Con un gesto quasi religioso Antonello Pilittu, scultore e amante fedele della sua isola, mi consegna il frammento di un manufatto nuragico, le sue mani stringono le mie e le mie stringono la pietra: “La senti l’anima della terra?”.
Sono arrivata in questo giardino portata dalla passione per l’arte e i mondi degli artisti di un giovane/vecchio compagno di scuola. Solo un amico può conoscere il mio desiderio di bellezza e di ragione.
Giro lo sguardo, muovo passi in direzioni diverse, cerco di dare un perimetro a questo rettangolo segnato con discontinuità dalla danza invalicabile dei fichi d’India. E’ un confine che tiene insieme in un ordine dialogante alberi, sassi, animali, sculture, terra e cielo, un luogo dove le mappe mentali si sovrappongono e generano nuova geografia e nuova storia.
L’ombra di un grande albero, a protezione di chi attorno al tavolo condivide cibo e vino, mi riconsegna la stessa protezione ricevuta da una generosa pianta di fico nel cortile della masseria Spigolizzi a Presicce (Lecce), abitata da due artisti inglesi, Norman Mommens e Patience Gray (1). Eravamo in viaggio nel Salento e il mio maestro (così mi piace chiamarlo) Tonino Guerra era alla ricerca di chi aveva saputo creare mondi universali dove l’arte e la poesia danno forma al mondo degli dei. “Il giardino più bello della mia vita”, amava dire nelle pause d’ombra, “è quello creato da mia madre. Un rettangolo di terra battuta con attorno vecchi tegami da cucina gonfi di gerani, una vecchia poltroncina sgangherata dal sole e dalla e dalla pioggia. Ecco dov’è il paradiso, un mondo che abbiamo vissuto nell’infanzia e che ormai è diventato un giardino mentale”. Tonino cercava l’infanzia del mondo nei luoghi più nascosti all’uomo, dove i sassi rotolati dalla montagna nel fiume Marecchia potevano avere l’ordine dei vecchi tegami gonfi di gerani della madre Penelope. E io che cosa cerco in questo giardino sulla costa sarda? Un giardino dove sculture di animali silenziosi sembrano uscire dall’ombra della pietra, animali che – allungando i loro corpi con movimenti furtivi quasi notturni – prendono la forma della paura dei sogni e il ghigno inquietante di chi abita i miti. Piccole colombe di pietra sostano tra erbe e sassi. Sembrano voler rientrare, per il peso del loro corpo, nella terra ma la loro testa è scolpita nell’aria e il loro volo è fermo. Un carro nella sua forma confonde le funzioni: scheletro di un corpo consumato dal lavoro che trova nella verticalità delle strutture segni di religiosità nelle feste di paese.
Ma è il profumo della Sarramadura, una tessitura larga di ramoscelli di elicrisio, menta, lavanda e mirto, a orientare i miei passi. Un tappeto di essenze che Antonello ha steso all’interno del suo mondo, le stesse in uso nella tradizione sarda per accompagnare i passi delle persone, le loro domande e le loro preghiere nei giorni delle processioni. Un’aria che odora della pelle della terra, uno spazio architettonico tenuto insieme da canne palustri, disegni, parole dette in questo luogo, ripensate, scritte e riconsegnate da gente lontana.
Cammino senza difese in una processione di pietre, ossa, animali, legni modellati dall’acqua e dal vento. Rimango sola in questo tempio circolare dove la vita e la morte si tengono per mano. Ma è davanti al camino che si ferma il senso di questa processione. In un tabernacolo di cartone verde un nido, intreccio di voli sapienti a protezione della vita, poggia la sua fragilità sul bianco levigato di un sasso di fiume. Sento di far parte di questa terra, dei racconti di pietra di Antonello, un artista misterioso e semplice, passeggero nella vita, eterno nelle sue opere, proprietario di tutto senza possedere niente, archeologo della senso della vita, artista capace di placare l’angoscia dell’esistenza con la forza dell’immaginazione. Un innamorato che non può fare a meno del suo modello, quella terra madre che diventa anima e materia delle sue opere. Dare spazio ai giardini dei poeti e degli artisti è dare spazio a noi stessi, passeggeri in questa vita.
CONTATTO
Antonello Pilittu, via Pascoli, 9/A – 09012 Capoterra (Cagliari)
Cell. 347 2116620 / E-mail: pilittuantonio@gmail.com
All’orizzonte: la prossima mostra di Antonello Pilittu “La vita nell’arte” è prevista a Natale nello Spazio Santa Croce 47, zona Castello, a Cagliari.
(1) A PROPOSITO / DA UN DIARIO DI VIAGGIO TONINO GUERRA
“È dai saluti che comincia l’incontro”
L’attimo fuggente di un poeta e due artisti inglesi (Norman Mommens e Patience Gray) che avevano scelto di vivere nel Salento
Era una giornata fiacca di mezz’agosto quando siamo arrivati in un grande giardino selvatico che da sessant’anni due artisti inglesi tengono attorno a casa. Il sole moriva sulle foglie dei fichi e tra i fiori che crescono per caso tra i sassi. Lei che di notte per chiamare il marito se in fondo al giardino accende una candela, oggi ha soffiato in una canna coi buchi e i lamenti sono arrivati fra le ombre degli ulivi. Allora si è fatto vedere lo scultore: un uomo grande, con la barba bianca che pareva una montagna di sonno. Dentro la casa i mobili sono delle ceste che pendono dai chiodi come se i muri avessero una fila di orecchini.
Ci hanno dato da bere un goccio di vino e intanto guardavamo un catino d’acqua che avevano messo sopra una lingua di terra per far bere le mosche, le formiche, i calabroni e tutti gli animali che ronzano e hanno sete anche loro se è estate.
Quando stavamo per andarcene, lo scultore mentre mi dava la mano mi ha detto che a volte è proprio dai saluti che comincia l’incontro…
Dalla collana “Incontri ad Arte”:
- Vi parlo di me, Antonio Secci, sardo con voglia di spazi e la natura come maestra
- Ecco il panettiere degli editori, l’unico che stampa in giornata: Alberto Casiraghy
- Professione fotoreporter: Daniele Pellegrini, figlio d’arte in cerca dell’armonia del mondo
- Che tipi sono i romagnoli te li dipingo io, Giuseppe “Pino” Boschetti
- Ilario Cuoghi, va dove ti porta il sacro
- Sandro Tiberi, il “Made in Italy” gioca la carta di Fabriano
- Nel giardino poetico di Paolo Concu, curato con le mani sapienti di maestro del colore e di umiltà
- Nel nome del padre, di Nino Vincenzi e della ricerca dell’Eros-sacro
- Raffaella Scarpetti e le praterie di Lilliput
- Rosa Agostinelli, dall’Abruzzo a Melbourne: la memoria, la fantasia e il potere curativo dell’arte
- Vite, giochi e sogni inabissati nei legni degli scafi di Lampedusa: Massimo Sansavini
- Tra alchimia, chimica, storia e geologia. Nella bottega di Messer Giulio Rinaldi che ci fa capire il senso delle cose
- Due pittori in viaggio lungo il Po: Filippo De Pisis, con le parole e in bici, Nino Vincenzi con i suoi pennelli
Manuela ha magistralmente fatto rivivere l’atmosfera che si respira nel giardino-orto-studio di Antonello Pilittu: uno dei luoghi magici di una sardegna che è pietra accogliente. Grazie. Grazie anche agli amici che lì ci hanno condotto.