Mentre il 3 aprile 2016 compie 101 anni, in un ospizio di Hong Kong si celebra il vulcanico sacerdote venuto da un borgo ai piedi dell’Etna che dagli anni Sessanta “ha trasformato un inferno in un paradiso”. Ecco come mi ha ricostruito la sua storia
HONG KONG (CINA), APRILE
In una casa di riposo di Aberdeen, zona sud sul mare resa famosa perché scenario dei film con James Bond e Bruce Lee, incontro un piccolo grande uomo che in queste terre d’Oriente ammirano e che in Italia, il suo paese, è sconosciuto. Lo incontro in un giorno speciale: quello del suo centesimo compleanno (il 3 aprile 2016 ha festeggiato i suoi primi 101 anni, Ndr). E lui, padre Gaetano Nicosia, che qui chiamano “l’angelo dei lebbrosi”, mi ha regalato, insieme al caffè e a una fetta di torta, la storia della sua vita che può essere raccontata come una favola: una favola che è realtà.
C’era una volta, al largo di Macao, un’isola che era l’inferno in terra.
Ci abitavano un centinaio di lebbrosi semi-abbandonati al loro destino. Provenivano dai lebbrosari chiusi in Cina. C’erano uomini e donne, e anche ragazzi. Tra di loro vi erano continui casi di violenza e di suicidio. Il lebbrosario, cui si poteva giungere solo in barca (ma i barcaioli si rifiutavano di scendere a terra, i viveri venivano tirati a riva con le corde) si trovava vicino a un’alta rupe e molti di loro si erano gettati giù. ‘Voi salesiani non potete fare niente?’, chiese il vescovo di Macao alla comunità salesiana. Il rettore della comunità chiamò padre Gaetano Nicosia, una passione per gli ultimi e per don Bosco, e lo invitò a prestare un aiuto “globale” ai lebbrosi.
Padre Gaetano si trasferì con i lebbrosi a Ka Ho, nell’isola di Coloane (in apertura, un’immagine dell’isola oggi) al largo di Macao, soffocando la paura del contagio con il suo coraggio che non credeva di avere. Paura che vinse il primo giorno del suo arrivo, quando il potente che lo accompagnò tirò indietro la mano al lebbroso e lui la strinse a tutti. E avviò subito una trasformazione radicale.
Fece arrivare dei veri medici e infermieri.
L’alimentazione divenne adeguata. L’ambiente veniva mantenuto pulito e ordinato. Le casette del villaggio furono rinnovate. A ogni persona fu affidato un compito: chi faceva il falegname, chi il meccanico, chi l’autista. Il villaggio divenne autosufficiente per l’acqua e l’energia. Nel 1970, 40 persone furono dimesse, guarite. Le altre 72, poche alla volta, tornarono a vivere nel mondo. Per alcuni di loro il reinserimento fu difficile: la famiglia d’origine non li accettava.
Chiesero di tornare a vivere a Ka Ho, ormai azienda sanitaria modello, e frequentato persino da persone esterne come il vescovo di Macao, Paulo José Tavares, che aveva scelto l’isola per riposarsi. O come Gabriele Allegra, pure salesiano e compaesano di Gaetano (entrambi originari di San Giovanni La Punta, Catania, beatificato tre anni fa, a 27 anni dalla morte, per aver tradotto la Bibbia in cinese). Una lettera a padre Gaetano spiega il perché del ritorno a Ka Ho: “Questo posto era un inferno e ora si è trasformato in un paradiso!”.
Negli anni Settanta il villaggio è stato arricchito da due scuole salesiane per ragazzi poveri, anche loro segnate dal Made in Italy: l’architetto italiano Oseo Acconci ha costruito una bellissima chiesa, Nostra Signora dei Dolori, e il grande scultore Francesco Messina ha donato lo splendido crocifisso che giganteggia sul frontale della chiesa e la miniatura della Madonna con Bambino murata a destra della porta principale. I soldi per finanziare il progetto di padre Gaetano arrivarono da tutto il mondo: il primo fu papa Paolo VI (cugino del pontefice Giovanni Battista Montini era don Luigi Montini, un missionario conosciuto da padre Gaetano a Macao).
Oggi i lebbrosi sono guariti tutti. Una decina di ex ammalati vive ancora lì, ma ormai è una residenza per anziani. C’è chi vuole costruire un albergo. I figli dei lebbrosi sono arrivati in tanti ad Aberdeen per la festa del compleanno di padre Gaetano. Sono persone realizzate nella società con ruoli di prestigio: professori, impiegati dello Stato, professionisti. Sono arrivati a dire: “Grazie padre, grazie Italia”. Lui si sorprende di tanto affetto: “In fondo non ho fatto che il mio dovere: aiutare il prossimo”. E noi ci congediamo abbracciando questo eroe normale che la Cina festeggia e che l’Italia finalmente ammirerà. (Testo adattato da un articolo per “Oggi”, aprile 2015.)
A PROPOSITO
La storia di Gaetano Nicosia, da me raccontata su Oggi nell’aprile 2015, è poi diventata un docu-film raccontata da Angelo Paratico un ricercatore italiano trapiantato a Hong Kong dal lontano 1983 (allora arrivò nella porta d’Oriente per conto di una ditta di macchinari tessili di Schio, in provincia di Vicenza), segnalatosi per la sua attività di divulgatore di capitoli sconosciuti della storia italiana: è suo il libro che ha lanciato l’ipotesi della madre cinese di Leonardo da Vinci, da me raccontata su Oggi n. 18/2015, tesi da me sottoposta e definitami “interessante” dal massimo leonardologo vivente, Carlo Pedretti (link al mio testo qui). E questo è il trailer di Nicosia:
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A proposito di diritti umani:
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(via mail)
Grazie di metterci al corrente: ammetto che ignoravo l’esistenza di un simile sacerdote di Dio, il frate salesiano che ha rottamato la lebbra: grazie!