Anche Giannella Channel aderisce all’iniziativa di Radio2 e della trasmissione Caterpillar M’illumino di meno a favore della sensibilizzazione per il risparmio energetico. E lo facciamo ripresentando una storia curiosa del Natale 1898 che combina la neonata luce elettrica e l’ambasciata italiana a Mosca. Venerdì 23 febbraio, dalle ore 18, tutti sono invitati a spegnere le luci superflue, sia nelle case che nei luoghi pubblici, preferendo l’illuminazione a base di candele o semplicemente quella delle stelle. Sul sito di caterpillar (caterpillar.blog.rai.it) è possibile segnalare sulla mappa dedicata all’evento la propria adesione all’iniziativa.

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Il palazzo che ospita l’Ambasciata d’Italia
a Mosca, in Denezhny Pereulok, 5

L’edificio massiccio della facciata di pietra chiara che è sede dall’Ambasciata d’Italia a Mosca non ha una lunga storia. È il palazzo del ricco e colto industriale Serghej Pavlovic Berg, proprietario di fonderie, miniere e commerci dell’impero russo. Quel palazzo è rimasto celebre nella storia minore della Mosca di fine secolo per lo scandalo successo proprio il giorno dell’inaugurazione, durante il periodo di Natale nel 1898. Il palazzo del Denezhny Pereulok 5 era una delle prime residenze signorili della seconda capitale della Russia che avesse il campanello alla porta e la luce elettrica in casa. I Berg volevano adeguatamente celebrare l’innovazione: così, i biglietti d’invito per la festa natalizia dell’inaugurazione, fatti stampare dall’ingegner Berg in una tipografia italiana, arrivarono puntualissimi: le signore della società moscovita erano invitate “al primo ricevimento elettrico” di Mosca. L’eccitazione era grande anche perché l’invito conteneva la promessa di “liete sorprese”.

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Vladimir Giljarovskij (1855 – 1935)
è stato uno scrittore, giornalista e storico russo.

Alle sette la signora Berg girò l’interruttore per accendere il grande lampadario e la luce elettrica (nuova per Mosca e soprattutto per le signore abituate a truccarsi pensando all’effetto della luce di acetilene) si proiettò sui volti devastandoli e creando, invece della lieta sorpresa, un disagio improvviso che fece scappare tutte le invitate della sala. A raccontare questo curioso episodio è, nella cronaca mondana del tempo, un giornalista famoso a Mosca all’epoca, Vladimir Giljarovskij, amico di Anton Cekhov. Il famoso giornalista descrive l’episodio proprio con certi accenti, appunto, da teatro cekhoviano e segna l’inizio di una serie di avvenimenti che, nei quasi cento anni che sono seguiti, hanno dato alla casa la peculiare atmosfera che ancora mantiene.

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Fonte: Viktor Gaiduk per rimRimini, Editoriale Delfi di Salvatore Giannella, 1998.