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José Alberto Mujica Cordano (Montevideo, 1935), conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, capo dello Stato uruguyano dal 1º marzo 2010 al 1º marzo 2015. Dai 13 ai 17 anni il giovane Pepe si dedicò al ciclismo. Con un passato da guerrigliero ai tempi della dittatura, fu eletto deputato, senatore e, tra il 2005 e il 2008, fu ministro all’agricoltura e pesca. Fu leader del Movimento di Partecipazione Popolare, fino alle sue dimissioni avvenute il 24 maggio 2009. Il 30 novembre 2009 vinse le elezioni presidenziali. Mujica da presidente riceveva un appannaggio equivalente a 8.300 euro al mese, ma ne donava circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose. Per questo era stato soprannominato il “Presidente più povero del mondo”. “Ma il decimo dello stipendio mi era sufficiente, alla luce del fatto che molti miei connazionali devono vivere con meno”, aveva spiegato.

Josè Alberto Mujica Cordano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, ha lo sguardo mite e il sorriso sincero di chi pratica la semplicità che predica. E’ questo che mi ha colpito in lui, appena l’ho incontrato a Roma. Nel suo viaggio europeo, che si è regalato, con la compagna di una vita, Lucia Topolansky “alla scoperta delle origini”. Le origini sono in due paesini di campagna, uno in Spagna, vicino a Barcellona, quello del padre Demetrio, l’altro in Liguria, in montagna, quello della madre Lucia Cordano, partita verso il Sud America dal paesino di Favale di Malvaro in Val Fontanabuona (Genova) che dal 23 maggio scorso lo annovera tra i suoi cittadini onorari (curiosamente, da questo borgo ligure partì anche Amadeo Peter Giannini, fondatore della Banca d’America di San Francisco).

Ha voluto viaggiare in nave dalla Spagna all’Italia, Pepe Mujica, per rincorrere, forse, con un poco di nostalgia, i tempi che furono, quelli della madre e del padre. A Roma ha incontrato Papa Francesco, definito dai media “il Mujica del Vaticano” e poi il suo popolo, i tanti uruguayani che vivono in Italia e in generale i tanti latino americani che hanno scelto lo Stivale come loro seconda patria. Accanto a lui Cristina Guarnieri, direttrice editoriale della casa editrice Eir che ha curato, assieme al critico d’arte Massimo Sgroi, l’unico libro intervista con biografia autorizzata in italiano sull’ex presidente dell’Uruguay “La felicità al potere”. Con loro anche due star del giornalismo nostrano, Milena Gabanelli e Roberto Saviano.

“Se la vecchia Europa, che è culla dell’umanità”, afferma Mujica, “non pensa che l’immigrazione sia un ricchezza, allora sì, siamo persi. Siamo tutti immigrati. Io ho sangue immigrato nelle vene. Non dobbiamo avere paura di mischiarci. Anzi, uniamoci con gli altri. Coi giovani, coi neri, con gli altri. Purché siano persone che si impegnano. Diffidiamo dei giovani vecchi, diamo spazio ai giovani, a chi si impegna”.

E ancora “Io non so tutto sull’Europa e sull’Italia, ci sono molte cose che non conosco della vostra politica, ma una cosa la mia età me l’ha insegnata. Quello che sta succedendo nel Mediterraneo non è un problema dell’Africa, è un problema dell’umanità. E non può farsene carico l’Italia, deve farsene carico il mondo. Certo, non c’è un governo mondiale… pensate, chi vincerebbe le elezioni, ma noi dobbiamo pensare ai problemi del mondo in termini globali. Se non lo facciamo finiamo in mano alle multinazionali e allora sì, saranno problemi”.

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Pepe Mujica dal 2005 è sposato con Lucía Topolansky, la senatrice e leader storico del MPP (Movimento di Partecipazione Popolare).

La formula di Pepe Mujica è apparentemente semplice, si potrebbe chiamare una via etica, civica, alla gestione della cosa pubblica, che passa dall’empirismo del fare. “A volte guardandomi allo specchio”, dice, “rido dei tanti errori che ho commesso, ma senza quegli errori non sarei dove sono ora. Se è la maggioranza che sceglie chi deve governare, allora bisogna vivere come la maggioranza, con poco, bisogna avere un bagaglio leggero per affrontare la vita. La gente perdona gli errori, ciò che non perdona è se la fotti”.

Usa proprio questo termine Pepe Mujica, fra il delirio dei tanti che si sono svegliati all’alba per vederlo e il vociare dei giornalisti, che stanno registrando il tutto. “Le conquiste”, aggiunge, “sono sempre piccole e collettive. Non servono i grandi leader, non ci sono persone insostituibili, ma solo cause insostituibili”.
Milena Gabanelli prova a incalzare Mujica chiedendo in concreto come si possono cambiare le cose, Roberto Saviano interviene, ma è come se non lo facesse, si perde nell’autoreferenzialità delle questioni del basso ventre della politica italiana.

Cerimonia di consegna della Cittadinanza Onoraria di Favale di Malvaro (Genova) a Pepe Mujica.

Mujica, il Mandela del Latino America (condannato da un tribunale militare sotto il governo di Jorge Pacheco Areco, dopo il colpo di Stato militare del 1973, fu trasferito in un carcere militare dove rimase rinchiuso per quasi 12 anni, passati in completo isolamento in un braccio ricavato da pozzo sotterraneo), senza mai perdere la calma e con quel sorriso di uomo che la sa lunga, cita Cuba, parla di lavoro, di regole, “serve un orario di lavoro uguale per tutti, nel mondo”, racconta l’esperienza uruguayana dell’aver “portato in chiaro” l’uso di droga, “150 mila persone nel mio paese fanno uso di marijuana, dovevamo forse lasciarle nel sottobosco? Lasciarle in mano al narcotraffico? Se quello che abbiamo fatto è utile all’umanità, ecco, è un esempio, piccolo, copiabile”. Dice cose apparentemente semplici Mujica, come, la più bella di tutte: “Fate un partito con i giovani e ribellatevi a ciò che non vi piace, fatelo con l’onestà nelle mani e il sorriso sulle labbra, ma fatelo subito”.

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Letizia Magnani è nata a Cervia, in riva al mare. È giornalista professionista e ama l’Africa. Di ritorno dal Sudafrica, dove ha avuto la fortuna di vivere il lungo addio senza lacrime a quel gigante di umanità che è Nelson Mandela, ha deciso di lasciare in parte i suoi impegni come consulente di comunicazione (fra le altre cose è a capo dell’ufficio stampa delle Giornate internazionali di studio del Centro Pio Manzù) e di dedicarsi solo alla ricerca di storie da raccontare. Per il resto ha una laurea in scienze della comunicazione (con lode!) all’Università di Siena e un master in giornalismo investigativo in Urbino. Ha pubblicato diversi volumi di ricerca, il primo sul giornalismo di guerra, C’era una volta la guerra…e chi la raccontava. Da Iraq a Iraq: storia di un giornalismo difficile (Roma 2008); il secondo sulla storia dei 100 anni di Milano Marittima: Milano al Mare. Milano Marittima: 100 anni e il racconto di un sogno (Ravenna 2011). Sono di prossima pubblicazione Ustica e i giornali (ricerca condotta per l’Associazione parenti delle vittime e l’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna” e La battaglia delle idee è la forma di democrazia. Vita e storia politica di Ariella Farneti (1921 – 2006) (Forlì, 2013).

IPSE DIXIT

Le idee chiave di Pepe Mujica

  1. Sobrietà, non austerità
    A guidare la vita di ciascuno deve essere il principio della sobrietà: concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere… Lo spreco è invece funzionale all’accumulazione capitalista che implica che si compri di continuo magari indebitandosi sino alla morte.
  2. Sul capitalismo
    Riconosco l’indispensabilità del mercato, ma lo critico per migliorarlo. Il capitalismo ha una funzione positiva perché so bene che serve a produrre ricchezza, quindi tasse, buone per i servizi di cui anche i poveri si avvantaggiano.
  3. Su rivoluzione e rivolte
    Ho visto alcune Primavere che hanno finito per essere inverni terribili. Noi esseri umani siamo dei gregari. Non possiamo vivere da soli. Perché la nostra vita sia possibile, dipendiamo dalla società. Una cosa è rovesciare un governo o bloccare le strade. Ma creare e costruire una società migliore è una questione completamente diversa, c’è bisogno di organizzazione, disciplina e lavoro a lungo termine. Non confondiamo le due cose. Voglio metterlo in chiaro: mi sento vicino a questa energia giovanile, ma penso che non possa andare da nessuna parte se non diventa più matura.
  4. Sulla legalizzazione della marijuanaRispondendo sull’opposizione alla legalizzazione
    È sempre stato così con i cambiamenti. Nel 1913, in Uruguay abbiamo stabilito il diritto per le donne a divorziare. Sapete cosa dicevano a quei tempi? Che le famiglie si sarebbero dissolte. Che era la fine delle buone maniere e della società. C’è sempre stata un opinione tradizionalista e conservatrice che ha paura del cambiamento. Quando ero giovane dovevamo vestirci con completi e cravatte per andare a ballare, altrimenti non ci facevano entrare. Non penso che qualcuno si vesta più così per andare a un party al giorno d’oggi.
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L’automobile di Mujica è un Volkswagen Maggiolino del 1987, donatagli da alcuni amici e che si è rifiutato di vendere nonostante offerte cospicue.

  1. Sul materialismo
    Abbiamo sacrificato i vecchi Dei immateriali, e ora stiamo occupando il tempio del Dio-Mercato. Lui organizza la nostra economia, la nostra politica, le nostre abitudini e ci fornisce mutui e carte di credito che ci danno un’apparente felicità.
    Sembra che siamo nati solo per consumare e consumare, e che quando non possiamo più consumare abbiamo un senso di frustrazione, soffriamo la povertà e ci auto-marginalizziamo.
  2. Sul consumo globale
    Oggi possiamo riciclare quasi qualunque cosa. Se vivessimo in maniera saggia, essendo prudenti, i 7 miliardi di persone nel mondo potrebbero avere tutto ciò di cui hanno bisogno. Le politiche globali dovrebbero muoversi in questa direzione. Ma pensiamo come individui e come Stati, non come specie.
  3. Sull’aborto e le unioni omosessuali
    Abbiamo applicato un principio molto semplice: riconoscere i fatti. L’aborto è vecchio quanto il mondo. Le unioni gay, per favore, sono più vecchi del mondo. Abbiamo avuto Giulio Cesare, Alessandro Magno, per favore… Non si può dire che è una cosa moderna, è più vecchia di quanto lo siamo noi. È una realtà oggettiva che esiste. Per noi, non legalizzarli sarebbe una tortura inutile verso le persone.
  4. Sull’umiltà in ufficio
    Appena i politici cominciano a salire in alto, diventano subito dei Re. Non so come funzioni, ma quello che so è che le Repubbliche sono nate perché nessuno sia più di qualcun altro.
    L’ostentazione delle cariche è come qualcosa che è rimasto dal passato feudale. Hai bisogno di un palazzo, di un tappeto rosso e di molte persone dietro di te che dicono “Si, signore”. Credo che tutto questo sia orribile.
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Mujica vive in una piccola fattoria a Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo: da presidente aveva rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale.

  1. Sulla redistribuzione della ricchezza
    Le imprese vogliono solo aumentare i loro profitti; è compito del governo fare in modo che distribuiscano parte di quei profitti, così che i lavoratori abbiamo i soldi per comprare i beni che producono.
    Non è un mistero: meno povertà significa più commercio. L’investimento più importante è in risorse umane.
  2. Sulle dipendenze
    Peggio delle droghe è il traffico di droga. Molto peggio. Le droghe sono una malattia, e non credo esistano droghe ‘buone’ o che la marijuana faccia bene. Né le sigarette. Nessuna dipendenza è buona, incluso l’alcol. L’unica dipendenza buona è l’amore, dimenticate tutto il resto.
  3. Sull’essere chiamato il Presidente più povero del mondo
    Non sono il Presidente più povero. Il più povero è colui che ha bisogno di tanto per vivere. Il mio stile di vita è una conseguenza delle mie ferite. Sono figlio della mia storia. Ci sono stati anni in cui sarei stato felici solo con un materasso.
  4. Sul donare il 90% del suo stipendio in beneficenza
    Ho uno stile di vita che non cambia solo perché sono un Presidente. Guadagno più di quanto mi serve, anche se per altri non è abbastanza. Per me non è un sacrificio, è un dovere.
  5. Sui suoi obiettivi per l’Uruguay
    Il mio obiettivo è raggiungere un po’ meno di ingiustizia in Uruguay, aiutare i più vulnerabili a lasciare dietro di me una maniera di intendere la politica e di guardare al futuro, che possa essere usata per andare avanti.Non c’è niente nel breve periodo, nessuna vittoria dietro l’angolo. Non guadagnerò il paradiso o cose del genere. Quello che voglio è combattere per il bene comune e il progresso. La vita scivola via. Il modo per prolungarla è che altri continuino il tuo lavoro.
  6. Sull’essere Presidente
    Un Presidente è un ufficiale di alto livello che è eletto per portare avanti una funzione. Non è un Re, non è un Dio. Non è lo sciamano di una tribù che conosce tutto. È un dipendente pubblico. Credo che il modo ideale di vivere sia quello della grande maggioranza delle persone che cerchiamo di servire e rappresentare.
  7. Sul segreto della felicità
    Per vivere coerentemente con il proprio pensiero, sii te stesso e non provare a imporre il tuo punto di vista sul resto. Non mi aspetto che gli altri vivano come me. Rispetto la libertà delle persone, ma difendo la mia libertà. E questo significa avere il coraggio di dire quello che pensi, anche se a volte altri non condividono la tua opinione.
    Occorre muoversi con una visione gradualista che abbia come obiettivo reale immediato, invece di un immediato edonismo, l’eudemonia.
    (Presso gli antichi greci e latini la parola, nell’uso comune, indicava chi poteva godere di uno stato d’animo, tutto interiore e spirituale, che rendeva sereno chi lo provasse: eudaimonia in greco, beatitudo in latino. Ndr).

E questo è il video che riassume il discorso tenuto da Mujica al G20 in Brasile nel giugno 2012, un discorso che ha toccato i cuori delle autorità presenti e anche di milioni di naviganti in internet di tutto il mondo: