Le Dolomiti, rifugio del cronista Buzzati
L’EUROPA CHE HA EMOZIONATO SCRITTORI, POETI E ARTISTI
fotografate da Vittorio Giannella
Le Dolomiti, rifugio del cronista Buzzati
L’EUROPA CHE HA EMOZIONATO SCRITTORI, POETI E ARTISTI
fotografate da Vittorio Giannella
Così scriveva Dino Buzzati (1906-1972), cronista del Corriere della Sera e scrittore, autore di romanzi immortali come Il deserto dei tartari e Bàrnabo delle montagne. Oggi quella valle e quelle cime a lui così care (e che furono la sua prima fonte d’ispirazione: prima fra tutte la Schiara, che definì “la montagna della mia vita” e il monte Serva) fanno parte del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi e del Parco naturale di Paneveggio – Pale di San Martino e ad esse dedica uno sguardo poetico Vittorio Giannella in questa tappa del suo viaggio dedicato all’Europa che ha emozionato scrittori, poeti e artisti.
Così scriveva Dino Buzzati (1906-1972), cronista del Corriere della Sera e scrittore, autore di romanzi immortali come Il deserto dei tartari e Bàrnabo delle montagne. Oggi quella valle e quelle cime a lui così care (e che furono la sua prima fonte d’ispirazione: prima fra tutte la Schiara, che definì “la montagna della mia vita” e il monte Serva) fanno parte del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi e del Parco naturale di Paneveggio – Pale di San Martino e ad esse dedica uno sguardo poetico Vittorio Giannella in questa tappa del suo viaggio dedicato all’Europa che ha emozionato scrittori, poeti e artisti.
Lo scrittore e poeta Dino Buzzati (San Pellegrino di Belluno, 1906 – Milano, 1972).
Intanto sulle alte crode giungono i primi raggi di sole.
Adesso Barnabo vede le montagne.
Non assomigliano veramente a torri, non a castelli
né a chiese in rovina, ma solo a se stesse,
così come sono, con le frane bianche, le fessure, le cenge ghiaiose,
gli spigoli senza fine a strapiombo piegati fuori nel vuoto
(tratto da Bàrnabo delle montagne)
Mentre il bosco si fa sempre più tenebroso avvicinandosi la sera,
le pareti si illuminano di rosso. Le ombra salgono per i ghiacciai,
le poche nubi si dileguano nell’azzurro.
Nelle valli è scuro e i venti notturni intonano la loro voce.
I rami si agitano. Il canto degli uccelli si è fermato. Le cime riescono ancora a toccare i raggi del sole; si alzano portentose come nubi
(tratto da Bàrnabo delle montagne)
Da una cengia all’altra i suoi occhi vanno su, per le azzurre scanalature… fino agli ultimi picchi che non sembrano nemmeno veri, così bianchi contro il cielo profondo. È passata adesso una mosca con un lievissimo ronzio. Il sole si è un po’ attenuato per un velo di altissima nebbia. Anche il vento del sud si ridesta. Tornerà il cattivo tempo.
(tratto da Bàrnabo delle montagne)
Esistono da noi valli
che non ho mai visto da nessun altra parte…
Invece esistono: con la stessa solitudine,
gli stessi inverosimili dirupi
mezzo nascosti da alberi e cespugli
pencolanti sull’abisso le cascate d’acqua…
La valle del Mis per esempio con le sue vallette laterali
che si addentrano in un intrico di monti selvaggi e senza gloria,
dove sì e no passa un pazzo ogni trecento anni,
non allegre, se volete, alquanto arcigne forse, e cupe.
Eppure commoventi per le storie che raccontano,
per l’aria d’altri secoli, per la solitudine paragonabile a quella dei deserti
(tratto da La mia Belluno)
… molti angoli riposti conservano intatti e selvaggi gli incanti della prima natura. E anche se nessuno ci pensa, lassù traboccano sulla valle del Piave, le favole degli spiriti e dei maghi.
(tratto da La mia Belluno)
Si inoltrarono nel bosco vecchio puntando verso il Corno, la zona più selvaggia e quasi del tutto sconosciuta. I tronchi sembravano farsi sempre più neri e massicci, la nebbia sempre più fitta… il colonnello restò seduto ad aspettare il nuovo giorno e per la prima volta nella sua vita conobbe i rumori delle foresta… Ma due o tre volte, quella notte, ci fu anche il vero silenzio, il solenne silenzio degli antichi boschi, non comparabile con nessun altro al mondo e che pochissimi uomini hanno udito.
(tratto da Il segreto del bosco vecchio)
Mi accompagni?
Io sono vecchio,
stanco,
e le pareti ripide
mi fanno paura
(tratto dalla lettera alla guida Gabriele Franceschini)
Nel suo studio di Milano Buzzati disegnava il Duomo con le guglie dolomitiche. La sua immaginazione era di gran lunga superiore alle sue capacità di scalatore.
A PROPOSITO
Vitamine per l’anima. Parole in pillole
di Dino Buzzati
Informazioni utili
- Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi
piazzale Zancanaro 1, Feltre (Belluno)
tel. 043.93328
dolomitipark.it - B & B Villa Buzzati
via Visome 18, località Anconetta (Belluno)
tel. 0437.926414 e 333.6486024
villabuzzati.com
(via mail)
Ho letto con interesse i brani ed i pensieri di Dino Buzzati ed ho rifatto, in parte, i percorsi che più volte, in passato, mi tennero compagnia sempre destando e rinnovellando in me stupore e sbalordimento. Grazie Salvatore
(via email)
Buzzati, il mio rifugio
Caro Salvatore, buongiorno e felice anno nuovo. Apro il tuo blog ogni mattina e, stamattina, mi balza in primo piano alla vista il sole che illumina le Dolomiti di Buzzati. Anche qui, in questo lembo di Calabria, sospeso fra le vette innevate che scintillano al sole che fa capolino da Oriente, e l’azzurro del mare che circonda questa terra piagata, è possibile pensare Buzzati nelle sue svariate dimensioni del “magico”. Alludo al Buzzati del Il segreto del bosco vecchio, al Buzzati pittore, al Buzzati dei 60 Racconti, al Buzzati del Deserto dei Tartari, al Buzzati del Reggimento parte all’Alba. Una delle ultime volte che lo pensai fu all’inizio della pandemia, a Bergamo soprattutto, quando quei carri militari in fila compatta, che trasportavano le innumerevoli bare, mi richiamarono alla mente il dire di Buzzati: «Ognuno appartiene ad un Reggimento e quando il Reggimento chiama si deve partire». Mestizia ma anche magia solitamente si accompagnano al pensiero della morte. E la storia dei sette messaggeri, i loro viaggi, il loro impossibile ritorno. E la storia di Paura alla Scala con la sua implicita atmosfera di sospensione e di aspettazione di un qualcosa che deve accadere. E la storia del segreto del Bosco vecchio, in cui la magia è palpabile in ogni pagina. E la storia di Drogo che sale verso la Fortezza Bastiani, che ora sempre essere sul punto di essere raggiunta in breve, e poi svanisce al tornante successivo dell’aspra ascesa, che il giovane ufficiale affronta a cavallo del suo destriero. E, in fondo, la linea di confine che si osserva dagli spalti dei camminamenti, lungo i quali le sentinelle si scambiano la parola d’ordine, dove magicamente si appunta e aguzza la vista nella ricerca di un improbabile segno di un immaginario nemico. Si tratta di quel nemico che ognuno di noi, di necessità, quale compagno di viaggio, ha accanto… la morte.
Concludo con quanto disse Italo Calvino, a Venezia, presso la Fondazione Cini, nel quarantennio della pubblicazione del Deserto dei Tartari, che la Repubblica pubblicò il 1° novembre del 1980. Per l’illustre letterato lo stampo del racconto buzzattiano, preciso come un meccanismo che si tende dal principio alla fine in un crescendo d’attesa, di premonizione, d’angoscia, di paura, diventando un crescendo d’irrealtà, aveva dato forma al suo modo di concepire una narrazione. Calvino, in quell’occasione, concludeva che Buzzati aveva avuto la grande capacità di convertire un’emozione incorporea in immagini concrete, e che, oggi, (cioè nel 1980!) non possa darsi più avventura, mentre l’immobilità blocca da ogni parte i nostri spiriti vitali e il nulla celebra la sua epopea. Concludo io. Se questo era il pensiero di Calvino 42 anni fa, oggi più che mai è il mio pensiero, affogato nelle mille brighe del quotidiano e io, prima di mettermi in movimento nel disbrigo che l’effimero giornaliero comporta, voglio trarre forza e ragione al mio esistere e operare guardando le vette buzzattiane delle Dolomiti che scintillano al Sole, mirabilmente riprodotte nel tuo blog.