Oggi, mercoledì 2 dicembre, un noto scultore che porta nei gioielli le forme delle sue opere, Ilario Cuoghi, approda dalla adottiva Genova, dove si trasferì dalla nativa Castelmassa (Rovigo), a Milano, zona Precotto. Nella geografia personale di Ilario è importante il ruolo di Venezia, dove si è formato e dove ogni tanto viene chiamato in mostra (l’ultima volta, 2012, nell’ex Istituto d’arte Campo dei Carmini, in Dorsoduro. Vedere video a corredo del mio testo che gli dedicai su Giannella Channel). A Milano Ilario presenterà la nuova collezione di creazioni in oro e argento nello studio del figlio Vanni, a sua volta affermato artista (Genova 1966, vive e lavora a Milano; un suo profilo biografico è al link del suo sito: vannicuoghi.com. A questo link trovate il video di una sua intervista). È un’occasione, questa singolare mostra di un giorno solo, per fare due chiacchiere con padre e figlio e incontrare amici vecchi e nuovi. Ma è anche lo spunto per riprendere in mano alcune parole dedicate a Ilario da critici, giornalisti e artisti agli inizi del terzo millennio, nella ricca monografia (“Tra scultura e gioiello”, De Ferrari editore, Genova) a lui dedicata e da me curata. Ecco un brano esplicativo tratto da un’intervista di Monica Silvestrini, giornalista di Italia Orafa. (s.g.)

ilario-cuoghi-orafo

Lo scultore Ilario Cuoghi (Castelmassa, Rovigo, 1936) ritratto all’ingresso del Museo della Filigrana a Campo Ligure (Genova), dove ha tenuto corsi per allievi di design orafo. Ilario si è formato a Venezia presso l’Istituto d’arte e Magistero d’Arte applicata. Nel 1962 si è trasferito a Genova, dove ha realizzato numerose opere di ispirazione religiosa e civile. Ha tenuto una settantina di mostre personali in Italia e all’estero. (Foto di Riccardo Bottero).

“Ilario Cuoghi si è avvicinato alla scultura lavorando lastre d’acciaio e di ferro. Nel fare modellini si divertiva a martellare il metallo plasmandolo nella forma voluta. L’interesse per la gioielleria è nato quando ha iniziato a fare piccole sculture in argento, attratto dai giochi di luce che si sprigionavano dall’oggetto quando ne martellava la superficie. Unirvi le pietre preziose ha significato, per lui, accendere le sue creazioni di allegri cromatismi perché “le gemme sono pennellate di colore”. Ilario Cuoghi, dopo l’argento è passato all’oro? “Sì, ho imparato a fonderlo da solo. I primi gioielli sono nati quando è nato in me l’interesse per l’astrattismo, prima ero un figurativo. Confesso che mi diverto ancora a creare monili, mi piace accostare i vari tipi di oro alle pietre. Prima di mettermi al lavoro traccio dei bozzetti ma difficilmente l’opera finale rispecchia quanto avevo progettato”. Quali materiali usa? “Oro in lega con l’argento e pochissimo rame, perché risulta più duttile e più luminoso”.

vanni-cuoghi-pittore

Il pittore Vanni Cuoghi (Genova, 1966). Vive e lavora a Milano.

Le sue sono creazioni molto particolari… “Le mie opere si riconoscono a prima vista. Non sono facili da copiare. Non si possono ricreare in microfusione e non tutti sanno usare abilmente il martello e il cesello. La mia è una lavorazione completamente a mano. Spesso evito le saldature per lasciare il metallo libero di muoversi. La pietra non è incastonata, è ‘custodita’ nell’oro. Talvolta traggo ispirazione dalla gioielleria barbarica, celtica, perché è anch’essa molto legata alla lastra battuta, cesellata, martellata”. Ci parli delle sue sculture. “Le mie sculture sono forme nello spazio. Uso bronzo, ottone, ferro brunito e acciaio inossidabile. Anche in questo caso rifiuto la fusione. Gli elementi si incastrano gli uni negli altri ma rimangono indipendenti. In tutti c’è una sfera, un nucleo centrale che simboleggia l’energia vitale. Da questa ‘energia’ dipartono le varie forme che possono avere una diversa chiave di lettura”. La filosofia che pervade i suoi lavori trova riscontro anche nelle sue opere di oreficeria? “No, il gioiello non è altrettanto sofisticato. Nel monile l’estetica deve prevalere sul contenuto. Questo fatto può condizionare l’artista”. E lei si sente artista? “Non lo so, mi piace fare quello che faccio. Mi ritengo uno scultore, o se preferisce un modellatore di lastre”.

bussola-punto-fine-articolo

GALLERY

Nel segno di Ilario: “I gioielli sono le stelle che le donne si buttano addosso” (Tonino Guerra)

ilario-cuoghi-orafo

Anello in oro.

ilario-cuoghi-orafo

Bracciali in oro e smeraldi.

ilario-cuoghi-orafo

Collier in oro e smeraldo.

ilario-cuoghi-orafo

Orecchini in oro e perle.

ilario-cuoghi-orafo

Parure in oro, argento e lapislazzolo.

ilario-cuoghi-orafo

Collier in oro, perle e rubino stellato.

ilario-cuoghi-orafo

Collier in oro, corniola e perle.

A PROPOSITO

La galleria dei nomi di Ilario alla voce: gioiello d’arte

Una breve storia firmata da Cuoghi sulla rivista 18 karati

Il fatto che gli artisti abbiano appreso l’arte dagli orefici “industriali”, evitando di far realizzare le loro opere dagli stessi, ha dato risultati che uniscono il meglio dei due campi. Il veneto Bruno Martinazzi, nato chimico e poi scultore, si è dedicato quasi esclusivamente alla gioielleria; i suoi gioielli non hanno niente a che vedere con quelli realizzati dalla grossa industria, egli si affida all’accostamento dell’oro di vari colori con il platino e con pietre tagliate in modo originale rispettando e ricercando la forma-colore e non preoccupandosi della produzione seriale. Giò e Arnaldo Pomodoro, uno pittore e l’altro scultore, hanno appreso a bottega le tecniche orafe e le hanno utilizzate per realizzare sculture-gioiello con particolare attenzione alla lavorazione delle superfici (“texture”). Altri artisti quali Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Pietro Consagra e, più recentemente, Giuseppe Uncini, Gaetano Carrino, Eliseo Mattiacci, Luigi Veronesi (e anche Ilario Cuoghi, Ndr) creano forme nuove per la gioielleria; naturalmente sono quasi sempre esemplari unici o realizzati, a bassa tiratura e a uso quasi esclusivo del collezionismo d’arte. Un cenno particolare merita la cosiddetta “scuola di Padova” che con Mario Pinton e Giampaolo Babetto hanno influenzato gli allievi degli Istituti d’arte dell’ultima generazione; così pure della Scuola Romana, merita attenzione la “bottega” di Fausto Maria Franchi e del figlio Enrico. Sarebbe però ingiusto tralasciare i maggiori produttori della gioielleria, soprattutto quegli “artigiani dei sogni” che sono i Bulgari che sono riusciti, utilizzando le tecniche di produzione di massa, a non compromettere la loro integrità artistica.
Ndr: i Bulgari promossero l’indimenticabile Airone video dedicato ad Anima mundi, di Godfrey Reggio con la colonna sonora di Philip Glass, un urlo profetico, e inascoltato come purtroppo gli allarmi e soprattutto le soluzioni presentate in quel decennio di mia direzione di Airone sull’emergenza climatica e ambientale di cui oggi parlano i potenti della terra a Parigi. Merita di essere rivisto (link).