Neil Armstrong

Nelle ore in cui il mondo dà l’addio a Neil Armstrong, 82 anni, il primo uomo a mettere piede sulla Luna nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, viene da pensare a quell’Italia capace di arrivare dai sassi del duro Appennino meridionale alle stelle e ai sassi della Luna, in silenzio. E c’è da rammaricarsi che a questi campioni di un’Italia eccellente, esploratrice per natura, studiosa e curiosa, i veri pilastri della cattedrale laica della civiltà, non si dica grazie nelle loro orecchie, quando sono più in posizione verticale.

Come operatore dell’informazione faccio un mea culpa per tutti gli italiani di valore che operano in tutto il mondo, a tutti i livelli. Sono persone che ci rappresentano degnamente all’estero e di cui si dovrebbe parlare più spesso. Un personaggio con queste caratteristiche è stato Benito Palumbo, genio dei radar, evocata nelle sue imprese e nei suoi affetti in una recente giornata di studi presso la sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche, in piazza Aldo Moro a Roma.

Benito Palumbo

Ho conosciuto l’ingegner Palumbo, originario di Castelluccio Valmaggiore (Foggia), di quelle stesse terre daune dove sono nato anch’io, quel tanto quanto basta per scorgere in lui, metaforicamente, quello che i biologi hanno scoperto anni fa e hanno battezzato “il gene di Ulisse”, quello che spinge a viaggiare curiosi di scoprire nuove terre, nuove frontiere della conoscenza: e il formidabile vagabondaggio geografico e culturale di Benito è ben leggibile nel sintetico curriculum più in basso.

Per chi, come me, era scappato dall’istituto tecnico industriale “Saverio Altamura” di Foggia per affrontare le più familiari aule di un liceo classico e poi di una facoltà di lettere all’università, le materie in cui Benito eccelleva, dalle antenne alle microonde alle tecnologie radar, erano materie misteriose, ma capaci di emozionarmi fortemente: da quel tipo di italiani ho visto diventare realtà tutte le cose mirabolanti che avevo letto da ragazzo, le fantasie più ardite che popolavano le pagine dei fumetti e dei libri d’avventura alla Giulio Verne. Imprese spaziali in primo luogo. Palumbo era considerato negli ultimi tempi il migliore in Europa nel campo dell’elettromagnetismo. Nei pochi incontri avuti con lui, alla presenza della moglie Vittoria, psicologa già insegnante e attrice teatrale originaria di Bari, e della figlia, Valeria, caporedattore centrale de L’Europeo (ogni mese lo si trova con il Corriere della Sera) e brillante storica delle donne, Benito mostrava confidenza anche in settori lontani dalla ricerca scientifica: sapeva molto anche di arte e letteratura, sapeva di tutto. Era un’enciclopedia vivente.

Se alziamo gli occhi al cielo, tra le stelle c’è una grande costellazione dell’Italia che, come nella missione Apollo sulla Luna, dimostra di avere doti straordinarie e poco note. Quella notte del luglio 1969, mentre Benito Palumbo lavorava presso la Hughes in California, per la Selenia, per il programma Intelsat II, e si accingeva a ricoprire l’incarico di responsabile del Reparto Antenne (prima tappa di una lunga e costante crescita professionale), al tavolo di comando della Nasa c’era un italiano: Rocco Petrone. Il suo volto lo trovate nel numero speciale de L’Europeo dal titolo La luna di Oriana Fallaci dove Benito Palumbo parla di come le innovazioni tecnologiche ereditate dalle missioni lunari hanno cambiato la nostra vita.

Rocco Petrone posa davanti ad un missile Saturn V (Image credit: NASA)

Il padre di Rocco Petrone era vicebrigadiere dei carabinieri a Sasso di Castalda, a due passi da Matera, ed era emigrato prima in Olanda e poi in America quando Rocco aveva sette anni. Studiando sodo, Rocco è arrivato a quel ruolo di comando nella Nasa e a coordinare la più complessa operazione tecnologica mai messa insieme nella storia dell’umanità. Il che dimostra come, nel giro di una sola generazione, si possa passare dai Sassi di Matera ai sassi della Luna.

E si deve a uno scienziato italiano, dal cognome familiare per gli esploratori di ogni sorta, Colombo, Giuseppe Colombo dell’Università di Padova (nato in quella città veneta nel 1920 e morto nel 1984), la soluzione di alcuni fondamentali problemi che hanno permesso alle sonde spaziali di sfuggire al laccio gravitazionale del Sole e di continuare i loro fantastici viaggi interstellari. Recentemente mi hanno confermato dall’ESTEC, Centro europeo di ricerca spaziale e tecnologico, sito in Olanda a Noordwiick, che stanno testando il satellite Bepi Colombo in vista del lancio previsto nel 2014 per girare attorno a Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. Un “viaggetto” che durerà 6 anni, sino al 2020. Lo scopo di questo satellite sarà di provare a capire come mai un piccolo pianeta come Mercurio, con moderata velocità di rotazione, ha un campo magnetico circostante (come la Terra): mentre Venere, Marte (e la Luna) no.

Giuseppe “Bepi” Colombo

La difficoltà di girare in una zona così vicina al sole rende Bepi Colombo uno dei progetti più interessanti dell’ultimo periodo, con un investimento di circa 970 milioni di euro. Bepi Colombo sarà lanciato dalla base di Kourou (lo spazioporto dell’Europa in Guyana Francese) da Ariane 5, il lanciatore europeo per eccellenza di cui i due grossi booster laterali sono prodotti a Colleferro, fuori Roma.

La collega che mi ha informato dall’Olanda, Maria Cristina Giongo, motore creativo del magazine on line Il cofanetto magico, mi ha sottolineato la funzione dell’Italia nelle missioni spaziali e di ricerca. Per esempio, il direttore dell’ESTEC Franco Ongaro, 2.500 persone provenienti da tutt’Europa e dal Canada, ha indicato con orgoglio che l’80% dei moduli che ritroviamo, ad esempio nella Stazione Spaziale Internazionale, sono italiani, sono stati prodotti a Torino e che l’Italia ha il maggior numero di astronauti in attività (adesso c’è anche una donna sotto addestramento).

In queste ore ho parlato ai miei figli di questo viaggio e delle storie umane e professionali di questi uomini. Benito Palumbo, Rocco Petrone, Franco Ongaro, e anche Luigi Broglio, il Von Braun italiano; Francesco Carassa, papà del primo satellite italiano Sirio. Sono persone di cui un giornalismo finalmente informativo e anche formativo (quello che delinea Daniele Gallo nel suo ultimo libro “Informazione e verità. Far conoscere per ri-conoscere”, Viator, 2012) dovrebbe parlare più spesso. Perché se li conosci, li imiti.

Sono uomini che dimostrano come si possa passare, nel giro di una sola generazione, dalle campagne più povere dell’Italia alla direzione di imprese organizzative tra le più complesse dell’umanità. Ho detto ai miei figli: quando si viene presi dal pessimismo di fronte alle difficoltà della vita di ogni giorno, pensate (come viene da pensare spesso a me) a questi uomini e siate fiduciosi. La loro storia insegna che l’Italia ha le energie, l’intelligenza per fare un salto come quello fatto dalle loro famiglie: dai Sassi di Matera ai sassi della Luna, da una situazione terra terra all’infinito.

Benito Palumbo: una vita in dodici tappe

  • 1936 il 1° agosto nasce a Castelluccio Valmaggiore, nei Monti Dauni.
  • 1954 si trasferisce da solo a Roma: aveva vinto più borse di studio per la Casa dello studente ma scelse la capitale perché Torino lo respinse con i cartelli “Non si affittano case ai meridionali”. A Roma lo seguiranno per studio le due sorelle (Silvana, biologa e Marilena, lettere) e la famiglia.
  • 1960 a 24 anni si laurea in Ingegneria all’Università di Roma. Riceve il premio come miglior laureato dell’anno.
  • 1962-1970 è progettista presso la Selenia SpA.
  • 1970-85 responsabile del Reparto Antenne.
  • 1985-94 dirige i Laboratori centrali di ricerca e di sviluppo.
  • 1994-96 responsabile del Centro per lo sviluppo tecnologico, dei processi, dei sistemi e dell’informatica per l’Area Sistemi di Alenia. Esce dall’azienda come vicepresident.
  • 1996-99 consulente dell’Amministratore delegato di Alenia Difesa/Finmeccanica.
  • 1999-2000 referente di Alenia Difesa e Finmeccanica per la Ricerca e le Tecnologie.
  • 2001-2002 direttore del Dipartimento per i Servizi tecnici e di supporto del Cnr.
  • 2005-2011 consulente di Telespazio SpA.
  • 2011 il dardo della morte lo coglie, inaspettatamente, il 1° ottobre nella sua casa di Roma.

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Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).