ll confronto nei dati Eurostat/Ocse e nell’elaborazione dell’Economist

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In Inghilterra, i sudditi di Sua Maestà si accapigliano sull’opportunità di aumentare gli stipendi dei parlamentari: da 66.396 sterline a 74mila. L’11% in più, corrispondente a circa 9 mila euro; a fronte, peraltro, della riduzione di alcuni benefit e privilegi pensionistici.
Il progetto potrebbe diventare operativo in autunno e portare – oltre al già previsto aumento dell’1% a partire da aprile 2014 – a un ulteriore scatto di 6.300 sterline l’anno a partire dal 2015. Misura decisamente impopolare, quella suggerita dalla Commissione di regolamentazione (Ipsa: Independent Parliamentary Standards Authority), ente istituito nel 2009 – dopo uno scandalo sulle spese dei politici – in un momento in cui i salari dei sudditi di Sua Maestà ristagnano.
L’aumento è stato disapprovato apertamente da alcuni parlamentari: a partire dal vice premier, Nick Clegg, che ha già annunciato che restituirà il sovrappiù. Mentre il laburista John Mann ha dichiarato che una simile decisione sarebbe «una catastrofe» per la reputazione del Parlamento e il suo capo, Ed Milliband, ha reso noto che, quell’aumento, lui e il suo partito lo rifiuterebbero.

Sessanta per cento in più rispetto alla media europea. Se la polemica Oltremanica è servita a fare i conti in tasca ai parlamentari britannici – che guadagnano meno dei dirigenti pubblici o dei professori universitari – va sottolineato però che gli stessi si erano volontariamente congelati lo stipendio sia per l’anno 2011/2012 che per il successivo. Adesso si pensa di adeguarli alla media del Paese. Ma, pur invisa alla maggior parte dei cittadini inglesi – che attualmente hanno un pil pro capite che si attesta su una cifra circa 2,7 volte inferiore – la novità non porterebbe i deputati britannici in cima alle classifiche. Nè in termini assoluti, nè di reddito pro capite. Lo spiega bene una tabella dell’Economist, che colloca in cima alla classifica Nigeria e Kenya (dove peraltro è stato bloccato due anni fa il tentativo di portare gli stipendi dei membri del Parlamento da 75mila a 125mila dollari l’anno e quello del primo ministro da 430mila dollari, 240 volte più del reddito medio). Nella stessa analisi, l’Italia risulta nelle prime dieci nazioni per proporzione sul pil: un deputato italiano porta a casa uno stipendio lordo mensile che, tra indennità parlamentare, diaria e rimborso di trasporto, supera i 16mila euro: il 60% in più rispetto alle media Ue. Un collega francese prende circa 14mila euro e l’omologo tedesco poco più di 12mila. Dati che, nel 2010, la commissione presieduta dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, prudentemente definiva «inadatti a effettuare il calcolo delle medie di riferimento e comparazioni con altri Paesi».

Primi per differenza con i cittadini. Ma il dato più sconcertante è che il nostro Paese figura addirittura al primo posto in un’altra classifica: quella pubblicata dall’Ocse, che racconta il gap tra stipendi dei cittadini e dei parlamentari in Europa. Per il Belpaese le cifre sono da primato: 23.400 euro l’anno, contro una busta paga moltiplicata per sei: 144mila euro. Allargando la lente al resto del mondo, in cima alla classifica si trovano ancora Nigeria e Kenya. Curiosa la posizione della Tailandia, dove i rappresentanti del partito al governo sono pagati più di quelli dell’opposizione. Svetta su tutti il primo ministro di Singapore, che riceve più di due milioni di dollari: 40 volte più della media dei suoi concittadini. In fondo alla classifica, il primo ministro indiano, che grava sulle casse dello Stato per soli 4mila dollari l’anno.