Cari lettori, arriva il 27 gennaio, Giornata della memoria con la romagnola Rimini scelta come città italiana 2021 per il ricordo delle vittime dell’Olocausto, e a me piace dedicare una storia per onorare questo appuntamento voluto dall’Assemblea delle Nazioni Unite riunitasi nel 2005 in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi di concentramento nazisti.
Nel precedente testo siete stati informati sul centenario dell’ospedale Morgagni di Forlì, gioiello della scienza medica romagnola, che mi ha dato spunto per illuminare i più importanti medici forlivesi del passato. Ebbene quell’ospedale che era intitolato al grande anatomo-patologo forlivese Giovanni Battista Morgagni, nel 2004 è stato arricchito dalla fusione con una precedente struttura sanitaria e ha preso il nome di Morgagni-Pierantoni. Questo secondo nome ci restituisce il ricordo di un valoroso medico antifascista torturato e ucciso alla Fosse Ardeatine a Roma. Sul marciapiedi della sua abitazione romana, il 21 gennaio 2019, è stata collocata una pietra d’inciampo. Ecco la sua storia, come l’ho ricostruita nella “pillola” n. 62 della mia newsletter quotidiana Caffè Ippocrate, dedicata ai professionisti della salute della Romagna.
Leggo questa frase in un libro a firma di Manuela Celli, scrittrice romana trapiantata in Toscana, e avverto l’urgenza di aggiungere alla storia del Morgagni la vicenda umana e professionale di Luigi Pierantoni (Intra, odierna Verbania, 2 dicembre 1905 – Fosse Ardeatine, Roma, 24 marzo 1944), tisiologo e martire per la libertà dell’Italia che lui voleva laica, democratica e antifascista. All’ospedale gioiello della Ausl Romagna, nella frazione di Vecchiazzano, in un’aiuola posta lungo un viale interno, una colonna alta due metri porta un’epigrafe dedicata a lui, patriota torturato e ucciso alle Fosse Ardeatine.
Pierantoni era tenente della Croce Rossa Italiana. Il padre, Amedeo, era stato, nel 1921, tra i fondatori del partito comunista. Nella casa-laboratorio di Luigi, in piazza Leandro nel quartiere Trieste a Roma, si incontravano i partigiani del Partito d’Azione clandestino, resistenti agli occupanti tedeschi e ai fascisti che li sostenevano. Il 7 febbraio 1944 Luigi fu arrestato nel presidio della Croce Rossa in seguito a una delazione e portato prima nella famigerata via Tasso di Herbert Kappler e poi al carcere di Regina Coeli. Qui improvvisò un’infermeria per i detenuti e stava proprio praticando un’iniezione quando due agenti della polizia nazista lo portarono alle Fosse Ardeatine. Fu tra le prime vittime di quella strage, come si vide quando i 335 corpi furono recuperati e riconosciuti. Quando si costituì l’Associazione dei familiari dei martiri (Anfim), proprio il padre di Pierantoni fu chiamato a presiederla.
Il Corriere di Romagna e il sito www.vecchiazzano.it, curato da Andrea Gorini, hanno pubblicato da poco un commovente ricordo scritto dal nipote Luigi, dal quale prendo in prestito le parole centrali.
Il racconto di Luigi junior prosegue così:
Luigi Pierantoni conclude il ricordo del nonno sostenendo con convinzione che oggi sarebbe in prima linea con tutto il personale medico e paramedico a combattere una terribile pandemia, “pronto come sempre a spendere la sua vita per i suoi pazienti e per la sua amatissima Italia”, ed è per questo che ringrazia i medici, gli infermieri, il personale di tutti gli ospedali e di qualsiasi altra struttura sanitaria per quello che fanno e per come lo fanno.
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