Nata un secolo fa, il 4 febbraio 1913 a Tuskegee, in Alabama, Rosa Parks venne arrestata nel 1955 per essersi rifiutata di lasciare il posto sull’autobus a un passeggero bianco, come imponeva la legge del tempo. Il conducente, James Blake, fermò così l’automezzo, e chiamò due poliziotti per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine. È da allora conosciuta come “the woman who didn’t stand up / la donna che non si alzò”. L’allora sconosciuto pastore protestante Martin Luther King (foto a destra) scrisse sull’episodio descrivendolo come
Da quel gesto nacque il boicottaggio (durato 381 giorni) degli autobus a Montgomery, la città dove Rosa lavorava come sarta, e il movimento per i diritti civili che portò alla dichiarazione di incostituzionalità della segregazione sui mezzi pubblici dell’Alabama. Rosa è morta a 92 anni Detroit il 24 ottobre 2005.
Amnesty International le ha dedicato un film documentario: “L’autobus di Rosa”, regia di Italo Dall’Orto che vi proponiamo
“L’AUTOBUS DI ROSA” – regia di Italo Dall’Orto
(via mail)
Nell’immaginifico “autobus della vita”, San Pietro con un sorriso la fa accomodare davanti, al primo posto. E’ ancora più piccola e nera tra soffici nuvole bianche. Nell’unidimensionale schermo “passato-presente-futuro” lei rivede quel I° dicembre 1955 quando in Alabama l’uomo grande e grosso dal cappello a larghe tese l’aveva quasi incenerita, infastidito che quella miserabile negra: doveva schizzare subito via dal sedile riservato ai “bianchi” che aveva illegalmente occupato! Il cuore le aveva tremato in gola ma, chissà per quale magia, tutta l’umiliazione bruciante dei “neri” emarginati e sfruttati da secoli era esplosa dentro. Minuscola e tremante era rimasta lì come un gigante con attorno colori d’arcobaleno. Lui aveva inveito, l’aveva insultata, sporca negra, “dirty bitch”; l’aveva quasi strappata via, ma lei era come una roccia mentre ripeteva un credo infinito: “I have the same right as you!”, ho i tuoi stessi diritti.
Tra le invettive dei “bianchi” furenti e scandalizzati l’autobus era stato bloccato. Lo sceriffo era giunto a sirene spiegate ed era stata condotta in prigione, come una rapinatrice. Avevano cercato di farle cambiare idea: con le cattive, era una criminale; con pelosa comprensione: era solo una povera pazza; con lusinghe: le occorreva qualcosa? Only my right! Era la sua risposta di sempre. Quelle parole penetravano pian piano nelle coscienze e diventavano pietre. Dal momento del processo i “ neri” di Birmingham in Alabama avevano boicottato gli autobus andando a piedi per 381 giorni, Rosa era diventata sinonimo di libertà e dignità. Infine dopo più di un anno la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’apartheid. I grandi “bianchi” del mondo avevano capito la lezione della piccola Rosa nera. Il presidente John Kennedy avrebbe preparato la “Legge sui diritti civili”, varata poi dal successore Lyndon Johnson, che eliminava ogni discriminazione di razza affermando lo stesso incomprimibile diritto di tutti all’uguaglianza. Rosa Parks aveva fatto un po’ crescere il mondo!
San Pietro la saluta da fuori mentre il fantastico “ autobus della vita” s’invola etereo tra stelle e nuvole bianche. Lei, ormai piccola e vecchia, seduta in prima fila osserva la terra svanire lontana nello scenario dell’universo senza ieri-oggi-domani. L’autista davanti le sorride felice di rivederla. E’ del suo stesso colore, con l’arcobaleno intorno: Martin Luther King! L’autobus parte pieno di bianchi, neri, gialli, nell’unico divino colore di luce, imboccando la: “galassia diritti umani”.
Ciao e grazie Rosa Parks, piccolo infinito angelo nero di libertà.