CONOSCERE L'ORSO PER IMPARARE A CONVIVERCI: IN ABRUZZO E TRENTINO DUE DRAMMI CHE FANNO DISCUTERE NELLA VALLE FRIULANA DI CASASOLA

Testo di Salvatore Giannella conduttore del dibattito nel video allegato

Nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre l’orsa più famosa, fotografata e citata d’Abruzzo, Amarena, madre di tre cuccioli (nella foto AGI d’apertura), è stata uccisa a colpi di fucile a San Benedetto dei Marsi. “È una storia da decifrare, che ci riguarda, anche se non è facile affrontarla”, scrive su Domani il bravo divulgatore Ferdinando Cotugno. “È successo in una regione dove la convivenza con gli orsi è più radicata, un territorio che negli ultimi mesi era stato raccontato come un modello di convivenza tra i grandi carnivori, gli esseri umani e le loro attività…Anni di lavoro delle istituzioni e delle organizzazioni per far funzionare questa convivenza difficile rischiano di essere stati  bruciato in una notte. Come è stato possibile?…  Scelta, colpa e responsabilità individuale di chi le ha sparato, certo, ma anche effetto di un clima politico e mediatico che ha fatto aprire e infettare questa ferita, il conflitto con l’orso che diventa paura dell’orso e ostilità all’orso. La convivenza con i grandi carnivori non è mai una passeggiata, non lo è nei territori storici (come l’Abruzzo) e non lo è nei territori nuovi (come il Trentino), Amarena non era un animale aggressivo o pericoloso, era solo un animale che aveva perso la paura nei confronti degli esseri umani, era confidente, frequentava i centri abitati perché noi l’abbiamo attirata, cercata, fotografata, trasformata in gioco, attrazione, piccola celebrità locale. Amarena è morta nella contraddizione tra l’orso turistico romanticizzato e umanizzato e la paura irrazionale dell’orso cattivo, alieno e pericoloso. Non era nessuna delle cose, era una confusione tutta nostra, non sua, frutto del nostro incompleto e fallace rapporto col naturale. Perdere un’esemplare su una popolazione di circa sessanta orsi è un danno ecologico, per una specie che vive pericolosamente sul filo, sempre a una brutta stagione di distanza dall’essere davvero in pericolo di sparire. È un danno economico, di immagine, per un territorio che ha costruito tutta un’economia sull’orso. Ed è una ferita culturale, ci costringe ad ammettere che non abbiamo ancora capito niente di come gestire e vivere sul confine tra umano e selvatico.

Questa brutta pagina di cronaca si aggiunge a un’altra registrata tre mesi prima in Trentino, quando l’orsa dal nome meno romantico di JJ4 ha aggredito e ucciso un giovane runner, Andrea Papi, che era capitato involontariamente vicino alla tana dove viveva con i suoi cuccioli.  Proprio a illuminare esperienze pratiche e azioni da intraprendere per favorire la necessaria convivenza tra orso e umanità, garantendo la sicurezza della popolazione, era dedicata l’incontro a Casasola, frazione di Frisanco (Pordenone) di sabato 15 luglio, organizzato sotto il cielo stellato da due apostoli della bellezza e innamorati della natura e degli animali: Rosanna e Gabriele Centazzo.

Casasola (Pordenone). Il folto pubblico che ha seguito il dibattito sulla convivenza tra uomo e orso.

Testimoni: ricercatori scientifici, rappresentanti delle associazioni protezionistiche (WWF e LAV) e delle associazioni venatorie. Con la rivelazione  a sorpresa di Fulco Pratesi, fondatore del Wwf Italia (a proposito: auguri per l’89mo compleanno), che iniziò la sua avventura protezionistica di una vita proprio dall’incontro di lui, cacciatore, con un’orsa alla quale non volle sparare. Qui a seguire l’istruttivo video della serata,  introdotto dall’organizzatore Gabriele Centazzo (visibile sulla sinistra del palco dei relatori), conclusa con la proiezione dell’avvincente film  L’orso di Jean-Jacques Annaud.

 

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