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Paolo Goffredo

Sono nato a Milano e cresciuto in una piccola cittadina della sua periferia. Ho affrontato gli studi accademici presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove nel 2011 ho aderito a un progetto che mi ha permesso di passare due mesi all’Università di Yale, negli Stati Uniti. È proprio in questa circostanza che ho conosciuto il mio mentore, che mi ha trasmesso l’interesse per la chirurgia endocrina e la passione per la ricerca. Ho deciso di seguire questa strada poiché ho il desiderio e l’ambizione di essere parte attiva nel progresso della medicina in un campo così delicato come quello dell’oncologia.

Fino a qualche anno fa non avevo idea di quanto fossero potenti i database che contengono dati epidemiologici per capire il cancro e scoprirne gli aspetti più nascosti. Poi un’esperienza di studio a Yale mi ha aperto le porte agli archivi di dati statunitensi: immensi e, cosa ancor più importante, di facile accesso per chi fa ricerca.
Da medico ho imparato a maneggiare i dati e ora, alla Duke University di Durham (in North Carolina) grazie a una borsa AIRC, sto cercando di leggere nei numeri qualche nuova verità sui tumori endocrini.

Per esempio, per ragioni ancora ignote, negli ultimi 10 anni la diffusione del tumore della tiroide è stata caratterizzata da una crescita importante. Sicuramente una parte è merito della medicina, che ha migliorato la capacità di diagnosticare il tumore. Ma c’è anche qualcos’altro che oggi non si riesce a capire. È probabile, per esempio, che ci siano fattori ambientali che influiscono sull’insorgenza di questo tumore. Ed è a questa ipotesi che è dedicato uno degli studi in cui sono impegnato.

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Paolo Goffredo con una collega della Duke University di Durham (in North Carolina), Stati Uniti.

Grazie al database della Duke University identificheremo i pazienti con diagnosi di cancro della tiroide. A quel punto, come avveniva negli episodi della serie televisiva Dr. House – Medical Division, un team andrà a casa dei pazienti e misurerà le concentrazioni di alcuni composti: in particolare, è stato ipotizzato che alcuni componenti presenti nelle fibre tessili ignifughe potrebbero aumentare il rischio di sviluppare un tumore tiroideo. Ma l’ipotesi è ancora da dimostrare.
Ecco una prova dell’utilità dei numeri: senza archivi di dati mai si sarebbe potuto arrivare a identificare i pazienti da studiare. Archivi che diventano ancor più importanti quanto più sono ampi. Il database dell’American College of Surgeons, per esempio, contiene i dati di oltre il 70% dei tumori diagnosticati negli USA. Grazie a una casistica così ampia è possibile studiare anche le patologie più rare.

Esiste, per esempio, un raro tumore della tiroide che si sviluppa nell’ovaio (lo struma ovarico maligno). L’analisi dei dati ci ha consentito di giungere a due conclusioni. La prima è che chi si ammala di questo tumore spesso sviluppa anche un tumore della tiroide: sarebbe quindi opportuno che le pazienti affette da struma ovarico fossero sottoposte a un’ecografia per verificare lo stato di salute della tiroide. La seconda è che non sembrano esserci differenze significative nella sopravvivenza tra le persone che si sottopongono a interventi chirurgici più radicali e chi riceve invece un intervento più conservativo. Pertanto, se possibile, sarebbe opportuno evitare i primi e favorire i secondi.

Indicazioni cliniche di utilità immediata che arrivano semplicemente dalla lettura dei numeri. Altrettanto utile potrà rivelarsi un’analisi che stiamo conducendo sul più aggressivo dei tumori della tiroide , quello anaplastico, che ha percentuali di sopravvivenza bassissime: capire, attraverso i dati epidemiologici, se esistono fattori o tipologie di interventi terapeutici che aumentano le probabilità di sopravvivenza sarebbe una grande conquista.

I numeri, però, saranno quasi certamente una parentesi della mia vita. Presto spero di accedere a una scuola di specializzazione in chirurgia generale qui negli USA, dove è altissima l’attenzione verso le persone che stanno imparando.

Poi, mi auguro di tornare in Italia. Con in tasca la qualifica di chirurgo e la capacità di leggere i dati. E anche quella di arrampicare su pareti scoscese, lo sport che qui ha sostituito il calcetto nel mio tempo libero.

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Fonte: newsletter dell’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro. AIRC e FIRC costituiscono un sistema creato per sostenere la ricerca oncologica e la diffusione dell’informazione scientifica attraverso la raccolta di fondi. Per saperne di più e donazioni: airc.it/fondazione

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