Il giornalista Salvatore Giannella lancia una originale iniziativa che lui stesso illustra: “Una telegrafica newsletter, Caffè Ippocrate, che ogni mattina, dal lunedì al venerdì, raggiungerà medici, infermieri e operatori sanitari della Romagna (nella foto in apertura, un intervento in sala operatoria dell’équipe di Otorinolaringologia dell’spedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, diretta dal primario Claudio Vicini, ndr). Una “presa della pastiglia” di storia e storie della scienza medica e dell’umanità della Romagna. La prima pastiglia è dedicata a Isotta Gervasi, la prima donna medico condotto in Italia”.

Il mio – spiega Giannella – vuole essere un piccolo gesto di restituzione a una squadra di professionisti della salute che ammiro e che è impegnata in una sfida dalle proporzioni inedite”.

La presentazione e la prima “pastiglia” di Caffè Ippocrate

Una sera a Madrid ho assistito alla rappresentazione teatrale “Una notte al Prado”, scritta dal Tonino Guerra spagnolo, Rafael Alberti. Racconta la storia, risalente alla guerra civile, di un gruppo di custodi del museo più importante della capitale spagnola presa d’assedio dalle truppe golpiste di Franco. Gli assediati stanno per arrendersi quando, per la creatività di Alberti, gli eroi della storia spagnola raffigurati nei quadri si concretizzano, scendono dalle pareti e vanno a confortare i custodi dell’arte dicendo loro: “Resistete, resistete, resistete. Voi siete dalla parte giusta!”. Ho pensato a quell’immagine suggestiva nel proporre Caffè Ippocrate, un’immaginaria “presa della pastiglia” che mi piace offrire ogni mattina a voi, medici, infermieri e operatori sanitari di ogni genere, assediati da un subdolo virus cui si sono aggiunti anche criminali vandali, come dimostra l’episodio delle vostre auto danneggiate a Rimini. Mi piace immaginare che dalle mura degli ospedali romagnoli si concretizzino uomini e donne che, per le loro doti, possono essere inclusi nella grande squadra degli scienziati di fama nazionale e internazionale e che vi incitino a resistere e a vincere questa battaglia inedita. Inizio questo viaggio tra di loro, circondato da libri meritevoli di attenzione (Scienziati di Romagna, Morgagni a Forlì, Ultimo del colera…) e portandovi ogni mattina un frammento del loro Dna. Buona lettura.


1. L’angelo in bicicletta

Isotta Gervasi con la sua bicicletta negli anni Sessanta

Isotta Gervasi con la sua bicicletta negli anni Sessanta (fonte: Biblioteca Torre S. Michele, Cervia, Fondo Gervasi)

Ho scoperto da poco uno dei tanti primati della medicina di Romagna. Isotta Gervasi (Castiglione di Cervia, 21 novembre 1889 – Modena, 17 giugno 1967) è stata la prima donna medico condotto d’Italia. Pima di otto sorelle, Isotta Proserpina Saffa Gervasi (questo il suo nome completo) fu amica di Grazia Deledda, la scrittrice premiata con il Nobel, che dal 1920 al 1935 trascorse le vacanze a Cervia in un “nido creativo” che oggi si affaccia sul lungomare della città ravennate, vicina alla casa di viale Colombo dove abitava Isotta. Si incontrarono alle Terme di Fratta e Grazia le dedicò un articolo sul Corriere della Sera nell’agosto del 1935:

La dottoressa è bella, elegante, alla sera si trasforma come la fata Melusina, con i suoi vestiti e i suoi gioielli sfolgoranti e gli occhi e i denti più sfolgoranti ancora: una fata lo è anche davanti al letto del malato, sia un principe o un operaio, al quale, oltre alla sua cura sapientissima, regala generosamente bottiglie di vino antico, polli e fiori. Il suo nome è Isotta.

Oggi in Romagna la ricordano con toni quasi leggendari: la “dottoressa dei poveri” o “l’angelo in bicicletta”, mi ricorda la storica cesenate Elena Gagliardi che l’ha presentata recentemente all’Università della terza età a Cervia.
Nel 1965 la Fondazione Carlo Erba le assegnò il premio Missione del medico. (sg)

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Post Scriptum: Le prime 101 pillole di Caffè Ippocrate sono state dedicate a: Isotta Gervasi; Maurizio Bufalini; i becchini di Ravenna; i medici romagnoli che curarono Garibaldi; Morgagni in America; il naso di Valsalva; Forlì in lockdown 1804; la bici di Dino Amadori; poesie nel libro Momenti sospesi; i cuori di Tonino Guerra; i consigli di Leonardo da Vinci; il cardo e Caterina Sforza; quando Cervia fu divisa tra salutisti ed economisti; il “disgraziato” annegamento di Ginesio Marconi; la Banca della Cute; musicisti al Morgagni; virus e inquinanti; Spallicci poeta e anche medico; la memoria di Vecchiazzano; i pesci elettrici di Matteucci; Gilberto Tonti: diario di un medico di campagna; le ossa lignee targate CNR; la ginnastica dolce di Mercuriale; i centenari e Giannotti; la proto-femminista Lina Poletti; Bartolo Nigrisoli; Ortali a Ravenna; Schiavio: il segreto dell’Angelo; l’Asilo psichiatrico di Tozzoli; Mosconi: trapianti e sport; Biasini, una vita per i bambini; il paleopatologo Traversari; il cateterismo cardiaco di Montanari; Ciccone e il Mal di zolfo dei minatori; la prova del Rivalta; Argia, la dottoressa dei poveri; Maria Petraccini e Zaffira, da Bagnacavallo a Patrasso; Giovanni Succi il digiunatore di Cesenatico che ispirò Kafka; Giuseppina Cattani, la Marie Curie dell’Emilia-Romagna; Jacopo Sacchi, medico scrittore; Giuseppe Bellonci, biologo forlivese; Augusta Rasponi e le magnifiche 7 laureate in medicina; Maria Petrocini e la figlia Zaffira; i medici guerrieri contro la pellagra; Antonio Lunedei e l’ospedale di luce a Gambettola; Cristina Ambrosini a capo del Patrimonio culturale della regione; Francesco Falco, una vita tra Romagna e Cuba, di Edoardo Turci; il pediatra Calogero Vullo; Robusto Mori e la nonna di Oriana Fallaci; le espressioni vietate di Paolo Occhipinti; Girolamo Versari, pioniere antivaiolo; i medici ebrei in Romagna; Achille Franchini, chirurgo a Santarcangelo; Carlo Flamigni e la fecondazione assistita; i medici anticolera nel 1855; musica in corsia; Stefano Cavazzutti, medico filantropo; Elio Bisulli nella cupa Cesena; Pierluigi Cecchi, pediatra da esportazione; Ugo De Castro e i donatori di sangue; i medici storici di Forlì; l’anatomista e martire Luigi Pierantoni; l’eccellenza della sanità in Emilia-Romagna; il poliedrico Eolo Camporesi; il veterinario Tommaso Casoni; Michele Rosa, dal Montefeltro a Milano; Luciano Ravaglia, pioniere contro la poliomielite; pausa ad arte: Forlì e Rambaldo Bruschi, il Marchionne della Romagna; la litotomia di Domenico Masotti; Girolamo Rossi, medico e storico ravennate; Stefano De Carolis e il litotomo; pausa ad arte: Meldola; Benedetto Vittori, medico e filosofo di Faenza; pausa ad arte: Brisighella; Siro Ricca Rosellini e un dono a Cesenatico; il chirurgo Francesco Gattei e un misterioso siringone; Filippo Matteucci, ufficiale medico di Garibaldi; pausa ad arte: Lugo; svelato il mistero di quel siringone; Giacomo Frisoni, una laurea sulla sua malattia; pausa ad arte: Faenza; Bartolomeo Traffichetti, medico e filosofo di Bertinoro; pausa ad arte: Massa Lombarda; Francesco Sami e i volontari di Cesenatico; il faentino Mengo Bianchelli, archiatra del papa; Folco Portinari, papà della Beatrice dantesca, era di Portico di Romagna; Pietro Curialti da Tossignano; pausa ad arte: Rimini; quando la malaria fece paura a Ravenna e Cervia; i no vax di Romagna 210 anni fa; pausa ad arte: Cesenatico e Cesena, S. Sofia, Mercato Saraceno e S. Piero in Bagno; l’anatomista Francesco Michini; i fondi medici della Biblioteca Malatestiana; il guaritore Zambutè; Napoleone Salagli, pioniere dell’omeopatia; Davide Melandri e il grande ustionato Gianni Morandi; malattie rare e nomi da cambiare; Morgagni e l’attualità della sua bussola; libri su Ippocrate e ringraziamenti. Arrivederci alla prossima serie. (SG)

ANCORA UN MOMENTO, PREGO / LA DECIMA PILLOLA

Quando la cardiologia

incontra la poesia: il cuore

visto da Tonino Guerra

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Nel grande libro della scienza cardiologica romagnola c’è una pagina che profuma di poesia. Ne fu ispiratore un medico che ho conosciuto quando era al meglio del suo percorso professionale e di vita: Franco Rusticali, primario della Divisione di Cardiologia dell’Ospedale Morgagni-Pierantoni e sindaco per due mandati della città di Forlì. Pochi, al di fuori degli addetti ai lavori, sanno che Rusticali è stato, per volontà del fondatore dottor Franco Cesare Sacco, il primo presidente a vita della filantropica Fondazione Cardiologica Myriam Zito Sacco dal 1984, anno della sua costituzione, al 22 dicembre 2015 (data della sua scomparsa, a 77 anni). Un profilo biografico di Rusticali lo trovate nel libro curato da Mauro Bacciocchi Il sindaco con la città nel cuore, Grafikamente, Forlì 2019.

Impegnato a organizzare la Giornata mondiale per il cuore a Forlì (26 settembre 2004), il cardiologo invitò Tonino Guerra per un consulto poetico: come poteva far sì che i forlivesi potessero avere maggiore sensibilità sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari (uccidono ogni anno 240 mila persone in Italia) e un ricordo emozionante di quella giornata particolare dedicato all’organo motore della nostra vita? Galeotta fu, nel Capanno del comune-martire di Casteldelci, la torta di pane della signora Luciana Romanelli (artista a sua volta, apprezzata da Tonino per i sapori ma anche per le opere d’arte partorite dalle sue mani sapienti, specialmente le lastre in ceramica raku): l’atmosfera magica e il camino acceso fecero il resto.

Accesa dalle parole di Rusticali, la creatività di Tonino sfornò lì per lì lampi di poesia cardiologica. Ne ricordo i principali: Il cuore è un rumore che fa compagnia. Il cuore batte in fretta se arriva una bella donna o un carabiniere. Il cuore di chi ha un’amante ha due capanni. Il cuore è una farfalla. Il cuore ti vuole bene. Il cuore è più bello quando è sano. Il cuore batte di più se nevica. Il cuore è un bambino che si emoziona…

Corredate da disegni di Tonino e affidate a Riccardo Pascucci, quelle parole divennero quindici arazzi colorati che abbellirono la facciata del palazzo municipale di Forlì nella Giornata del cuore, quando Tonino parlò da un palco in piazza Saffi. Poi sono state ambasciatrici della scienza cardiologica in mostre nelle corsie di ospedali e cliniche (Cesena, Cotignola…).

Oggi (tranne quella che recita “il cuore è una farfalla”, che ho ritrovato, quando fui invitato per un incontro pubblico, nella sede della Fondazione Cardiologica Sacco di piazza Fratelli Ruffini a Forlì) “riposano” nelle stanze dell’antica bottega Pascucci, nel centro storico di Gambettola, accompagnate dal battito regolare degli stampi che da sette generazioni sfornano finestre di bellezza. In attesa che qualcuno le riporti nelle corsie di qualcuna delle 15 divisioni dell’Emilia Romagna (su 170 in tutta Italia: fonte Bologna Today) aderenti alla Campagna “Cardiologie Aperte”, per favorire -insieme alle mani sapienti dei medici- il ritmo giusto di qualche cuore stanco.

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CHIEDO LA PAROLA/ Marco Bonduà, Cesenatico

Perché ritengo che il dogma del giuramento di Ippocrate possa essere rivisto?

La crisi di coscienza e il dilemma sull’eutanasia che assale il medico Gilberto Tonti (Caffè Ippocrate, pillola 21) e le vicende salite tristemente alla cronaca di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, di Giovanni Nuvoli, solo per citarne i più noti e del più recente caso del Dj Fabo conclusasi con l’assoluzione del medico agevolatore, non possono che interrogarci se sia il caso di rivedere e rimeditare il Giuramento di Ippocrate che, com’è noto, guida ogni operatore sanitario e in primis i medici. ll giuramento di Ippocrate, così come è stato “isolato” ben sette secoli dopo la sua morte, per la parte che ci interessa così recita:

Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.

Il giuramento, “moderno”, sempre per la parte che ci interessa e deliberato dal comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri il 13 giugno 2014 riporta per sommi capi i medesimi principi:

  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
  • di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;
  • di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato (omissis)

Il Codice deontologico all’art. 17 (modificato il 23 gennaio 2020) così recita:

Il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte.

La libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare.

Appare chiaro che la modifica (aggiunta in grassetto) è conseguente alla sentenza della Corte Costituzionale sul “caso Cappato” che ha esaminato l’agevolazione al suicidio del Dj Fabo.

Ora usciamo dai canoni delle norme e dell’ordinamento per rilevare invece che oggi, passo dopo passo, è iniziato una lenta apertura verso una nuova concezione e una rivisitazione di quel giuramento e di quelle ingessature che, si torna a ripetere, è stato attribuito ben sette secoli dopo la sua morte. Insomma, non è più possibile ritenere atto contrario al giuramento e ai suoi millenari principi, quel medico che abbia alleggerito una condizione umana insostenibile, alleviando un dolore, anche a costo della morte del paziente, soprattutto tutte le volte in cui quest’ultimo abbia invocato, inequivocabilmente, la fine della sofferenza.

Esaminiamo anche un altro aspetto: non saranno regole e dogmi rivedibili o meno in vicende così delicate, a risolvere e a ricucire le distanze. Sia prima che dopo l’emissione di una regola, si presuppone un’adeguata maturazione della coscienza delle persone e, in questo caso, si presuppone che dovranno essere i cittadini e medici “in primis”, a mettere in pratica i nuovi principi. Insomma vale ancora il monito di Piero Calamandrei relativamente alla Carta Costituzionale il quale ribadiva che

… La Costituzione non è una macchina, che una volta messa in moto va avanti da sé, la Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova, bisogna ogni giorno metterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità…

Le stesse riflessioni dovranno quindi essere tenute a mente sia per quanto concerne la modifica del Codice di deontologia, sia, de iure condendo, a livello di leggi ordinarie di cui si invocano un veloce intervento.

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