Addio a Vanni Leopardi, discendente di Giacomo (foto in apertura), gentiluomo e grande amante della natura e della cultura. Un vero aristocratico, nel senso etimologico del termine (dal greco ‘aristòs’, ‘il migliore’), un raro esempio di ‘hombre vertical’, come dicono gli spagnoli per indicare una persona in cui l’eleganza del corpo è in sintonia profonda con la nobiltà dell’anima.
Laureato in Scienze politiche, agricoltore per passione, ideatore di un’Accademia per la ricerca della felicità, Vanni è stato ambientalista della prima ora e presidente dei Verdi delle Marche, oltre che protagonista di tante battaglie in difesa della natura e della bellezza, soprattutto per sottrarre i luoghi leopardiani a scempi e brutture.
Ricordo, fra le tante, la lotta condotta insieme ai Verdi negli anni Novanta per evitare che il Colle dell’Infinito venisse sfregiato da un elettrodotto!
Ma non basta. In un’epoca in cui la Memoria è in estinzione più del panda, Vanni è stato ambasciatore dell’eredità leopardiana: ha conservato con cura e intelligenza lo straordinario patrimonio culturale e spirituale lasciato da ‘Giacomo’ (così, come se fosse ancora vivo e ancora abitasse quelle stanze, era chiamato il poeta a Palazzo Leopardi, dove viveva la famiglia del ‘Conte Vanni’). Ed è riuscito a consegnarlo intatto e vibrante alla modernità, come testimoniano le celebrazioni dei versi più amati scritti da Giacomo, quell’Infinito che ha compiuto proprio nel 2019 duecento anni…
A festeggiarlo, a settembre, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricevuto da Vanni e dalla figlia Olimpia, regista degli eventi celebrativi. Fra i quali il più evocativo ha avuto luogo il 28 maggio 2019 nella piazza del Sabato del Villaggio a Recanati dove, in contemporanea con altre piazze italiane, duemila giovani hanno recitato insieme il celeberrimo poema.
“Un flash mob per avvicinare i ragazzi alla poesia”, ha spiegato Olimpia. “Per vivere un emozionante momento di unione ideale che mette in luce la forza del sentire, lenisce le pene del cuore e dell’anima e ci permette di guardare con coraggio ‘oltre la siepe’ “.
Ora che ‘oltre la siepe’, a 77 anni, sei volato tu, caro Vanni, il nostro pensiero e il nostro cuore ti seguono con immensa tristezza ma anche con infinita gratitudine per averti avuto come amico e compagno di viaggio.
È una cassetta d’acciaio grande quanto un’autoradio il posto buio e senza orizzonti dove ha abitato per mezzo secolo L’Infinito, il manoscritto originale della poesia universalmente più amata e commentata di Giacomo Leopardi.
È toccata al cronista di Oggi l’emozione di assistere alla “liberazione” del prezioso manoscritto, prima tappa per il suo viaggio che lo vedrà lasciare il chiuso caveau di una banca e tornare alla luce a luglio, finalmente e definitivamente, tra i “monti azzurri” di leopardiana memoria, quei Sibillini che oggi sono tra i più incantevoli parchi nazionali di tutta Italia e che ieri furono fonte di “pensieri immensi” e di “dolci sogni” per il poeta.
Così la collana dei luoghi leopardiani, luoghi che si stanno addobbando a festa per celebrare il bicentenario della nascita del poeta (29 giugno 1798) si arricchirà di una nuova perla: Visso, capitale del parco dei Sibillini, stupendo borgo medievale ricco di storia e di opere d’arte, dai cui amministratori sono conservati gelosamente dal lontano 1869 alcuni importanti manoscritti leopardiani a cominciare proprio da L’Infinito.
Come mai quei 15 endecasillabi sciolti e altre carte autografe, che manifestano “situazioni, affezioni, avventure storiche” dell’animo, come il Leopardi stesso scrive, rivelatori dell’intima solitudine di un genio intento a esplorare i meandri del proprio cuore e a fare della natura la sua più cara confidente, erano finiti in questo borgo distante da Recanati? C’entra la reale frequentazione della famiglia Leopardi a Visso, come fa pensare la presenza dello stemma di famiglia Iil leopardo sorreggente un giglio) che appare in più luoghi di Visso? C’entra il fatto che, alcuni decenni dopo la morte del poeta, una figlia del conte Giacomo junior, Maria Giacoma Vincenza, sposò Anton Maria Bonelli di Visso? È forse per questa via che arrivarono qui da Recanati i manoscritti leopardiani? “No”, mi chiarì il sindaco di Visso Alessandro Lucerna, classe 1933.
Arrivarono via Bologna. E va dato merito al mio predecessore di un secolo fa, il sindaco Giovan Battista Gàola-Antinori, che acquistò i manoscritti di sua tasca, per una cifra allora enorme (400 lire) da Prospero Viani, preside del liceo Galvani di Bologna. Viani fu un accanito raccoglitore delle opere leopardiane provenienti dagli amici del poeta tra i quali l’avvocato Pietro Brighenti, proprietario di una tipografia nel capoluogo emiliano, La Stamperia delle Muse, che nel 1826 pubblicò il gruppo di manoscritti destinati all’archivio comunale di Visso.
Nel 1868, trovandosi in difficoltà economiche, Viani fu costretto suo malgrado a disfarsi di una parte della sua raccolta: e cioè i sei Idilli (L’Infinito, La Sera del giorno festivo, La Ricordanza o Alla Luna, Il Sogno, Lo Spavento notturno, La Vita Solitaria), i cinque Sonetti in persona di Ser Pecora fiorentino Beccaio; l’Epistola al conte Carlo Pepoli; la prefazione alla seconda edizione del Commento alle rime del Petrarca e 14 lettere indirizzate all’editore milanese Stella.
Per la vendita, Viani si rivolse al suo amico deputato al Parlamento, l’avvocato Filippo Mariotti. Costui, legato da stima e amicizia con il sindaco di Visso (anche lui deputato) Gàola-Antinori, gli propose l’acquisto dei manoscritti e l’affare fu concluso: 400 lire, con tanto di regolare ricevuta. Il 24 marzo 1869 una lettera di Mariotti accompagna le preziose carte al sindaco di Visso: «Caro amico, ecco i manoscritti leopardiani che Visso conserverà per suo ornamento e per gloria d’Italia».
Visso li conservò in municipio ma per pochi anni. Perché una giusta preoccupazione per conservare i manoscritti, ha spinto precedenti amministratori a trovare una sistemazione più sicura da eventuali furti. E per questo motivo L’Infinito fu deposto nel dopoguerra in una cassetta di sicurezza di una banca della vicina, nobile Camerino.
Giorgio Marcolini, direttore della centralissima Banca delle Marche, ci accolse sorpreso: “Sono arrivato in questa sede una settimana prima del terremoto che ha scosso parte di Umbria e Marche e abbiamo dovuto dedicare tutti gli sforzi a gestire l’emergenza. Confesso quindi che non avevo avuto il tempo, fino al vostro arrivo, di sapere del tesoro che custodivamo”.
Accompagnato dal sindaco e da me, il direttore scese nel caveau difeso da una porta d’acciaio, giunse davanti alla cassetta con due serrature, inserì la sua chiave seguito dal sindaco che manovrò una seconda chiave ed ecco venire alla luce L’Infinito e le altre carte ingiallite dal tempo.
Un’emozione incancellabile: chi ha visto le cartoline che riproducono l’originale trova che la differenza è come quella che passa tra vedere un amico in fotografia e incontrarlo a quattr’occhi. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle / questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…” Nei 15 endecasillabi, una sola incertezza del poeta: nelle ultime righe, laddove recita: “Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare”, la mano esitante di Giacomo cancella il termine “immensità” e lo sostituisce con “infinità”.
Davanti ai manoscritti, il sindaco s’impegnò a farli tornare a Visso e a trovare una nuova sede più degna per le carte. Impegno mantenuto.
LE PAROLE E GLI OCCHI
Le Marche di Giacomo Leopardi
foto di Vittorio Giannella
Aveva previsto tutto Leopardi, su cosa sarebbe successo negli anni 2000.
Viene il vento recando il suon dell’ora
dalla torre del borgo. Era conforto
questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
quando fanciullo, nella buia stanza,
per assidui terrori io vigilava,
sospirando il mattin
da Le ricordanze
Odorata ginestra,
contenta dei deserti. Anco ti vidi
de tuoi steli abbellir l’erme contrade
che cingon le cittade…
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
che il deserto consola
da La ginestra
Lungi dal proprio ramo,
povera foglia frale,
dove vai tu ?- Dal faggio
là dov’io nacqui, mi divise il vento.
Esso tornando, a volo
dal bosco alla campagna,
dalla valle mi porta alla montagna
da Imitazione
Di giugno il mese fertile
è giunto ; abbonda il grano
e nitido biondeggia,
ed offrono al villano
le spiche colme e spesse
un’abbondante messe.
da La campagna
Passata è la tempesta…
Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare.
da La quiete dopo la tempesta
Spandeva il suo chiaror per ogni banda
la sorella del sole, e fea d’argento
gli arbori ch’a quel loco eran ghirlanda
da Appressamento della morte
Primavera dintorno
brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sì ch’a mirarla intenerisce il core
da Il passero solitario
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa
da La sera del di di festa
Sarà per queste piagge, ove non altro
che lieti colli e spaziosi campi
m’apri alla vista.
da La vita solitaria
Limpido il mar da lungi e le campagne
e le foreste, e tutte ad una ad una
le cime si scoprian delle montagne.
In questa ombra giacea la valle bruna,
e i collicelli intorno rivestìa
del suo candor la rugiadosa luna.
da Appressamento della morte
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo seren un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
da Il passero solitario
Odi, Melisso: io vò contarti un sogno
Di questa notte, che mi torna a mente
In riveder la luna. Io me ne stava
Alla finestra che risponde al prato,
Guardando in alto: ed ecco all’improvviso
Distaccasi la luna; mi parea
Che quando nel cader s’approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato.
da Alceta
Le tappe del viaggio nell’Europa che ha emozionato scrittori poeti e artisti:
- le Isole Azzorre di Antonio Tabucchi
- l’Irlanda di William Butler Yeats
- le Cinque Terre di Eugenio Montale
- le Dolomiti Bellunesi di Dino Buzzati
- l’Inghilterra di William Wordsworth
- le Marche di Giacomo Leopardi
- la Garfagnana di Giovanni Pascoli
- il Montefeltro e la Valmarecchia di Tonino Guerra
A cura di Vittorio Giannella per Giannella Channel