Care e cari lettori,

credo di fare cosa utile facendovi conoscere l’articolo inviatomi da Francesco Rutelli (foto in apertura), fondatore del Centro per un Futuro Sostenibile e presidente dell’Institute of European Democrats: un’analisi lucida e articolata sulla crisi da Covid-19 e sui suoi effetti riguardo alla sfida climatica.

È un tema che corre il rischio di essere messo tra parentesi, soprattutto dopo il rinvio del Vertice mondiale sul Clima previsto dal 9 al 20 novembre di quest’anno a Glasgow. Invece, oggi più che mai, dobbiamo tenere i riflettori accesi sull’emergenza climatica (anche perché più inquinamento = più virus) e sul Green Deal europeo, che costituisce una prima importante risposta, sia pure da perfezionare, per arginare le gravi conseguenze della crisi climatica.
Sicuro che vorrete contribuire, con commenti e proposte, a tenere vivo il dibattito sulla questione, vi ringrazio per l’attenzione e vi invio un abbraccio virtuale ma sentito.
(s.g.)


Che effetto avrà l’irruzione del Coronavirus per la sfida globale sui cambiamenti climatici?
La crisi climatica è iniziata, ma fino a ieri era rimasta lontana, rispetto alle concrete capacità di decisione e azione strategica dei governanti e ad agende politiche inchiodate sull’immediato, sulle prossime elezioni. Con l’emergenza Covid-19 questa crisi finirà ancora più indietro nelle agende della politica e dell’economia, o magari verrà mitigata, a causa del rallentamento delle attività produttive, energetiche, dei trasporti, del turismo?
Provo a leggere cinque principali cambiamenti nel contesto globale, e cinque novità, per affrontare la crisi climatica.

  1. La pandemia del Coronavirus è stata e viene finora affrontata con un debolissimo coordinamento internazionale. Gli organismi sovranazionali (dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, alle stesse Nazioni Unite) operano senza poteri. Possono emettere consigli, ma neppure sono in grado di sovrintendere a statistiche omogenee e credibili sull’andamento della malattia. Ciascuna nazione opera per conto proprio. La gestione dell’emergenza risponde a visioni e provvedimenti scoordinati; le ‘narrazioni’, e il soft power basato sulla comunicazione, sono parte di conflittualità geopolitiche; queste competizioni, se non si passerà a cooperazione multilaterale e responsabilità condivise, possono sfociare in conflittualità geostrategica, sia in caso di allargamento della pandemia verso nazioni povere e prive di strumenti di contenimento, sia per il posizionamento e l’egemonia economica, una volta usciti dall’emergenza. Per l’Unione Europea, per la democrazia in Europa, il tempo corre veloce, e l’alternativa è secca: maggiore integrazione, oppure disintegrazione.
  2. La pandemia sta comportando una sospensione delle procedure democratiche in molte parti del mondo, per ovvie ragioni legate all’emergenza. Rinvio di elezioni, limitazione o chiusura delle attività dei Parlamenti, situazioni di vero e proprio accentramento coercitivo/autoritario: si configurano scenari molto diversi; in quelli estremi, assai inquietanti e pericolosi.
  3. Il paradosso dei sovranismi si sta esasperando. Crescono, cioè, il consenso verso soluzioni ‘sovrane’ e l’assertività pro-chiusure, rispetto a economie e società aperte. Mentre l’irruzione del Coronavirus è il più chiaro esempio della natura integrata, complessa, sovranazionale dei problemi (e delle soluzioni) davanti a noi. Un approccio scientifico condiviso è indispensabile: è tempo di una stagione di citizen science. È concretamente impossibile, ad esempio, continuare a sentir dire “Climate Change is a hoax” (una bufala).
joshua-lederberg

Joshua Lederberg (Montclair, 1925 – New York, 2008). Conseguito il dottorato in microbiologia all’Università di Yale nel 1948, iniziò una lunga carriera di ricercatore, che lo condusse presto (nel 1958, a soli 33 anni) a conseguire il Premio Nobel per la medicina “per le scoperte sulla ricombinazione genetica e l’organizzazione del materiale genetico dei batteri”. Mentre era a Yale, Lenderberg si sposò con Esther Zimmer, anche lei microbiologa, con la quale lavorò per il resto della sua vita. Insieme svilupparono una tecnica, la replica plating, che permise loro l’identificazione di ceppi antibiotico-resistenti. Aveva sviluppato l’idea di creare un sito web informativo per la National Library of Medicine usando il materiale accumulato nella sua vita. Sua è la frase:
“Viviamo in competizione evolutiva con microbi, batteri e virus.
Non c’è nessuna garanzia che saremo noi a sopravvivere”
.

  1. Infezioni universalmente trasmissibili sono in grado di fermare per un periodo non breve le interrelazioni fisiche, gli scambi commerciali, interi settori produttivi e dei servizi. Tra i fenomeni dell’Antropocene (l’Era in cui viviamo, in cui i 7,7 miliardi di umani sono in grado di modificare – per molti aspetti, irreversibilmente – gli equilibri ecosistemici preesistenti), vi è un’evoluzione dell’”ecologia dei virus”, con l’impatto crescente di zoonosi, infezioni causate da virus, batteri, funghi ed altri agenti che si adattano all’uomo. L’origine del COVID-19 sarebbe assimilabile ad altre epidemie generate dall’uso di specie selvatiche per la nutrizione o la preparazione di medicinali tradizionali (sia in ambienti di recente urbanizzazione, e con forti e rapide connessioni di trasporto; che, ad esempio, in contesti che hanno visto il recente inserimento di comunità umane nelle aree in deforestazione). L’inquinamento atmosferico (con le particelle sottili) contribuisce a favorire queste dinamiche. Appare meno implausibile la previsione del batteriologo Premio Nobel (1958) Joshua Lederberg:
    La specifica, maggiore minaccia per la prosecuzione del dominio dell’uomo sul Pianeta viene dai virus.
  2. Il governo dell’emergenza – con misure che hanno portato in alcune settimane al simultaneo confinamento domestico di oltre la metà della popolazione umana – indica concretamente la potenzialità di provvedimenti eccezionali in caso di minacce incombenti per l’incolumità pubblica. Dunque, anche di fronte al rischio – o alla realtà – del superamento di un tipping point, con lo scatenamento di effetti dei Cambiamenti climatici che nessuna ‘geoingegneria’ potrebbe scongiurare. Questi scenari non saranno più soltanto parte di documenti confidenziali e proiezioni delle Intelligence, o di rapporti discussi in vertici economico-finanziari ‘elitari’.

Veniamo a prime riflessioni a proposito dei cambiamenti che possono incidere sui fattori energetici, economici, e le politiche.

  1. Le previsioni che si possono fare oggi sull’andamento delle emissioni di CO2 lasciano, per così dire, il tempo che trovano. Ovviamente le emissioni sono in significativo calo in questi mesi (le prime stime parlano di una riduzione del 25% a livello mondiale). Ma le tendenze vanno analizzate – come anche per le crisi economiche precedenti – su un periodo di tempo che includa l’intero anno 2020, e si proietti nel dopo-emergenza. Vedremo se con la ripartenza economica si creeranno, o meno, le condizioni per dis-accoppiare stabilmente crescita economica e crescita delle emissioni.
  2. Tra gli elementi da considerare, i cambiamenti nei comportamenti sociali: cosa non si ripeterà com’era prima? Telelavoro, rinuncia ai viaggi, riorganizzazione della logistica avranno un impatto permanente? Al di là degli aspetti politico-comunicativi, va ricordato che l’impatto del traffico aereo sulle emissioni globali è di circa il 2,5%; che il consumo energetico che assicura il traffico globale di Internet è molto rilevante; che la catena dei grandi servizi logistici (sino alle consegne a domicilio) è tutt’altro che ecologicamente neutrale. Prendiamo, come mero spunto di riflessione, un esempio dagli Stati Uniti: la differenza nei livelli di contagio tra New York e Los Angeles, che interpella una nuova, possibile inversione a U nel dibattito sulla salubrità delle grandi città, dopo l’idea del secolo scorso sul beneficio della città-giardino contro l’inferno di Gotham City, e il suo successivo rovesciamento, per cui la metropoli compatta, densificata, è più sostenibile rispetto a quella divoratrice di suolo, priva di trasporti pubblici efficienti, energivora, oltre che più povera nelle relazioni sociali. Le reti dense del trasporto collettivo – rispetto al trasporto individuale – e la congestione negli spazi pubblici sono stati indicati in queste settimane tra i fattori di diffusione del contagio nell’area newyorkese. Con questo esempio, intendo dire che non sono facilmente prevedibili le conseguenze emozionali, psicologiche, socio-comportamentali che deriveranno dal lockdown di questi mesi. Conseguenze maggiori ricadranno senz’altro sul settore dei trasporti.
  3. Impatto della crisi e comportamenti sociali hanno ovviamente conseguenze economiche ed occupazionali, e così le avranno le politiche pubbliche per far fronte a queste conseguenze. Gli interventi urgenti per tutelare il lavoro e le imprese si muoveranno lungo i canali tradizionali (ad esempio, sostenendo il comparto oil & gas), oppure su altri indirizzi? Questo riguarda il cosiddetto Green Deal europeo, ma – assai di più – le politiche congiunturali messe in atto da Stati Uniti e Cina; poi India, e così via.
  4. Il crollo del prezzo del petrolio porta benefici, o maggiori problemi? Ovvero, proprio perché costa poco, vi è il rischio che sia usato con minore efficienza (anche per l’immissione di quantitativi spropositati nell’ambito del conflitto in seno a OPEC+, che tocca in particolare Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti)? Le enormi riserve e il basso costo di estrazione in Arabia Saudita porteranno a nuovi equilibri (comunque ad un prezzo più alto dell’attuale). Ad esempio, il mercato degli ETS europei – alla base di una potenziale, oggi meno probabile, carbon tax – oggi è ai minimi. Gli investimenti in rinnovabili sono molto più convenienti, per la resa economica rispetto ad oil & gas, ma già ora si stanno registrando cali sensibili in questi investimenti, a causa della riduzione della domanda.
  5. Abbiamo appena pubblicato un Rapporto di circa 200 pagine a cura dell’Institute of European Democrats di Bruxelles, che affronta in modo completo le minacce derivanti dall’innalzamento dei mari e dagli sconvolgimenti conseguenti alla crisi climatica: Sea Level Rise. A crucial challenge for the future of cities and communities, ecosystems and the heritage, in our world upset by the Covid-19 outbreak. Il mondo ha assistito, appena nel novembre scorso, alla tremenda “Acqua alta” veneziana; riceve continue notizie sullo scioglimento dei ghiacci, su conseguenze e proiezioni riguardanti la vita di centinaia di milioni di persone in aree costiere minacciate da alluvioni ed eventi estremi, con impatti enormi sull’economia, le infrastrutture, il patrimonio: un ulteriore rinvio di 5 anni nell’affrontare la crisi climatica porterebbe all’accrescimento di altri 20 cm del livello dei mari, quasi quanto avvenuto (23 cm) dal 1880 a oggi. Questo nostro lavoro è una piccola testimonianza della volontà di non considerare che i problemi del mondo di ieri potranno scomparire. Al contrario: l’emergenza di oggi fornisce chiavi di lettura nuove per una collaborazione della comunità internazionale che è assolutamente indispensabile. Il Vertice mondiale sul Clima, previsto per novembre 2020 a Glasgow, Regno Unito, è stato appena cancellato. È una pessima notizia, si perderà un anno rispetto a impegni e scadenze sempre più urgenti. Oppure no: in parallelo con le elezioni megli Stati Uniti, il Vertice sarebbe stato condizionato dalla decisione di Donald Trump di ritirarsi dagli Accordi sul Clima. Questa emergenza globale potrebbe essere l’occasione per un reset dell’agenda e delle priorità dei governanti del mondo, a partire dall’ineludibilità della crisi climatica. Contenere attorno a 1,5° (e comunque sotto i 2°) l’incremento della temperatura media terrestre a fine secolo – come stabilito negli Accordi di Parigi del 2015 – è un imperativo più importante che mai. Occorre comprendere meglio, valutare meglio, e aiutare le istituzioni europee, internazionali e le forze della società ad esercitare il vero soft power che serve all’avvenire del Pianeta: quello delle idee e delle soluzioni condivise.

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* Fonte: Francesco Rutelli (Roma, 1954). Ha iniziato la propria attività politica nel Partito Radicale, di cui divenne segretario nel 1980 e di cui fu deputato dal 1983 al 1990. Fondatore dei Verdi Arcobaleno (confluiti poi nella Federazione dei Verdi), ricoprì la carica di ministro dell’Ambiente nel Governo Ciampi. Dal 1993 al 2001 sindaco di Roma. Confluito nel Partito Democratico nel 2007, ha ricoperto il ruolo di ministro per i Beni e le attività culturali e vicepresidente del Consiglio nel Governo Prodi II. Ha presieduto e fondato varie iniziative per la conservazione e promozione del patrimonio culturale e ambientale. Dal 2016 è presidente dell’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali, rieletto anche per il triennio 2020-2022. ** HuffPost è un blog statunitense fondato nel 2005 da Arianna Huffington, Kenneth Lerer, Jonah Peretti e Andrew Breitbart, e in breve tempo diventato uno dei siti più seguiti del mondo. Vanta una media di interventi pari a circa un milione al mese e tremila blogger permanenti. Tra le versioni locali figura anche quella in lingua italiana, edita con il gruppo l’Espresso e diretta fino a febbraio 2020 da Lucia Annunziata.

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  • Già anni fa 24 premi Nobel che incontrai a Lindau, suonarono l’allarme sui cambiamenti climatici. Da 69 anni, la prima settimana di luglio vede confluire a Lindau, sulla costa tedesca del Lago di Costanza, un gruppo di premi Nobel che trasmettono a giovani scienziati il loro sapere. Motore instancabile la giovane Bettina Bernadotte, che un giorno mi ricevette nella sua “isola dei fiori” (testo di Salvatore Giannella per “Io Donna”)
  • Quale giornalismo nell’epoca delle grandi crisi. A colloquio con Salvatore Giannella. “È stato fra i primi a ‘illuminare’, già negli anni Settanta, storie e vicende di un’Italia che pochi raccontavano”, scrive il nuovo quotidiano online Sapereambiente. “E il suo Airone (1986-1994) rimane come un capitolo memorabile nella storia dell’editoria non solo ambientale. Lo abbiamo intervistato per capire in che modo oggi le narrazioni possano formare alla sostenibilità e contribuire al cambiamento” (testo di Valentina Gentile per “Sapereambiente”)
  • Il futuro dell’ambiente? È nero come i ghiacciai. Saggi lampadieri, aiutateci a illuminare la giusta strada. Si è aperta con un grido d’allarme a più voci (quelle di Luca Mercalli, meteorologo; di Gianfranco Bologna del Club di Roma; di Claudio Smiraglia, glaciologo; di Richard Samson Odingo, fisico e premio Nobel 2007 per la pace e di Giovanni Onore, entomologo) la due giorni, organizzata da Premio Gambrinus “Mazzotti”, FAI – Fondo Ambiente Italiano, CAI – Club Alpino Italiano, Touring Club e Premio Rigoni Stern, dal titolo emblematico “Mai più la montagna presa in giro”. Salvatore Giannella ha coordinato in Asiago gli Stati generali dell’ambiente che hanno visto premiati i primi quattro “lampadieri dell’ecologia”
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Lindau (Germania), 2009: Salvatore Giannella davanti alle gigantografie che ricordano i Nobel protagonisti degli incontri con i giovani scienziati. Tra questi Paul Crutzen, autore di Benvenuti nell’Antropocene, l’era dell’Uomo, la prima era geologica nella quale le attività umane sono state in grado di influenzare l’atmosfera e alterare il suo equilibrio.