Nel mio borgo natale, Trinitapoli nel Tavoliere pugliese, dopo quasi quattromila anni è riemersa dalle sabbie del tempo la figura di una donna misteriosa su cui gli archeologi si interrogano ancora. Un gruppo creativo ha illuminato in un suggestivo docu-dramma una delle sue vite possibili in quella società di scambi e conflitti e una sua possibile conclusione che piace tornare a farvi conoscere in coincidenza con il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, indetta dalle Nazioni Unite per tenere viva l’attenzione sulle migliaia di donne al mondo che vengono picchiate, uccise e sfruttate.

In Italia gli ultimi dati ISTAT (primo semestre 2019) riportano: quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni hanno subìto almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2% violenza fisica, 21% violenza sessuale con casi nel 5,4% di violenze sessuali gravi, come stupro e tentato stupro). Numeri sconvolgenti se si considera che a praticare le violenze siano stati partner o ex partner: nel dettaglio, su una cifra di 3 milioni di donne, la violenza è avvenuta nel 5,2% dei casi dall’attuale partner e nel 18,9% dei casi da un ex partner.

I casi di “femminicidio” in Italia nel 2019 sono stati 92. Il numero è fermo al 31 luglio visto che il “dossier Viminale” aggrega i dati nel periodo compreso tra il 1 agosto 2018 e il 31 luglio 2019. Nell’anno precedente le donne vittime di femminicidio sono state, ancora una volta, 92 (il 68,7 per cento dei 134 omicidi in ambito familiare).

Ripropongo una storia simbolo che arriva da lontano nel tempo e nello spazio, simbolo dei femminicidi, delle molestie e degli abusi subiti da milioni di donne.

La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.

Isaac Asimov, Fondazione, 1951

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Posizione del comune di Trinitapoli (provincia di Barletta-Andria-Trani)

Nel giorno in cui l’Italia e il mondo tutto celebrano la Giornata mondiale per fermare la violenza contro le donne e i femminicidi ho pensato di ricorrere alla suggestione che mi ha provocato tempo fa un video, che trovate qui in basso, dedicato alla Signora delle ambre, nell’immaginazione di un gruppo creativo pugliese diventata la prima vittima di un femminicidio.

Nella mia città natale, Trinitapoli (sulla costa adriatica, tra Manfredonia e Barletta), dopo quasi quattromila anni è riemersa dalle sabbie del tempo (e questa è realtà) la figura di una donna misteriosa su cui gli archeologi si interrogano ancora. Era ricoperta di oggetti in ambra ed era al centro di una necropoli che, con i suoi molteplici segnali, ha innescato emozioni e suggestioni e narrato storie possibili a più di un visitatore. Per esempio, il famoso medico e scrittore Vittorino Andreoli, in un suo recente libro (Fuga dal mondo, Rizzoli) attribuisce al protagonista, l’inventore veronese Angelo Spini, amante delle necropoli, una preferenza e una descrizione sorprendenti:

La sua necropoli preferita era a Trinitapoli. Andava spesso all’Ipogeo dei Bronzi in quella città del Tavoliere pugliese e si immergeva in quell’ombelico di terra che lo portava davanti a una porta-vagina così precisamente rappresentata da far venire voglia di peccare. Attraverso quella porta si entra in un utero che dà la morte. Un gioco di opposti che rompe ogni convenzione e proclama la nascita della fine. Per incunearsi nelle tube uterine ed entrare in quel posto silenzioso e caldo, un luogo di vita per sempre e dunque di morte, bisogna accovacciarsi e assumere la posizione fetale, che evoca la rinascita. Il cimitero come luogo della nascita. Amava scomparire dalla superficie del mondo e rintanarsi là dentro, nel mistero, dentro la terra e farsi terra per sempre. A Trinitapoli c’è puzza di antico e profumo di eterno. Si sente la morte che vive e la vita che finisce nel fetore della decomposizione e del non senso. Per entrare nei luoghi del potere bisogna salire sempre e sempre più in alto; in un museo si può scendere fino a nascondersi dentro la terra e incontrare pezzi d’ossa, resti di libertà.

Ebbene, in quella misteriosa necropoli è riapparsa la Signora delle ambre. Un gruppo culturale, diretto dal regista Michele Pinto, ha immaginato in un docu-dramma una delle vite possibili della Signora delle ambre (questo il titolo) e una sua possibile conclusione. Il risultato lo trovate qui:

“La Signora delle ambre” a cura dell’associazione culturale Morpheus Ego

Leggo le parole del regista Pinto su un periodico di memoria e di riflessione sull’oggi e sul futuro di quella terra del Tavoliere, Il peperoncino rosso:

Non vi è esattezza scientifica capace di ricostruire la sua storia, ma la Signora delle Ambre non tace: i suoi ornamenti non sono solo preziosi, ma anche belli, ricercati, e arrivano forse da terre dall’altra parte del mare; ci descrivono sia una donna che amava la bellezza, sia la sua comunità che aveva scambi con società più lontane. Nella stessa necropoli della Signora vi sono tombe di guerrieri, sepolti con le loro anni da battaglia. Quindi tra le diverse collettività non vi erano solo quieti traffici: allora come oggi gli equilibri tra le genti erano complessi. Di qui sono nati il soggetto per il filmato e i suoi intenti. Evitare di dare una l’idea vaga ed evanescente del passato. Mostrare, senza facili astrazioni, una donna, le sue possibili attività, il suo compagno, le sue figlie. È ovviamente improbabile che quanto narrato nel film sia accaduto, ma era necessario trasportare lo spettatore in una dimensione che non fosse quella di un passato freddo e sbiadito. Il nostro primo compito era cancellare l’idea che la civiltà degli ipogei fosse una stereotipata comunità primitiva e, dall’altra parte, non mostrare che vivesse una mitologica età dell’Oro. La civiltà degli ipogei conosceva entrambe le facce del progresso, lo scambio e il conflitto: è il primo motivo per cui dovremmo sentirla vicina. Il tempo non poteva cancellare la Signora delle Ambre e il dramma che le abbiamo attribuito deve proporre un contatto con chi ha abitato questo territorio millenni prima di noi.

Riaffiorando dalla damnatio memoriae cui era stata condannata per millenni, la Signora delle Ambre (grazie all’avviato Museo civico e Parco archeologico) potrà essere, oltre che segno della propria identità storica, anche richiamo per il turismo culturale e scolastico.

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A PROPOSITO

I principali Centri in Italia per uomini “maltrattanti”

E anche: le allarmanti cifre delle violenze contro le donne, una lodevole iniziativa a Cassina de’ Pecchi in ricordo di Angela Pedercini e una splendida poesia di Alda Merini

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Le cifre delle Nazioni Unite sono allarmanti: al mondo 1 donna su 3 nella sua vita subisce violenza fisica o sessuale, molto frequentemente da qualcuno che le è intimo. Solo il 52% delle donne sposate o in coppia prende decisioni libere sulla propria sessualità, sulla contraccezione e sulla propria salute.

Il 71% delle vittime della tratta di esseri umani è composto da donne e ragazze, e 3 su 4 di queste sono sfruttate sessualmente.

Sullo stesso sito si legge che la violenza contro le donne è causa di morte e disabilità al pari del cancro, e causa più problemi di salute di incidenti stradali e malaria messi assieme.

L’Onu sottolinea anche la gravità del problema del femminicidio, con i suoi dati del 2012 che confermano che un femminicidio su due viene perpetrato dal partner o da un famigliare.

Nel 2018 la campagna bipartisan contro femminicidi e violenze sulle donne (con il grido “Non è normale che sia normale”) è stata lanciata da Mara Carfagna e dalla Camera e ha raccolto tantissime adesioni.

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Angela Pedercini (Cassina de’ Pecchi, Milano, 1951-2007).

Per l’occasione mi piace ricordare che una lodevole iniziativa presa nella città alle porte di Milano dove vivo, Cassina de’ Pecchi: il salone della Cooperativa La Speranza, in via Roma 81, è intitolato dal 25 novembre all’avvocato Angela Pedercini, cara concittadina e amica, sposa di Massimo Mandelli e madre di Federica e Andrea, colpita dal dardo della morte quando era impegnata come consulente legale in difesa dei diritti delle donne e dei minori e come attiva collaboratrice di consultori, scuole, enti locali, università. Specializzata nel diritto di famiglia e delle persone, ha contribuito a fondare associazioni come la Casa della donna maltrattata di Milano.

Segnalo un sito web: riconoscilaviolenza.it, i principali Centri in Italia per uomini “maltrattanti” e, a chiudere, una splendida poesia di Alda Merini.


La mappa dei centri anti-violenza

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  • TORINO Il Cerchio degli uomini, tel. 011.2478185; mail: counseling@cerchiodegliuomini.org
  • MILANO Centro italiano per la promozione della mediazione, via Correggio 1, tel. 800.667733; paolo.giulini@cipm.it
  • MILANO Uomini non più violenti, via Miramare 9, tel. 02.87168243; mail: uomininonpiuviolenti.mi@gmail.com
  • BERGAMO Uomini non più violenti, tel. 800121939, web: www.facebook.com/UominiNonPiuViolenti
  • BRESCIA Ass. Cerchio degli uomini, tel. 348.4644766; mail: cerchiodegliuomini@virgilio.it
  • BOLZANO Caritas “Consulenza uomini”, tel. 047.1324649; mail: stefano.favaretto@caritas.bz.it
  • ROVERETO Cambiamenti traing antiviolenza per uomini, tel. 335.1802162; web: www.famigliamaterna.it/uomini.ht
  • TRIESTE Interpares, tel. 320.3735663, mail: interpares.ts@gmail.com
  • GENOVA White Dove “Lato oscuro degli uomini”, tel. 010.570549, mail: arturo.sica@whitedove.it
  • FERRARA Centro d’ascolto per uomini maltrattanti, viale Cavour 195; tel. 339.8926550
  • MODENA Usl “Liberiamoci dalla violenza LDV”, via Don Minzoni 121, tel. 366.5711079; 059.438788; mail: klv@ausl.mo.it (della cui inaugurazione, Giannella Channel si è occupato in questo articolo)
  • RIMINI Usl “LDV”, tel. 0541.698723
  • FORLI’ Centro trattamento maltrattanti presso lo Studio Saips, via San Martino 13, tel. 800.161085
  • FIRENZE Centro di ascolto uomini maltrattanti CAM, tel. 339.8926550; mail: info@centrouominimaltrattanti.org
  • ROMA Solidea “Relazioni libere dalla violenza”, tel. 349.0053554, mail: nonviolenza.solidea@gmail.com

Chi avesse indicazioni utili per aggiornare questa mappa, mandi una mail a: salvatore.giannella@giannellachannel.info.


VITAMINE PER LA MENTE

La poesia di Alda Merini

ricevuta da Fulvia Maderna Lanza

e da Ennio Di Francesco

Sei bella.

E non per quel filo di trucco.

Sei bella per quanta vita ti è passata addosso,

per i sogni che hai dentro

e che non conosco.

Bella per tutte le volte che toccava a te,

ma avanti il prossimo.

Per le parole spese invano

e per quelle cercate lontano.

Per ogni lacrima scesa

e per quelle nascoste di notte

al chiaro di luna complice.

Per il sorriso che provi,

le attenzioni che non trovi,

per le emozioni che senti

e la speranza che inventi.

Sei bella semplicemente,

come un fiore raccolto in fretta,

come un dono inaspettato,

come uno sguardo rubato

o un abbraccio sentito.

Sei bella

e non importa che il mondo sappia,

sei bella davvero,

ma solo per chi ti sa guardare.

Alda Merini

A PROPOSITO

6 fumetti per denunciare

la violenza sulle donne

Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Ecco le migliori graphic novel che denunciano le tante forme

che possono assumere abusi e molestie (fonte: “Wired”)

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Bezimena. Anatomia di uno stupro, di Nina Bunjevac. Bezimena è un’opera potente, che colpisce immediatamente grazie alla grafica visionaria, caratterizzata da un tratto iperrealista eppure, al tempo stesso, surrealista. Lo stile di ogni tavola è il riflesso speculare della vicenda narrata, al tempo stesso orrenda e banale. Benny è il guardiano di uno zoo, ossessionato dal sesso, sin da quando era bambino. Un giorno, dopo aver ammirato a lungo una bella visitatrice, ne ritrova il taccuino. L’uomo dubita che sia un caso, si convince di essere al centro di un gioco di seduzione. Un’illusione, la mania di una mente malata, destinata a sfociare non già in una notte di reciproca passione, ma in una serie di stupri brutali e animaleschi, che forse nascondono una verità ancora peggiore (Rizzoli Lizard, 224 pp, 20 euro).

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Io sono Una, di Una. Una, come una di molte. Una ragazza di dodici anni, vive nello Yorkshire tormentato dallo “Squartatore”, un serial killer che miete vittime tra le donne del posto, in un clima in cui l’unico supporto offerto alle ragazze del posto consiste nel dir loro di “vestire in modo non appariscente”. Una è orgogliosa, sicura di sè, appassionata di chitarra. Tutto cambierà dopo un episodio di stupro in cui l’opinione pubblica le si rivolta contro. Una si convince di essere guasta, di avere colpa di ciò che le è successo. Dovrà fare i conti con sé stessa e con un mondo che non la ascolta prima di guarire dalle proprie ferite. Una storia autobiografica che ha vinto il premio best memoir 2016 di Oprah.com (Add Editore, 208 pp, 19,50 euro)

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Troppo non è mai abbastanza, di Ulli Lust. A volte sono proprio i sogni di libertà e ribellione a tramutarsi negli incubi peggiori. Succede a Ulli ed Edi, due ragazzine punk che, all’inizio degli anni ’80, decidono di partire in viaggio per l’Italia, in autostop, da Verona a Roma sino alla Sicilia. Proprio nel nostro “bel Paese” le due saranno aggredite, molestate, umiliate dai tanti uomini che incontrano nel loro viaggio e che decidono di abusare della loro fiducia e giovane età. E sulla strada si nasconde in agguato lo spettro della droga e della tossicodipendenza. Un viaggio nell’orrore che rimane tuttavia un’affermazione decisa di libertà e indipendenza, dalla parte delle donne (Coconino Press, 464 pp, 29 euro).

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Helter Skelter, di Kyōko Okazaki. La violenza sulle donne non ha solo la forma di un livido intorno a un occhio, non si concretizza soltanto negli stupri e negli abusi in strada o tra le mura di casa. Si palesa anche, in modo più sottile ma non meno insidioso, nella pressione ad alterare il proprio corpo per avere successo, nell’esigenza di essere belle a tutti i costi, nelle molestie nello show-biz che a lungo sono state occultate e spacciate falsamente per “inevitabili”, al grido di “lo fanno tutti”. Helter Skelter di Kyōko Okazaki è un manga josei del 2003 che anticipa per certi versi i temi affrontati dal movimento #metoo, attraverso la storia della supermodella Ririko che si sottopone a una vera e propria discesa all’inferno pur di mantenere il proprio status (Dynit, 320 pp, 18,90 euro).

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Io so’ Carmela, di Alessia Di Giovanni, Monica Barengo. Nel 2007, un dramma. Uno tra i tanti, troppi. Carmela, 13 anni, si suicida, gettandosi da una finestra. Era stata violentata da più uomini. La polizia non l’aveva protetta. I suoi stupratori erano rimasti liberi. Lei era finita in un centro di recupero. Il suo diario, ritrovato dopo la morte, racchiude un grido di aiuto e di dolore rimasto inascoltato. Questa graphic novel vuole essere il simbolo non di una vittima, ma di una ribellione contro la violenza e gli abusi (Becco Giallo, 160 pp, 15 euro).

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Inès, di Loïc Dauvillier e Jérôme d’Aviau. In Italia, più di 3,7 milioni di donne hanno interrotto una relazione a causa di violenze da parte del partner. Ma si stima anche che più del 90% non denunci questo tipo di aggressioni. Inès è una graphic novel che descrive con brutalità angosciante la sofferenza, l’umiliazione costante, e i pericoli cui sono sottoposte le donne vittime di mariti o compagni brutali. Lo fa attraverso gli occhi della protagonista, Inès, bloccata con la sua bambina in un dramma che si consuma dietro la finta sicurezza delle pareti domestiche, quando suo marito lascia cadere la maschera di uomo perfetto che indossa a beneficio del mondo e rivela il mostro dentro di sè (ReNoir, 112 pp, 12 euro).

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo”), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).