Cesenatico, ore 9.45 del mattino. Cigdem entra nel Bar dei Pescatori tra il molo e il mercato ittico. Si siede al tavolo con il marito Vittorio e gli altri pescatori dopo quindici ore passate tra le onde. È l’unica marinaia della Romagna, tutti la conoscono perché si è guadagnata in mare il rispetto delle ciurme che trascorrono le notti con il sonno a singhiozzi.
La sua è una storia di amore e di costanza, di fatica ma anche di fastidio. Lo stesso fastidio che ti blocca, che ti fa perdere le forze nelle gambe quando soffri il mal di mare. Un fastidio che non ti molla per ore; che ti pesa sullo stomaco mentre navighi inseguendo un orizzonte che non è mai diritto.
Racconta con il sorriso che la contraddistingue:
Il marito Vittorio invece ha il sale nelle vene. Ha lavorato per dieci anni sui mercantili con porto a Napoli, poi ha iniziato a fare il pescatore alternando la pesca a strascico con la pesca da posta (con reti fisse in mare). Ha passato più ore tra le onde che a terra e ora è armatore e capitano del Dilara C su cui è imbarcata una ciurma molto speciale. Spiega Vittorio: “Cigdem è un primo marinaio a tutti gli effetti, può andare anche sulle navi più grosse”, racconta fiero.
Il Dilara C la dice lunga. È il nome della figlia mentre C è l’iniziale di Can, il secondo figlio. E se i vari pescherecci hanno una fascia blu, rossa o azzurra lungo lo scafo quello del Dilara è lilla. Un colore che fa a cazzotti con lo stereotipo del pescatore tutto muscoli, tatuaggi e che ha una donna in ogni porto. Ma non importa. “È il mio colore preferito!”, esclama Cigdem. “In cantiere non me lo volevano applicare, ho dovuto discuterci!”.
Forse non tutti sanno cosa significhi fare il pescatore quando non è la tua passione innata e quando hai passato 42 anni della tua vita a terra. Significa stravolgere il giorno con la notte, i propri ritmi e non da ultimo il proprio metabolismo. Quando impiegati, manager iniziano a lavorare di buon mattino, il pescatore torna in porto; quando si prende il mare, gli altri si preparano a cenare e davanti hanno a disposizione la sera per uscire o riposarsi. Significa anche fare a pugni con Morfeo tutte le sere più volte a notte. E non esistono i preziosi dieci minuti in più di sonno. Che tu sia uomo o donna.
Ma quando parla Cigdem ha sempre il sorriso e sembra che questi ritmi non le pesino affatto. “Quando torniamo a casa facciamo la doccia e pranziamo, poi Vittorio dorme almeno quattro ore perché passa le notti sveglio al timone. Io dormo un’ora e mezza poi devo sistemare casa, stare con i nostri due figli, devo preparare la cena per la notte”. Una vita molto dura e in cui i rischi non mancano. Qualche tempo fa il Dilara C è stato speronato all’improvviso da un tronco lungo diversi metri e dal diametro importante. Il tutto di notte. Ciò è dovuto al fatto che il tratto di mare romagnolo è interessato dalle foci dei fiumi che riversano in mare quanto sradicato durante i temporali lungo il percorso. I tronchi sono tra i pericoli più violenti per chi solca il mare. Insomma non è un gioco da ragazzi anche perché si ha la responsabilità di altre persone sulle spalle.
Per non parlare della routine. In inverno il freddo ti punge le dita, le guance e rallenta i movimenti; in estate l’umidità ti sdrena. Il contesto economico non naviga in acque migliori e non si vive in abbondanza di pesci a causa “dell’inquinamento che limita le risorse”.
Ma c’è sempre quella magia nella natura che regala e avvolge di poesia anche un mestiere di fatica e, per certi versi, fatto al contrario.
“Poi” aggiunge con un sorriso, “mi piace anche quando prendiamo il rombo e il branzino!”.
Questa è una piccola fetta di vita di Cigdem e non si può non crederle quando dice che
A PROPOSITO
“A mare”, il documentario di Matteo Medri
che racconta storie e passione
dei pescatori romagnoli