L’industria della carta stampata è in crisi un po’ in tutto l’Occidente, ma ci sono almeno due posti dove la tecnologia non riesce a sostituire il giornale di carta. Secondo i dati diffusi dall’Associazione mondiale della carta stampata, in Islanda e Giappone praticamente tutti i cittadini continuano a leggere il quotidiano. E mentre il numero di abitanti dell’isola nordeuropea relativizza il 96 per cento dei lettori, il dato impressionante è quello che viene dall’ultratecnologico Oriente: il 92 per cento dei giapponesi legge il giornale di carta.
Non è un caso, infatti, che i primi tre quotidiani più diffusi al mondo sono lo Yomiuri, l’Asahi e il Mainichi Shimbun, tutti e tre di base in Giappone e che doppiano se non triplicano ogni anno le copie vendute dal quarto giornale più letto al mondo, il Times of India. Lo Yomiuri, compresa la sua versione serale, vende 13,5 milioni di copie al giorno. Con 9,98 milioni di giornali da sola l’edizione del mattino vende più copie di tutti i quotidiani inglesi messi assieme. Il primo tra i giornali europei per vendite, il Sun inglese, impallidisce con le sue 2,5 milioni di copie al giorno. Secondo i dati dell’Associazione giapponese dei Quotidiani e degli Editori, nel 2011 si sono venduti 48,35 milioni di copie ogni giorno, con una flessione dell’1,97 per cento rispetto al 2010.
Uno dei motivi per cui l’industria dei giornali giapponesi va in controtendenza rispetto al trend mondiale è che il modello di business è molto diverso. Il Giappone gode di un sistema di distribuzione dei quotidiani capillare che esclude quasi completamente l’acquisto in edicola: la consegna avviene a domicilio e copre la totalità del paese. Il mezzo di trasporto più diffuso è il treno, e non si sale su uno Shinkansen senza quotidiano.
Fondamentale poi l’attenzione alle notizie locali: il rapporto con il cittadino, secondo gli analisti di Tokyo, fa guadagnare alla testata autorevolezza e fiducia da parte dei lettori. Esemplare è la storia del quotidiano Ishinomaki Hibi Shimbun, quotidiano locale da quattordicimila copie al giorno. L’11 marzo il maremoto colpì gran parte della prefettura di Miyagi e si portò via anche la redazione del giornale. I sei giornalisti hanno continuato a scrivere a penna i pezzi, ricopiandoli e distribuendoli nei centri degli sfollati. Fino a quando non è stata ripristinata l’elettricità, e si sono potute usare le fotocopiatrici. Tutto questo perché secondo Hiroyuki Takeuchi, caporedattore dell’Ishinomaki,
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(via mail)
Presto si svolgerà il Congresso della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana), una occasione per discutere e indicare soluzioni. Negli ultimi mesi si sono lette proposte incredibili da tutte le parti anche (!) con richieste economiche che ignorano la crisi profonda del settore: calo vertiginoso dei ricavi pubblicitari (-68% negli ultimi 12 anni), edicole che chiudono ed entrate dalle vendite in forte contrazione (-52% dal 2007 a oggi). Eppure la soluzione c’è ed è stata brevettata in Giappone: con 72 milioni di copie vendute ogni giorno, contro i 58 milioni degli Stati Uniti e i 26 della Germania, il mercato giapponese dei quotidiani è il più grande al mondo. I giapponesi leggono i giornali di carta, perché gli editori hanno organizzato, con l’utilizzo degli studenti (edicolanti volanti), un sistema di distribuzione efficiente che sostituisce le edicole. I quotidiani vengono portati a casa dei lettori ogni giorno all’alba. Non possiamo fare lo stesso in Italia? Propongo la diffusione della lettura dell’articolo del quotidiano Il Foglio che spiega il sistema giapponese. Se i giornali si vendono e danno profitti, è possibile al sindacato presentare piattaforme rivendicative anche occupazionali con probabilità crescenti di successo.