resi disponibili ad accogliere. “Pur nella tragedia, pare che questi fatti abbiano almeno risvegliato anche una coscienza critica, un desiderio di fare qualcosa”, spiega Annalisa. La paura però è tanta, specialmente tra i migranti. In città si rischia di respirare un clima pesante, peggiorato dal racconto mediatico.
“L’altro giorno Toure, il ragazzo che vive con noi, stava aspettando mio figlio fuori da una palestra, e di fianco a lui c’erano tre ragazzine. Quando lo hanno visto, mi ha detto, hanno letteralmente fatto un salto per lo spavento, e ha sentito una dire all’altra ‘andiamo via’. Lui me lo ha raccontato col sorriso, ma il fatto lo ha molto colpito. Per non parlare poi degli adulti che si fermano per strada a complimentarsi con l’avvocato di Traini”. Quando Toure ha invitato a casa un amico, anche lui rifugiato, che vive a Tolentino, si è sentito rispondere: “Io c’ero sabato mattina, e Luca Traini non mi ha visto per fortuna, ma io ho visto la macchina, potevo essere tra i feriti. Per un po’ non ci metto piede io a Macerata”.
C’è paura, disorientamento, in tanti si sono chiusi in casa. Annalisa racconta: “Una famiglia ha detto davanti a me al bimbo di 5 anni di non aprire più la porta e di fare attenzione, perché i bianchi sparano. Ora ci stiamo confrontando quotidianamente su questo tema: viviamo in una città in cui improvvisamente si è risvegliata un’anima intollerante, dove è stato sdoganato un pensiero terribile: condanniamo gli atti di questa persona, ma tutto sommato non ci sentiamo di condannarlo completamente, rappresenta la nostra paura e sofferenza, il nostro bisogno di legalità e sicurezza”.
Proprio per questo il 5 febbraio 2018 Refugees Welcome ha diffuso questo comunicato stampa, nel tentativo di proporre una narrazione alternativa e mostrare la Macerata che accoglie.
I tragici fatti di Macerata esortano le istituzioni, le organizzazioni impegnate nell’accoglienza e nei processi di inclusione, la società civile, ad assumere una responsabilità collettiva per offrire risposte a garanzia della coesione sociale e dello Stato di diritto. Coniugare sicurezza, legalità e integrazione non deve essere considerata una sfida impossibile. Accogliere e includere non è in antitesi con la più decisa condanna di ogni forma di violenza, da chiunque perpetrata a danno di altri, a prescindere dell’origine etnica di aggressori e di vittime. […] Le parole sono importanti: auspichiamo che da ora in poi, specie nel corso di questa campagna elettorale, le forze in campo agiscano in modo più responsabile, consapevoli dell’effetto che un lessico intriso di intolleranza, xenofobia e razzismo può provocare. Questo è un tema che ci sta molto a cuore: in due anni di attività, Refugees Welcome ha lavorato non solo per promuovere un nuovo modello di accoglienza […], ma anche un cambiamento culturale, teso a modificare la narrazione mainstream dei fenomeni migratori attraverso un racconto che restituisce individualità e umanità ai migranti e rifugiati. […] In questo momento, crediamo sia doveroso raccontare questa Macerata, spesso lontana dai riflettori, capace di aprire le porte della propria casa e donare parte del proprio tempo per costruire uno spazio di condivisione, incontro, crescita.
La Macerata di Lucia, infermiera, che da qualche settimana ha accolto nella sua casa Blessing, una ragazza nigeriana, titolare di protezione umanitaria, all’ottavo mese di gravidanza.
La Macerata di Annalisa, nostra responsabile del gruppo locale marchigiano, che ha deciso, assieme alla sua famiglia, di aprire le porte a Toure, 23 anni, rifugiato della Costa d’Avorio.
La Macerata di Elvira e Luigi, che da luglio, ospitano Mamadou, del Gambia.
La Macerata di Lucio, Anna e dei tre figli Filippo, Ludovico e Matilde, i primi ad accogliere a Macerata un rifugiato, Ebrima, gambiano.
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