Tutti i bambini sono artisti. La questione è
riuscire a rimanere artisti quando si cresce
Pablo Picasso
Non tutti i Grandi nascono geni, anzi, i genitori con figli lenti possono sempre sperare il meglio, perché la maggior parte dei Grandi sono piuttosto mediocri da bambini. Ma ad alcuni geni è accaduto anche questo. Pablo Picasso, come Mozart nel suo campo, era un bambino prodigio. La prima parola che dice dopo mamma e papà è “lapis”, matita. In pratica impara a disegnare prima di aver imparato a camminare. Non è mai facile l’infanzia di un bambino prodigio, soprattutto se si ha un padre martellante che vuole che il figlio realizzi tutto quello che non è riuscito a realizzare lui. Per combinare qualcosa di buono il bambino prodigio dovrà liberarsi del padre e trovare da solo la sua strada, di solito molto divergente da quella immaginata dal genitore. Ecco, Pablo è figlio di Don José Ruiz Blasco, insegnante di disegno e modesto pittore, conservatore a Malaga di un museo che non sarà mai aperto per mancanza di fondi. Dipingeva “quadri da sala da pranzo”, dirà Pablo Picasso molti anni dopo. Ritraeva lepri, pernici, fiori e soprattutto piccioni, centinaia di piccioni, con uno stile realistico disarmante.
Pablo del padre non usa neppure il cognome, preferisce quello della madre. “Picasso” è un cognome italiano – secondo alcuni biografi – preso dal bisnonno materno Tommaso Picasso, nato nel 1787 e trasferitosi in Spagna da Sori, vicino a Genova, all’età di vent’anni.
È una famiglia del tutto spagnola secondo altri. Comunque Picasso bambino si sente andaluso e “meridionale” fino al midollo. Dipingerà e disegnerà corride e toreri a più non posso.
È nato a Malaga in una grande casa bianca, il 25 ottobre del 1881. Nel suo certificato di nascita il suo nome ufficiale è Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad, mentre nel certificato di battesimo è chiamato Pablo Diego José Francisco de Paula Juan María de los Remedios Crispiniano de la santissima Trinidad.
La sua è una casa decorosa dove oltre a sua madre, la nonna e due zie devono sopravvivere con le modeste entrate di don José. Di Malaga ama il clima, il mare, la gente. Soffre moltissimo quando il padre con tutta la famiglia deve trasferirsi a La Coruna, dove ha trovato lavoro in un istituto secondario come insegnante di disegno. Questa città della Galizia si affaccia sull’Atlantico e ha un clima umido per gran parte dell’anno. Qui perde una delle due sorelline nate dopo di lui. È uccisa dalla difterite.
Combatte la pioggia, la tristezza e la solitudine disegnando. Impara a usare il carboncino e come regalo di compleanno si fa regalare solo pennelli e colori. Ma a scuola è un disastro. Non sa leggere e fatica a scrivere. Anzi “gli ripugna scrivere”. Da adulto sarà amico di poeti e scrittori. Da piccolo – oggi diremmo – è dislessico e con molti problemi.
All’esame per ottenere la licenza elementare fa scena muta. Riesce a scrivere il risultato di una addizione copiando fortunosamente il numero che il maestro aveva scritto al contrario sulla carta assorbente. Fatica a interpretare lettere e cifre, ma le disegna in modo fantastico.
Il piccolo Pablo disegna come Raffaello, dicono in molti, anche quando fa caricature a insegnanti e parenti. Quello che il padre gli insegna e pratica con fatica e modesti risultati per lui è gioco e divertimento. La leggenda vuole che a un certo punto il professor Ruiz dichiara di voler gettar via i pennelli dopo aver visto un certa opera di suo figlio. Era un suo ritratto. Pablo confermerà l’episodio: “Allora mi passò i suoi colori e pennelli e da quel momento non dipinse più”.
Professionista a quindici anni. La modestia non sarà mai la principale virtù del giovane Picasso. Alla scuola di Belle Arti di Barcellona si accede con un esame dove il candidato ha un mese intero per preparare un disegno. Pablo lo finisce il primo giorno. Poi non trova necessario aggiungere o togliere un bel niente. Ha ragione. Il disegno andrà bene anche per la commisione esaminatrice, lo trovano perfetto, come la preparazione accademica del suo giovanissimo autore. A Barcellona Pablo è arrivato con suo padre, che ora insegna in un istituto della città, dominata culturalmente e visivamente dal genio di Gaudì. Qui è tutto più grande e solare di La Coruna. La Francia è vicina e molti artisti vanno e vengono da Parigi. Pablo si trova bene a Barcellona e ne assorbe gli stimoli come una spugna.
Pilotato dal papà professore a quindici anni ha già uno studiolo tutto suo in Calle de la Plata. Espone e vende le sue opere come un pittore professionista: bambini, canarini, ritrattini… Di certe sue opere si vergognerà un po’. Ma un suo grande quadro, originariamente pensato come Visita a una malata, è inviato all’Esposizione delle Arti di Madrid. Un medico barbuto sente il polso a una mamma febbricitante. Una suora tiene il suo bambino in braccio. Col titolo furbetto di Scienza e carità il quadro vince una menzione d’onore e Pablo ha la scusa per di sfuggire alla campana di vetro creata dal genitore.
Parte per Madrid e, appena sedicenne, viene subito ammesso ai Corsi Superiori dell’Accademia Reale di San Fernando. Vive con pochissimo e non ha neppure i soldi per comprare la legna per riscaldarsi. Così lavora freneticamente, mangia poco o niente. Si ammala e ritorna a Barcellona, per nulla sconfitto, solo un po’ ammaccato.
L’indipendenza è vicina.
Picasso diventa Grande. Un’estate in campagna lo mette in sesto. Un giovane amico pittore, Manuel Pallarès, lo invita nella casa dei suoi genitori a Horta de San Juan. Per Pablo è un’esperienza straordinaria: si avvicina alla natura, al lavoro nei campi, alla terra e al lavoro manuale. I due ragazzi fanno escursioni nei boschi, dipingono, disegnano insieme. In Picasso resterà sempre il ricordo di queste intense giornate.
Quando ritorna a Barcellona Pablo è un giovanotto molto diverso dal tipo di artista borghese che il professor Ruiz aveva progettato come figlio. Pablo comincia invece ad assomigliare, per carattere e intelligenza, al Picasso che ha rivoluzionato l’arte del Novecento.
Pablo lavora, dipinge e disegna ma passa le notti in una taverna frequentata da anarchici e artisti modernisti, poeti e musicisti. È Els Quatre Gats (i quattro gatti), nome che volutamente ricorda il nome di un celebre locale di Montmatre: Le Chat Noir.
Al Quattro Gatti Miguel Utrillo fa spettacoli di ombre cinesi, si leggono poesie accompagnate dal piano, vengono recitate commedie inedite si fa satira e pettegolezzi. Per Picasso il locale diventa una seconda casa. Ai muri mette in mostra acquarelli e caricature, insieme a menu illustrati, con i quali si guadagna anche le cene.
Al Quattro Gatti Pablo si fa amici e ammiratori, nemici e compagni d’avventure, qui consuma amori che non lasciano tracce. Illustra poesie di poeti catalani, i suoi quadri sono richiesti, qualcuno nella cerchia dei suoi amici lo considera già un “re” della pittura.
Ma Barcellona non è la Francia, non è il mondo. Decide di fare il grande salto. Lo aspettano grandi avventure, grandi amori e tutte le metamorfosi che dal periodo blu e rosa lo hanno fatto diventare l’autore di Guernica.
Nell’ottobre del 1900, insieme a due amici, prende il treno per Parigi. Ha appena compiuto 19 anni. La capitale francese gli darà tanta gloria e una giornata angosciosa: In seguito al furto della Gioconda dal Museo del Louvre (1911), per il suo carattere estroso e irregolare fu sospettato di essere l’autore del furto; fu indagato e interrogato per questo, risultando poi del tutto estraneo ai fatti (sulla vera storia del furto, vedi link). .
Un bel tipetto Picasso ragazzino. Quello che poi scriverà: “Mi ci vollero quattro anni per dipingere come Raffaello. Tutta una vita per dipingere come un bambino”. E ancora quello che a un uomo che lo accusava di dipingere come un bambino di cinque anni, rispose: “Magari potessi! Ogni bambino è un artista. Il problema è poi come rimanere un artista quando si cresce”.
Dalla collana “Quando i grandi erano piccoli”:
- Albert Einstein e la bussola che mise in moto la sua curiosità infinita
- Leonardo da Vinci, bambino e genio “lussureggiante”
- Konrad Lorenz e l’imprinting delle oche: che tipo, quel ragazzino austriaco!
- Amarcord l’infanzia tra i burattini del regista Federico Fellini
- Picasso bambino, geniale e dislessico. Dopo mamma e papà, pronunciò “lapis”
- Enzo Ferrari, il ragazzino rampante
- Charles Darwin e l’importanza di avere un super-nonno
- Nikola Tesla, ovvero niente di meglio di una mamma maga
- Guglielmo Marconi, genietto a Pontecchio nato con le antenne
- Il giovane Stephen Hawking tutto universo, casa e famiglia
- Per un viaggio sulla Luna prenotatevi da lui, Elon Musk, che coltiva e realizza sogni
- Isaac Newton, bambino attaccabrighe universale
- Steve Jobs, bimbo adottato e felice che ha cambiato la vita a tutti noi
- L’infanzia di Napoleone: quando l’imperatore giocava (e menava le mani) con i soldatini
a cura di Luca Novelli per Giannella Channel.
A PROPOSITO/ ANDIAMO A TROVARE ALCUNE SUE OPERE NEI MUSEI ITALIANI
- Galleria d’arte moderna di Torino
- Museo del Novecento di Milano
- Museo permanente arte contemporanea di Amatrice (RI)
- Pinacoteca Civica di Savona
- Pinacoteca comunale “Orneone Marelli” di Terni
- Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino
- Museo d’ arte contemporanea di Udine
Sito ufficiale: picasso.fr
A PROPOSITO
Brera, dai depositi alla ribalta:
le donne a teatro di Picasso,
capolavoro finalmente ritrovato
Riscoperto e restaurato, ecco il Picasso ritrovato della Pinacoteca di Brera che torna in tutto il suo splendore, dopo i lavori curati dal laboratorio di Barbara Ferriani. Spuntato dopo decenni dai depositi, il dipinto di Pablo Picasso è stato recuperato grazie al finanziamento di Radio RTL 102.5, che ha adottato l’opera nell’ambito del programma promosso da Borsa Italiana “Rivelazioni. Finance for fine arts”. Il dipinto ha riacquistato l’originale intensità dei colori, accesi e puri, scelti appositamente per una scenografia di grandi dimensioni, destinata a essere apprezzata da lontano. Già, perché l’opera – La Loge (Le Balcon) – è in realtà un frammento, un “ritaglio” della scenografia realizzata dal maestro spagnolo nel 1921 per lo spettacolo teatrale Cuadro Flamenco, commissionatagli dall’impresario teatrale Sergej Diaghilev.
Storia vuole che fu Diaghilev stesso, per problemi economici, a far tagliare il fondale nel 1926: “Venderò… quelle parti dello scenario di Cuadro Flamenco con incluse delle figure, poiché sono tutte firmate” – si legge nella presentazione della Pinacoteca. “Ho già trovato un acquirente in Germania, e con quel denaro potrò allestire nuovi spettacoli”.
Il pannello – che raffigura due donne in un palchetto del settore in basso a destra dell’originale, dagli abiti scollati, lunghi guanti scuri e capelli raccolti, che evocano le ballerine di Toulouse-Lautrec – è stato acquistato nel 1976 dallo Stato italiano per le collezioni di Brera ma solo ora ritrova il giusto posto tra i capolavori della Pinacoteca. (Fonte: la Repubblica, 6.11.2015)
(via mail)
Quanto al cognome materno Picasso, è comunissimo nella zona di Recco, Camogli e Sori. Ho abitato a Camogli per un po’ e il mio vicino di casa si chiamava Picasso (però non dipingeva. ma produceva olio d’oliva!).