Caro Giannella,
ho letto con molto interesse il profilo biografico dedicato alla figura di Luigi Malkowski, uno degli illuminati “guardiani della memoria” alla cui opera e lungimiranza hai progettato un premio omonimo per ricordarne il grande valore.
Mi permetto allora di portare a conoscenza tua e degli internauti di Giannella Channel una nuova storia che per certi versi ĆØ altrettanto emozionante e, forse, per la sua peculiaritĆ potrebbe ambire al Premio Malkowski ai guardiani della memoria. Si tratta della cronaca di un giorno nella nuova vita avventurosa intrapresa dal lucano Antonio La Cava, insegnante per 42 anni, oggi in pensione, delle scuole elementari di Ferrandina (Matera) che, una volta dimessi i panni di “Maestro”, ha deciso di portare, con il suo Apecar usato trasformato in Bibliomotocarro, 700 libri in lettura o regalo ai bambini dei vari paesini della regione Basilicata. Ogni sabato il “maestro a domicilio” Antonio percorre circa 500 chilometri, si fa annunciare dal suono di un organetto e trasmette ai più piccoli la passione per la lettura. Prima di ripartire, apre il suo libro bianco e i bambini ci scrivono tutto quello che vogliono, storie e racconti personali. Ecco a seguire il mio racconto di questa favola che potrebbe rappresentare a pieno titolo il primo passo verso Matera Capitale europea della Cultura 2019.
Dalla curva a gomito nascosta dietro lāabitazione dā Cardonā giungono fievoli le vivaci note della Marcetta Popolare di Ennio Morricone. Il paese ĆØ annichilito dal pomeriggio rovente di questo 13 agosto, che non vuole saperne di dare un calcio alla palla di fuoco per mandarla anzitempo dietro le cime della foresta Colonna. Esausti, al pari dei cani acquattati sotto i veicoli parcheggiati alla chi se ne frega, i battagli del convento di SantāAntonio faticano a martellare i quarti dāora. Tutta Stigliano langue in un bagno di sudore. Nellāaria immobile, vischiosa, aggirata la casa, unāApecar 50 sbuca arrancando al ritmo della musica verso piazza Garibaldi, sotto gli occhi impigriti di alcuni piccioni gruganti allāombra tagliente dei cornicioni.
Ā«ChissĆ perché⦠cāĆØ sempre qualcuno pronto a rompere le palle!Ā», farfuglia Totonno con i baffi perlati di gocce salmastre. Ā«In giornate come queste, pure le serpi cercano riparo. Solo āsti fessacchiotti girano una continuazione in macchina e motorino. Speriamo gli spuntino delle emorroidi grosse come ciliegieĀ».
Ā«E finiscila Totò! Lasciami riposareā¦Ā», lo rimbrotta la moglie dalla camera da letto.
«Teresì, tu non sai dire altro⦠Piuttosto, perché non mi chiedi come mai dopo pranzo ho dovuto buttar giù due bicchieri di Amaro Lucano?».
«Cosa vuoi dire, che non hai gradito la lasagna al forno con polpette e salame piccante che mi avevi comandato? Sbaglio, o forse nel tuo piatto non è rimasto proprio niente?».
La musichetta si fa sempre più nitida. Il tre ruote, superata piazza Zanardelli, prosegue tra due fila di edifici sopraelevati, rimandando unāeco senzāanima: sorda come il ventre di una giara dal collo stretto o secca come il picchiettare degli zoccoli dei muli in piena notte? Questo cerca di stabilire Ciccio, distratto dallāavanzare dello strano motociclo. Seduto proprio di fronte, su una panchina allāombra di un platano e forte degli studi da geometra, spesso ĆØ portato a osservare le opere degli altri nella speranza di riuscire, prima o poi, a costruirne una tutta sua. Appunto ĆØ assorto nel confronto tra lāarchitettura di palazzo Salomone, che domina da oltre un secolo piazza Garibaldi, e lāammasso delle più recenti costruzioni che si arrampicano sgraziate una sopra lāaltra. Il ciclomotore continua ad avvicinarsi. A questo punto, sistemandosi la giacca buttata sulle spalle, Ciccio volge lāattenzione sul motocarro a casetta, con tanto di tegole e comignolo, dipinta con i toni del cielo. Lentamente, il mezzo accosta lƬ vicino, sāinterrompe la musica e una doppia accelerata spegne il motore. Il silenzio torna a regnare sovrano. Anche il calabrone che di tanto in tanto ronzando aveva disturbato Ciccio, sembra essersi dileguato. Tuttavia, per precauzione, lui rotea sospetto lo sguardo per accertarsi che lāinsetto non sia prossimo a lanciarsi come uno Stuka sulla sua narice pronunciata.
Ā«Mah, speriamo ka na venā ancorā a rombā lācuazzāĀ» bofonchia tra sĆ©, mentre il conducente dellāApecar apre lo sportello tamponandosi con un fazzoletto bianco il sudore dal collo e dalla fronte. Ā«E kossā da donnā venāā¦Ā»
A distoglierlo dalle sue considerazioni ĆØ la vocina del forestiero, affaticato dal lungo serpentone di curve cha ha dovuto superare per giungere a Stigliano.
Ā«Sentite. Ho unāarsura che non ce la faccio più. Nel bosco di Montepiano mi sono dimenticato di fermarmi a bere alla fontana e adesso non so dove andare, visto che tutti i bar sono chiusiā¦Ā».
Ā«Eh, eh, eh. Caro signoreĀ» risponde Ciccio, Ā«siete ā¦Ā».
«Lasciamo perdere il signore. Mi chiamo Antonio⦠Antonio La Cava».
«Piacere. Io sono Francesco Paolo, tutti però mi conoscono come Ciccio. Allora, vi stavo chiedendo come mai siete finito in questo paesone di lazzaroni⦠Da dove venite?».
«à da stamattina presto che sono in giro. Con il mio Bibliomotocarro sono passato da Garaguso, Oliveto Lucano e San Mauro Forte. Poi visto il caldo, invece di tornare sulla Basentana per rientrare a casa a Ferrandina, mi sono detto che forse era meglio passare dal bosco per viaggiare allāombra. Purtroppo però, dal bivio di Cirigliano fino a qui non cāĆØ più un albero neanche a pagarlo e mi sono arrostito nellāabitacolo. Ma non ci sono fontane in paese?Ā».
Ā«Una volta eravamo pieni di fontanili. Ormai hanno chiuso pure quelli. Se proprio non ce la fate più, vi posso offrire lāacqua di casa miaĀ».
«Grazie, ma non voglio disturbare».
Ā«Quale disturbo⦠Lo dice anche il Vangelo di dare da bere agli assetatiā¦Ā».
Ā«Beh, se lo dice il Vangelo allora posso approfittare. Comunque non pensavo che a questa quota il sole potesse sciogliere lāasfaltoā¦Ā».
Ā«Eh, sƬ. Come potete vedere qui non ci facciamo mancare nulla. Caldo, freddo, neve e chiacchiere quante ne volete. Ma fatemi capire, perchĆ© con stoā caldo vi siete messo a girare per questi paesi dimenticati dal Signore?Ā».
«Per regalare libri ai bambini».
«Regalare libri ai bambini??? Ma se dalle nostre parti si pensa solo a mangià ».
«Appunto io dispenso cibo per la mente».
Ā«Ah, Ah, Ah. Questa mi piace. Però vi devo dire la veritĆ . Nel cominciare a sentire la musichetta e il rumore del motore del vostro mezzo ho pensato si trattasse del solito ambulante che viene a vendere pentole e scope a buon mercato. Quando poi vi siete fermato qui davanti ho creduto che foste uno di quei migranti clandestini, sapete di quelli che adesso sbarcano a frotte in Italia, che si era costruito unāabitazione mobile come quella di Totò cerca casa o come se ne vedono in AmericaĀ».
Ā«Ah, Ah, Ah. Questa della casetta alla Totò non me lāaveva detto ancora nessunoĀ».
«Posso vedere come è fatta dentro?».
Ā«Certo che sƬ. Accomodatevi pure, anche se oggi lāinterno sembra un altoforno dellāIlvaĀ».
Sistemandosi la giacca sulle spalle, Ciccio si avvia con passo lento verso il motocarro, gettando uno sguardo sottecchi alle case circostanti per controllare se cāĆØ qualche spione acquattato dietro le tende dei balconi. āGuarda, guardaā¦ā, farfuglia tra sĆ© mentre, appena aperto lo sportello posteriore, lāonda di calore lo investe in piena faccia umidendogli la fronte. Ā«I tre porcellini, Kim, Zanna Bianca, Tarta Rughina cerca casa, Cuore, Peppa Pig, Lāultimo dei Mohicani, Io non ho paura, Geronimo Stilton⦠mai sentito. Somiglia un poā a Topo Gigio. Cristo si ĆØ fermato a Eboli, Se questo ĆØ un uomo, La Gabbianella e il gatto che le insegnò a volare⦠Ha⦠Ha⦠Ha⦠Ha⦠Harry Potterā¦Ā»
«Che ne dite, devo essere davvero pazzo?», chiede ironico Antonio La Cava.»
Ā«Non credo. No, non credo proprioĀ» risponde Ciccio asciugandosi il sudore con il dorso della mano sinistra, mentre con lāaltra stringe il reverse della giacca per non farla cadere a terra. Ā«E poi di pazzi in giro ne basta uno e avanza, che sarei ioĀ».
«Ah, ah, Ah. Ma sapete che siete proprio un bella sagoma. Io arrivo disperato dalla sete, vi chiedo da bere e invece mi ritrovo più assetato e sudato di prima a chiacchierare sotto questo sole saraceno».
Ā«E che ci volete fare, siamo gente del Sud. Una parola tira lāaltra e cosƬ passa la giornataā¦Ā».
Dopo una brusca e fastidiosa frenata, dei ragazzi a bordo di una Panda con i finestrini aperti e lo stereo a tutto volume salutano Ciccio con ampi gesti delle mani.
Ā«Ma dove andate kā stoā cuaudā?Ā», risponde lui.
«Stiamo partendo».
Ā«Ma che partite a fa’, se poi dovete tornareĀ».
«Sì, siete proprio una sagoma», ripete La Cava divertito. «Mi sa che qualche volta vi dovrò portare con me. Sono certo che attirereste molta gente intorno al bibliomotocarro».
«Ma a proposito, avete almeno mangiato?», ribatte Ciccio cambiando discorso.
«Quando faccio questi viaggetti di solito mangio una volta tornato a casa. Durante il tragitto mi arrangio con due fichi secchi e qualche mandorla».
«Beh, visto che ancora non siete morto per la sete, perché non mi raccontate come funziona il vostro lavoro?».
«à molto semplice. Stamattina, per esempio, sono salito a Oliveto Lucano annunciandomi come solito con unāallegra marcetta musicale. In piazzetta si sono radunati alcuni ragazzini, delle donne e un paio di vecchietti. Dopo qualche occhiata svogliata, però, in un batter baleno si sono dileguati scomparendo nei vicoli adiacenti, tranne un bambinoĀ».
Ā«Scommetto che quando hanno capito che si trattava di libri sono scappati dal terroreā¦Ā».
Ā«Più o meno. Tuttavia quel ragazzino ĆØ rimasto incantato dal mio armamentario, dai volumi variopinti e dalla musica al punto da non volerne sapere di spostarsi dal muso del mio tre ruote. Sembrava che non volesse farmi ripartire. Allora gli ho detto di raggiungere gli amici per continuare a giocare con loro. Ma niente. Come se non mi sentisse. Poi all’improvviso mi ha fatto una domanda: āVerrai ancora a Oliveto?āĀ».
«Ci tornerete ancora?», chiede Ciccio sempre più incuriosito.
Antonio La Cava volge lo sguardo distratto verso un punto indefinito della piazza come se stesse cercando qualcuno, quasi volesse risentire quella voce, quella domanda. Poi fissa le foglie immobili sui platani che li circondano, emette un profondo sospiro, abbassa la testa verso il selciato e risponde con fermezza: «Non ci sono dubbi. Durante il faticoso tragitto che mi ha condotto qui ho pensato molto a quel bimbo. E mi sono detto che è un dovere tornare da lui per premiare la sua curiosità . Questa è la mia missione. Girare per i piccoli paesi lucani e portare in prestito o in dono, anche a un solo bambino, la gioia di leggere un libro».
Ā«Mi sembrate una specie di Babbo Natale della carta stampataā¦Ā».
Ā«Vedo che lāimmaginazione non vi mancaĀ».
Ā«Allora non mi ritenete un bislaccoā¦Ā», domanda compiaciuto Ciccio.
Ā«Niente affatto, appunto mi piacerebbe portarvi qualche volta con meā¦Ā».
Lo stridente risalire della serranda dellāAmerican Bar trancia bruscamente la conversazione. Antonio La Cava strabuzza gli occhi incredulo quasi fosse di fronte a un miraggio. Ma lo sferragliare della saracinesca lo riporta alla realtĆ . Allora, deciso più che mai, rivolgendosi a Ciccio esclama: Ā«Era ora. Adesso ci possiamo scolare una bella Peroni ghiacciataĀ».
Ā«Ma non dovevamo andare a bere lāacqua a casa mia?Ā».
«Stavolta veniamo meno al Vangelo».
Per approfondire:
- Nel piccolo teatro il grande sogno di Cucinelli: la biblioteca universale di Solomeo, in Umbria, un dono a mille anni. Lāinvito mi era arrivato da Brunello Cucinelli, lo stilista e imprenditore famoso nel mondo per una definizione comune nei resoconti giornalistici āre del cashmereā, con parole che prefiguravano un misterioso e affascinante āprogetto per lāUmanitĆ ā: āAgli amabili amici di tanti anni presenterò, con il mio stimatissimo amico architetto Massimo de Vico Fallani, un nuovo progetto, un sogno nato tempo fa, destinato a durare mille anni grazie al valore perenne del suo significato. SarĆ per me un piacere raccontarti questa nuova visioneā.
- The Library, un corto che emoziona e fa innamorare delle biblioteche. Il regista americano Jason LaMotte racconta, in un video emozionante, lāatmosfera romantica delle biblioteche e le storie dāamore che vi possono nascereā¦
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Dallo Street Food allo Street Book. Fantastica storia di un lucano che non ha mai smesso di amare i libri e i bambini. Storia di abnegazione e passione la quale merita di essere sostenuta e divulgata.
Grazie anche al nostro Giuseppe Colangelo che non perde occasione per valorizzare nei suoi scritti i conterranei e il nostro amato paese.
Rocco Derosa