Pina e Gianni, due premi
per onorare un compito antico:
indicare agli italiani
una vita di esemplare civismo
L’una generosa benefattrice del milanese Museo del Novecento. L’altro. braccio destro operativo del poeta del cinema Tonino Guerra per dare nuovo smalto al borgo di Pennabilli. I riconoscimenti nel Montefeltro marchigiano (e un libro, anche a mia firma) illuminano le virtù che destano generale ammirazione
IARTI & CULTURE, ECONOMIA E SOSTENIBILITA’, I CENTO TURISMI
testi di Salvatore Giannella e Ferruccio Giovanetti
C’è una parolina che dovrebbe trovare un posto centrale nei nostri sistemi educativi, scolastici, informativi, culturali, televisivi, economici, politici, ecc: questa parolina è “civismo”. A mio avviso, anzi, dovrebbe costituire una nuova materia di studio in ogni scuola e a ogni livello. Ore 9: a lezione di civismo. La definizione che trovate sul dizionario spiega tutto: “Coscienza dei doveri di cittadino che si manifesta in azioni e comportamenti utili al bene comune”. E’ una parola che, grazie all’abbonamento al Corriere della Sera digitale, ho visto affiorare più volte sulle pagine del quotidiano più diffuso d’Italia: vedi l’intervista a Letizia Moratti (“Credo fortemente nel civismo” 15 novembre) e l’editoriale di Paolo Di Stefano (“L’analfabetismo civile di tutti i giorni”, 20 settembre).
A me rievoca la vita e le storie di due persone non comuni: l’imprenditrice e mecenate (ticinese d’origine ma milanese d’azione) Pina Antognini e Gianni Giannini, l’ex parrucchiere di Pennabilli che ebbe la geniale intuizione di “assumere” un poeta per contribuire a far rinascere il suo borgo (Pennabilli, nel Montefeltro a cavallo tra Romagna e Marche).
Alla signora Pina è stato consegnato il 26 ottobre scorso a Sassocorvaro, nel Montefeltro marchigiano, il premio Rotondi della sezione speciale Mecenatismo “per il suo generoso dono al milanese Museo del Novecento in dipinti di grandi firme (Boccioni, Sironi, Balla, De Chirico e altri) e in denaro (5 milioni di euro) in modo da realizzare il sogno del suo compagno di vita e di collezionismo, Francesco Pasquinelli”. Pina sovraintende alla Fondazione Pasquinelli che favorisce vari intervenmti filantropici: per esempio, per l’area musicale sostiene il progetto del Maestro Claudio Abbado che intende avviare in Italia il Sistema delle orchestre giovanili infantili. Un progetto che ha origine in Venezuela nel 1975, El Sistema, su idea e realizzazione del Maestro Josè Antonio Abreu, con l’obiettivo di offrire una formazione musicale collettiva a bambini e ragazzi che vivono in contesti ad alto rischio.
Qui il ringraziamento di Pina, via video, mandato alla giuria del premio, composta da Soprintendenti delle città che furono beneficiate dall’Operazione Salvataggio di Pasquale Rotondi durante la Seconda guerra mondiale (7.821 opere d’arte trovarono ricovero e salvezza a Sassocorvaro, Carpegna e Urbino).
Al secondo, Gianni Giannini, salito alla ribalta nazionale con la frase pronunciata da Tonino Guerra in un vecchio ma celebre spot dell’Unieuro: “Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita!”) ho dedicato, con la docente liceale Valentina Galli, un libro insignito del premio Frontino Montefeltro ideato da Carlo Bo: “Gianni, il civismo è il profumo della vita” (Edizioni Affinità Elettive, Ancona).
Trovate la luminosa prefazione di Ferruccio Giovanetti alla fine di questo articolo. Il figlio di Gianni, Giuseppe ha ritirato il 26 ottobre scorso il premio speciale per l’arte che salva comunità e territori nel corso della 24ma edizione del Premio Rotondi (più info: www.premiorotondi.it) , quale “cittadino esemplare e generoso di Pennabilli, protagonista di una favola italiana con il poeta del cinema Tonino Guerra“. Qui il video della presentazione di Gianni, curato da Emanuele Fabbri e Silvio Cancellieri, che mi ha onorato della sua amicizia fino all’ultimo giorno della sua esistenza umana, dicembre 2021:
Da donne e uomini come Pina e Gianni, campioni di civismo, generosi e attivi per la comunità, potremo ricominciare a guardare a un futuro amico.
A proposito / testo di Ferruccio Giovanetti*
Gianni, cercatore di bellezze nel Montefeltro ritrovato
Ci sono colline, nella Valmarecchia e nel Montefeltro, e calanchi e valli. Ci sono campi coltivati da contadini sfuggenti, che si alternano a boschetti di faggio e acero, dove si aggirano ancora lepri, beccacce e fagiani, inseguiti da vecchi cacciatori che conoscono ogni sentiero e ogni vallata. Ci sono borghi (in questa valle del’Appennino centrale che Antonio Paolucci, già direttore degli Uffizi e dei Musei Vaticani e ministro dei Beni culturali, si è spinto a definire “la più bella d’Italia”) in cui quei cacciatori ritornano a vantarsi delle imprese venatorie, ritrovandosi con gli amici e raccontandosi storie: vere, finte o ingigantite. E in quei borghi ci sono palazzi, chiese, monasteri, giardini, mura, castelli e vicoli e viuzze, e in quelle viuzze, quando vieni da fuori, sembra non esserci mai nessuno.
Pensando a questi luoghi si è naturalmente tentati di accogliere l’immagine di quella oltre-provincia eternamente ferma nel tempo, immutabile, serena e placida. Naturalmente non è così: anche in quegli spazi che sembrano al confine tra il nostro mondo e un non-luogo immaginario ed etereo, ci sono cambiamenti, problemi, vite vere e vissute. Anche in questi posti di pace, dove l’azione del tempo sembra più benevola, si deve lottare affinché l’armonia venga preservata, perché non soccomba al degrado o all’oblio.
Gianni Giannini è stato un uomo che ha dedicato la sua intera vita di cercatore e animatore di bellezze (vita che questo libro vuole illuminare) a far coincidere l’immagine ideale e iperuranica dei borghi della Valmarecchia e del Montefeltro alla realtà, restituendo e conservando per tutti noi la bellezza di quei luoghi, pur innovando, migliorando e ampliando, in una sorta di riqualificazione diffusa, innovativa e al contempo ossequiosa. Dalla sua Pennabilli Giannini ha capito l’importanza di aprirsi al mondo, di farsi custode non geloso ma generoso, senza escludere l’esperienza altrui, anzi intuendo l’importanza che i legami con gli altri hanno nel mantenere vitali i luoghi, non solo come architetture e panorami (e che panorami! Dirupi e picchi in miniatura che ricordano gli sfondi dei quadri di Piero della Francesca e di Leonardo da Vinci), ma anche come essenze, con le loro storie e le loro persone.
Già dalle prime edizioni della Mostra dell’Antiquariato di Pennabilli, Gianni ha espresso la potenzialità della sua idea: diventare attrattivi per un pubblico vasto, che avrebbe apprezzato quei luoghi incorniciati nel ricordo collettivo, ma quasi esotici per chi non conosce la vita del borgo, proponendosi come amanti di un bello antico che necessita conoscenza, cura e pazienza per essere recuperato, sottolineando il parallelismo con le bellezze del territorio. Ancora oggi, dopo 50 anni, l’Associazione Culturale Pennabilli Antiquariato, presieduta da Gianni fino alla sua morte e di cui raccolgo il testimone, segue quel solco, attirando ogni anno visitatori, appassionati e curiosi, che vengono per le esposizioni di antiquariato e ripartono con Pennabilli nel cuore.
La Mostra divenne la solida impalcatura su cui crescere: Giannini era ormai l’uomo su cui contare per organizzare eventi, per tessere relazioni. Sapeva capire come avvicinarsi agli altri, come incuriosirli, come stimolarli. Così nacque la sua collaborazione e amicizia con Tonino Guerra, che accompagnava su e giù per la valle alla ricerca di boschi incantati e di anziani dal cuore pieno di saggezza). E così riuscì nell’incredibile impresa di portare il Dalai Lama a Pennabilli: in poco tempo e grazie a lui quel piccolo borgo in bilico tra Marche e Romagna divenne luogo ritrovato da attori, artisti e musicisti di fama nazionale e mondiale.
Da Gianni Giannini dobbiamo imparare una forma di amore per i nostri luoghi che non si limita all’ammirazione contemplativa dello stato delle cose, ma che si adopera attivamente per mantenere e soprattutto esaltare, senza snaturare, ogni aspetto di una realtà che rischia altrimenti una lenta estinzione.
Gianni si è dedicato alla sua terra fino alla fine, con gioia, con lo spirito entusiasta di chi accudisce attivamente, con ammirabile civismo, ciò che gli è più caro. A noi rimangono quello spirito e quella vitalità, che così tanto hanno dato al Montefeltro e alla Valmarecchia: nostro dovere sarà custodirli insieme a quei luoghi, perché di quei luoghi ormai fanno parte.
Complimenti ottimo lavoro