San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena)
Il Rubicone da Savignano passa nel cesenate, nel Pisciatello-Urgòn (foto a destra). È il clamoroso verdetto popolare del ‘Processo’ promosso da questo Comune capitale delle calzature e da Sammaurondustria, che ha richiamato nello splendido scenario di Villa Torlonia 900 persone e ha creato interesse anche tra i giornali inglesi. 269 i voti a favore del Pisciatello che passa per Calisese di Cesena; 215 per l’Uso; 173 per il Fiumicino (l’attuale Rubicone che attraversa Savignano).
Il verdetto (inatteso per molti ma non per me, presente come da 13 estati al processo storico ideato e impeccabilmente condotto dal vulcanico sindaco di San Mauro Pascoli, Gianfranco Miro Gori: ero stato informato tempo fa da Tonino Guerra su questa realtà geo-storica alternativa) mette in scacco la decisione del 4 agosto 1933 di Mussolini, che investì il Fiumicino quale luogo dove Cesare il 12 gennaio del 49 a.C. enunciò la frase ‘Alea iacta est’, il dado è tratto, varcando con il suo esercito il corso d’acqua che segnava il confine con la Gallia Cisalpina. “Uno smacco per la città di Savignano che comunque dal dopoguerra in poi non ha fatto nulla per valorizzare il fiume e il ponte, conosciuto e amato in tutto il mondo”, ha scritto “il Resto del Carlino”.“Un tribunale quello della Torre, per così dire fittizio, ma che deve comunque fare riflettere chi ha amministrato e chi amministra. Non è possibile vedere un fiume così celebre sempre sporco, pieno d’erba, sopra e sotto il ponte, e con tutt’intorno la desolazione di negozi chiusi”.
Ma torniamo al dibattito del processo dallo spirito ludico e leggero, di cui ho preso appunti per permettere anche ai mille e passa amici-lettori di Giannella Channel di farsi un’opinione sull’argomento. Tre i relatori che hanno presentato le loro tesi a favore dei tre fiumi candidati.
UN INSEGNANTE CHE CATTURA
Il primo, il professore Paolo Turroni (insegna lettere al liceo classico “Vincenzo Monti” di Cesena) ha difeso il Pisciatello-Urgòn spalleggiato dall’associazione Pro Rubicone portando argomentazioni storiche e demolendo la veridicità di vari documenti come la Tabula Peutingeriana aggiungendo:
Il professor Turroni ha portato a cemento delle sue affermazioni testimonianze di varia natura: la centuriazione romana, i nomi dei luoghi (“fonti più potenti del re, perché attribuite da chi vive in quei luoghi”), documenti scritti, i nomi delle pievi, le antiche pergamene ravennati, le carte geografiche vaticane, la prima carta a stampa della Romagna. La testimonianza dei toponimi indica oltre ogni ragionevole dubbio, ha sostenuto Turroni, come dalle età più remote il fiume Urgòn sia stato sempre identificato con il Rubicone di Cesare: la stessa evoluzione fonetica della lingua romagnola mostra con chiarezza la trasformazione del nome Rubicon in Urgòn. Nel dettaglio, fra le molte cose degne di nota, sono state ricordate la pieve di San Martino in Rubicone a Calisese, testimoniata dal IX secolo; i confini delle diocesi di Cesena e di Rimini, sorte ne V secolo sulle tracce degli antichi municipi romani, segnati da percorso del fiume Rubicone; Giovanni Boccaccio, l’autore del “Decamerone”, identifica senza alcun dubbio il fiume, “oggi chiamato dai suoi abitanti Pisciatello” con lo storico Rubicone. Viceversa, il nome storico del fiume di Savignano è stato Fiumicino nel corso dei secoli, finché nel 1933, senza alcuna motivazione storica ma per una scelta di convenienza politica, il romagnolo Benito Mussolini decise che quel fiume, da allora in poi si sarebbe chiamato Rubicone e Savignano di Romagna si trasformò così in Savignano sul Rubicone. L’editto di Mussolini non fu senza conseguenze, nel cesenate: al mercato di Cesena, per esempio, il calzolaio Juli, residente a Calisese e noto per la sua arguzia, sentenziò: “Musslén l’ha sbaié” (Mussolini ha sbagliato). Subito le guardie lo costrinsero a ingurgitare olio di ricino, usuale rimedio contro chi dissentiva contro quella dittatura.
LE TRE COLONNE DELL’ARCHEOLOGA
Seconda a intervenire è stata l’archeologa riminese Cristina Ravara Montebelli, per anni collaboratrice scientifica dei Musei comunali di Rimini e del Museo della marineria di Pesaro. Lei ha difeso l’Uso perché i riminesi lo hanno sempre considerato il vero Rubicone. La sua arringa si è basata su tre punti:
- (A) un precedente giuridico, ovvero un processo intentato dalla Sacra Rota nel 1750,poiché l’allora arciprete della Chiesa di San Vito, Giovanardi, aveva innalzato a poca distanza dall’Uso un’iscrizione indicante quel punto come l’antico confine dell’Italia, un tempo Rubicone (“Heic Italiae finis quondam Rubicon”), ricalcando le parole della famosa descrizione di Plinio. I documenti e la sentenza di questo processo sono stati esposti nella mostra “Alea iacta est. Giuli Cesare in archivio”, inaugurata presso l’Archivio di Stato di Rimini nel 2010 e curata proprio dalla Ravara Montebelli.
- (B, C) Gli altri due punti sono invece due emergenze archeologiche: un importante monumento, ai più sconosciuto, cioè il ponte romano di San Vito, riemerso dall’oblìo nel 2004 grazie alle indagini archeologiche, e un altrettanto poco noto reperto, una pietra miliaria datata 2 a.C. con la scritta “7 miglia da Rimini”, conservata al 1949, data della sua scoperta, presso i Musei comunali di Rimini.
DA MUSSOLINI A FELLINI
Giancarlo Mazzuca, giornalista, già direttore de “il Resto de Carlino” e del “Quotidiano nazionale” e oggi direttore de “Il Giorno”, autore del recente “Compagni di Camera” sulla sua breve e amara esperienza politica come deputato del Pdl, intervenuto come terzo relatore, ha strenuamente difeso il Fiumicino:
ha concluso Mazzuca, evocando anche a favore delle sue tesi il riminese Federico Fellini.
HANNO VINTO LA ROMAGNA E LA STORIA IN PIAZZA
Poi il verdetto dei 900 presenti, fra il tripudio generale dei cesenati. Ha commentato Paolo Turroni: «È stata una vittoria che fa luce sulla storia di un piccolo fiume dalla grande tradizione. Per il mondo non cambia assolutamente nulla, ma per la Pro Rubicone, animato da Rino Zoffoli, è stato un successo inseguito da 23 anni». Il sindaco Gianfranco Miro Gori: «San Mauro, capitale delle calzature, non c’entra nulla. Non si tratta di un altro schiaffo a Savignano, dopo il nostro no alla fusione tra Savignano e San Mauro Pascoli. Questo è un gioco e i savignanesi sono nostri amici». Giancarlo Mazzuca: «Non è stato un voto a sorpresa. Lo sapevamo benissimo perché giocavamo nella tana del lupo. Un risultato già scontato. Questa sera ha vinto la Romagna e lo dimostra il fatto dell’interessamento della stampa estera e del Times». Fra il pubblico anche il sindaco di Savignano, Elena Battistini: «Anche questa volta abbiamo perso per colpa di San Mauro. Però è un dibattito che rimane aperto. Poi quelli di Calisese sono più organizzati. Noi savignanesi stiamo seduti troppo sugli allori. Bisognerebbe che ci impegnassimo di più per dimostrare chi siamo e chi vogliamo essere e non solo fare chiacchiere da bar. Dovremo curare un po’ di più il Rubicone. Tanti lo vorrebbero e noi che l’abbiamo, dovremmo curarlo un po’ di più». A scanso di equivoci, non cambia nulla: il Rubicone resta quello che passa per Savignano, ma grande è la soddisfazione per l’associazione Pro Rubicone che si batte per affermare l’identità… urgonauta del Rubicone: e che ha festeggiato con un bicchiere di albana, specialità augurale e non dittatoriale della Romagna che comunque per una sera ha vinto, portando la storia in piazza e catturando l’attenzione anche della stampa internazionale.
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Ammettendo che sia stata stabilita la verità storica, a che serve? Riscriviamo i libri storici? Cambiamo la toponimastica? Il Rubicone è un simbolo e come tale va lasciato a Savignano sul Rubicone. Depauperare Savignano anche di questo è una cattiveria e basta.
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Ma il Pisciatello-Urgòn ha vinto di misura sul fiume USO di appena 54 voti, 269 contro 215. Io dico che se il processo, fosse stato fatto appena al di là del fiume USO, avrebbe vinto il Fiume USO… Urge appello e, spero, che si decidano a scavare nella zona di San Vito, in cui vi sono ancora i resti dell’antico ponte romano, sul fiume USO
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Le tesi più convincenti e fondate sono quelle portate dalla Dottoressa Montebelli, è il fiume Uso il vero Rubicone!!!
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Una assolata domenica pomeriggio mi trovavo in bicicletta lungo la Via Emilia quando un autobus targato Roma stracarico di turisti giapponesi si è arrestato e ne è disceso l’autista il quale, con accento romanesco, mi ha chiesto : “Do sta sto fiume Rubicone? Tutti sti giapponesi so voluti venì qui solo per vede sto fiume storico!”
Alle mie indicazioni e sul fatto che lo avevano già superato passando Savignano, l’autista ha esclamato : “Ma che è, quel fiumiciattolo tutto sporco, senza neppure uno spazio per parcheggiare l’autobus …?!?!?!”.
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Non ho assistito al dibattito, quindi mi è difficile esprimere un valido giudizio Tuttavia non posso pensare che solo perché sporco e mal tenuto debba perdere il proprio status. Ci debbono essere cose ben più importanti. Ad ogni modo non credo che sia giusto oggi cambiare certi eventi.
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Se è così…così sia!!!!
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La verità è nel mezzo!! A parte il fatto che il corso dei fiumi in duemila anni hanno cambiato il corso più volte, va anche detto che quando Giulio Cesare da Ravenna scese a Rimini, passando il Rubico flumen in armi, molto probabilmente lo attraversò non percorrendo la via Emilia, quindi Ravenna – Cesena e poi Rimini, ma lo attraversò percorrendo la via Popilia che fu costruita 40 anni prima di Cesare, quindi Ravenna – Ad Novas e Rimini. Ora dire quel fiume potesse essere il Rubico, diventa molto più arduo in questo caso, Savignano non centra proprio.
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…senza dimenticare che a Calisese nella Chiesa vi è riposta la pietra con scritta la storica frase: Alea Iacta Est…il dado è tratto…e questo avveniva esattamente nella notte del 10 gennaio 49 a.Cristo quando Giulio Cesare pronuncia questa frase diventata storica…quindi ” è plausibile che e “Rubicoun e sia e Psadel”.
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insomma, come storico Mussolini non era un gran ché! un mistificatore!
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Ed è da li che inizia la vera Romagna perché qui da noi con questo miscuglio di pseudo-riminesi, di Romagna c’è rimasto ben poco.
allego, per conoscenza, parte di cenni di descrizione locale Gatteese. (To.Pi.)
QUESTO ATTESTATO D’AFFETTO ALLA SOCIETÀ OPERAIA DI GATTEO RICORDI AI SOCI L’ANTICO LORO PRESIDENTE CHE SEMPRE BRAMA SAPERLI CONCORDI AFFRATELLATI UNANIMI NELL’AFFRETTARE IL CONSEGUIMENTO DE LORO UMANITARI IDEALI AGLI OPERAI DI GATTEO
………omissis
CORSI D’ACQUA. La RIGOSSA è un torrente che ha origine nel Comune di Roncofreddo in parrocchia S. Paolo. Traversa questo comune in direzione di tramontana; poi segna il confine fra Montiano e Longiano. In quest’ultimo territorio incomincia a volgersi verso greco: attraversa la strada Emilia ed i comuni di Gambettola e Gatteo segnando in parte il confine di questo comune con quello di Cesenatico e unendosi al Pisciatello a circa 2 Cm. dal mare. La Lunghezza del suo corso è di Cm. 24: il suo alveo è in sabbia della larghezza di m.: 8. Ha piene impetuose che danneggiano l’arginatura, la manutenzione della quale e interamente a carico del Consorzio Rigossa
Il FIUMICINO è un torrente che ha origine nel comune di Sogliano parrocchia di Strigara. Attraversa questo Comune in direzione di greco; prosegue in confine fra Roncofreddo e Borghi e quindi per S. Arcangelo e Savignano si volge a tramontana. Prende quivi un andamento tortuosissimo sino alla ferrovia donde volgesi a tramontana, poi nuovamente a greco seguendo il con¬fine fra Gatteo e Savignano, finche presso la foce si unisce al Pisciatello ed alla Rigossa.
Ha un solo affluente di sinistra ed è il rio Baldona: il suo corso è di Cm. 14 circa con alveo prima in ghiaia ed un chilometro oltre Savignano in sabbia, di una larghezza media di m. 6. La sua manutenzione è a carico del consorzio Rigossa.
Occorre qui tener parola della controversia sorta per stabilire quale dei due torrenti Fiumicino o Pisciatello fosse il Rubicone dei Romani, che serviva loro da confine coi Galli. Io riporterò qui le ragioni di Luigi Nardi, pubblicate nella sua eruditissima opera, sul Compito Savignanese, dove egli sostiene doversi riguardare il Fiumicino come l’antico Rubicone.
In primo, luogo sta il fatto che il Compito (ora S. Giovanni in Compito) segnava il confine sulla strada Emilia fra i popoli Romani e Galli. Il corso del Pisciatello veniva ad unirsi con quello del Fiumicino, non presso le Due Bocche , come, ma presso il Compito, ed ambedue procedevano assieme sino al ponte di Savignano, magnifico e prezioso avanzo di costruzione Ro¬mana, che risale ai tempi della Repubblica, e che addimostra una volta di più come i Romani tenessero a mostrare ai vicini barbari la loro splendidezza ed opulenza. Giulio Cesare masse da Ravenna mandandosi avanti una legione, ma nella notte, spentisigli i fanali, smarrì la via, e sul far del giorno venne al ponte del Rubicone e fatti i sacrifizi d’uso, lo passò arditamente. Fu questo passaggio, rimasto famoso nelle storie, col quale violava il decreto del Senato, che condusse quel celebre alla conquista del mondo ed alla distruzione della Repubblica Romana.
Ora il Compito era attraversato oltre che dalla via Emilia, (dal Rubicone alla Trebbia) anche dalla via Reginia (1), la quale movendo da Ravenna ripartivasi poi in due rami, l’uno traversale che come s’è detto faceva capo al Compito e chiamavasi anticamente decimano o decumano con nome tecnico che significava essere essa una diagonale. L’altro ramo sboccava forse al ponte della Aprusa (oggi Uso) assai superiormente alla strada litorale odierna, che allora non esisteva per essere il terreno da essa occupato (Cesenatico compreso) coperto dalle acque del mare.
L’avere dunque Cesare smarrita la strada ci fa legittimamente indurre che, lasciata la via Reginia propriamente detta, venisse pel Decimano al Compito e quindi al ponte di Savignano, che dovevasi perciò trovarsi sul Rubicone.
D’altronde che non esistesse a quei tempi il corso inferiore del Pisciatello si può dedurre altresì dall’osservazione dell’itinerario Gerosolimitano, il quale ha queste distanze sulla via Reginia:
Ravenna
Sapis XI
Ad Novas XI
Rubic. FI. III
Ariminum XI
Dove vedesi che il Rubicone è posto tre miglia oltre Sala (Ad Novas) per chi viene da Ravenna; quindi o il Pisciatello (che nel caso si troverebbe prima) non esisteva, o se esisteva aveva corso diverso e doveva perciò confondere le sue acque col Fiumicino, il quale di tre miglia antiche (più corte delle nostre) dista appunto da Sala.
(1) Forse qui finiva la Flaminia e cominciava la via Emilia
Dopo queste prove credo che non occorra aggiungerne altre, come quella che le colline ai lati del Fiumicino portano ancora l’una (dalla parte di Roma) il nome di Montalbano, l’altra di fronte, quello di Montilgallo. Che anche oggidì il fiume di Savignano non ha nome particolare, ma chiamasi fiume nella parte superiore e fiumicino verso il mare, singolarità propria anche del Tevere. Che il Pisciatello non ha ponte ne traccia di ponte antico in tutto il suo corso inferiore alla via Emilia. E neppure la differenza grande di usanze, delle quali dopo tanto volger di secoli pur rimangano traccie che separano le popolazioni che stanno dall’una e dall’altra parte del Fiumicino, come ad esempio l’essere solo stata usata sino a Savignano e non oltre, la romana caccia dei tori negli steccati coi cani; e così quell’inflessione antica Romana ore rotundo propria della lingua maestosa, sicché aldilà tutto diventa mutilo e tronco, e riguardo alla pronuncia dell’a specialmente “Mutan la pace in pece, il pane in pene” perlochè tutto indica che quivi era un limite fra due popoli diversi, i quali oggi però hanno raggiunto ugual grado di civiltà.
Il RIO BALDONA serve anche di scolo, ed ha principio nel comune e parrocchia di Longiano. Traversa questo territorio e dopo la ferrovia entra nel Comune di Gatteo ed ha la sua foce a sinistra del Fiumicino. I] suo corso interamente in sabbia e di Cm. 15 con alveo largo m. 2,50. E’ pur mantenuto dal Consorzio Rigossa.
Degli altri piccoli scoli, come la fossa Lupara che costeggia il paese, la fossa Vecchietti ed altre, non occorre tener parola perché troppo meschine.
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A proposito del fiume Rubicone ecco una poesia mandata a Giannella Channel da Derna Pagliarani, 74 anni, originaria di Calisese di Cesena, due figli, che oggi vive in compagnia dei suoi amici e dei suoi ricordi tra i quali svetta quello del fiume Urgòn.
L’Urgòn e la bambina
Derna Pagliarani