Beati i creatori di miti e di leggende,

di cose introvabili nelle trame del tempo.

(JRR Tolkien)

Se devo pensare a un suono caldo, profondo, rilassante ed avvolgente, mi sembra di sentire la straordinaria vibrazione del violoncello. Uno strumento che va abbracciato prima ancora che suonato, e talmente a misura d’uomo da confondersi col musicista. Strumento e uomo, uomo e musica, crine e legno: alla pari. Come sarebbe il mondo se quella vibrazione potesse raggiungere tutti i cuori? Una domanda senza risposta, ma voglio parlarvi di una persona, un maestro che lavora per questo.

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Vito Paternoster (Matera, 1957)

Vito Paternoster è violoncellista, direttore d’orchestra e compositore, vive a Bari, studia e e insegna al Conservatorio “Piccinni”. Nasce il giorno di Natale 1957, a Matera. Il maestro Nino Rota (quello che firma le colonne sonore di Fellini e di altri grandi del cinema), coltivandone il precoce talento, ne stimola il debutto a 15 anni in sale prestigiose – a Milano per la “Piccola Scala”; a Venezia per la Fondazione Levi; a Roma accompagnato dall’Orchestra “I Concerti dell’Arcadia” diretta da Riccardo Chailly – per poi affidarlo ad Amedeo Baldovino, sua guida fino al diploma conseguito con il massimo dei voti a Roma (Conservatorio di S. Cecilia). Nel 2001 Repubblica scriveva di Paternoster:

“Il pane dei Sassi” non diventa raffermo. Cresce, lievita, crosta dura e animo delicato. “Il Pane” è l’opera che Vito Paternoster ha dedicato alla sua terra, alla sua città da presepe… E superati i cinquant’anni, Paternoster è come il suo pane: testardo e determinato fuori, sensibile e sognante nell’animo. Il viso è scolpito con lo stampo dell’assolata gente di Lucania, ma il carattere lo presenta come un pacifista orientale o come un luterano dei tempi di Bach: tutto scivola via e lo lascia sorridente e quasi indifferente alle beghe quotidiane del lavoro e della vita affannata”.

La casa discografica americana che “non è malvagia”

magnatune3-logoIl successo di Paternoster continua a crescere e si diffonde oltreoceano. Dove, nel 2003, il californiano John Buckman decide di avviare un esperimento editoriale rivoluzionario: Magnatune.com. John aveva avuto a che fare molto da vicino con la discografia di fine millennio, e ne aveva piene le tasche. Sua moglie, musicista, aveva pubblicato un album: dalla vendita di circa 1.000 copie, era riuscita a totalizzare neanche 100 dollari di diritti, retribuiti come copie “omaggio” dall’etichetta discografica. Nonostante ciò, la coppia di Berkeley poteva ritenersi fortunata: almeno avevano mantenuto i diritti sulla musica, cosa che la maggior parte dei discografici non avrebbe consentito. Normalmente il piccolo musicista pubblica, perde tutti i diritti, non riceve nulla in cambio, e tanti saluti.
Così nasce Magnatune: una etichetta che “non è malvagia” (We are not evil è lo slogan). Il loro scopo è selezionare buona musica, pubblicarla e dividere i proventi 50/50 con gli autori.

C’è un aspetto legale interessante in tutto ciò: l’autore mantiene tutti i suoi diritti. Potrà in seguito pubblicare lo stesso lavoro con altre etichette, o semplicemente regalarlo sul proprio sito internet.
Questo è già inaudito nella tradizione del commercio musicale, ma John non si ferma qui. Anche a chi scarica la musica viene conferito un fondamentale diritto: quello di condividerla liberamente, purché senza scopi commerciali.

La formula legale che permette all’autore di mantenere i propri diritti e al consumatore di disporre liberamente di ciò che possiede è il contratto di licenza CreativeCommons. Questo contratto viene accettato da Magnatune, gli autori e gli utenti ogni volta che un brano viene scaricato o ascoltato.

cc.logo.largeL’iniziativa CreativeCommons (CC), che pubblica e revisiona costantemente un catalogo contratti di licenza utilizzabili gratuitamente, ha lo scopo di proteggere le opere creative dal sistema legale vigente. Proprio così: gli avvocati che scrivono le CC identificano l’avversario dell’arte e della creatività non nei tanto vituperati “pirati” che scaricano e copiano illegalmente, ma nelle leggi vigenti che proteggono all’ossessione i prodotti dell’ingegno. La tesi è che la creatività è soffocata da un sistema normativo che impedisce di “costruire sulle spalle dei giganti”, di evolvere da un’opera all’altra, o di sfruttare la forza della rete globale per diffondere ovunque la cultura. Le licenze CreativeCommons rompono questa cappa soffocante, concedendo alcune libertà fondamentali senza bisogno di chiedere il permesso all’autore originario. La musica pubblicata da Magnatune entra cosí a far parte di quei beni comuni della collettività creativa che servono a diffondere e rielaborare la cultura senza ostacoli legali.

Vito è tra i primi protagonisti di Magnatune: condividere le registrazioni, per vivere di musica

Uno dei primi artisti interpellati da John è proprio il maestro lucano Vito Paternoster. Che inizia una fruttuosa collaborazione, arrivando a pubblicare ben 13 album, liberamente ascoltabili nella pagina a lui dedicata. Ho raggiunto Vito per email per rivolgergli alcune domande.

Come è iniziata la sua esperienza con Magnatune?
“Sono stato contattato diversi anni fa dalla Magnatune, la quale si stava attrezzando per dare vita a un nuovo modo di diffondere la musica e di gestire il relativo diritto. Prima di i-tunes e altri. Fui cercato proprio io perché un mio disco (in particolare Le sonate e partite di Bach eseguite sul violoncello) avevano avuto una certa popolarità negli Stati Uniti e avevano avuto un particolare gradimento da parte dell’ideatore di Magnatune, John Buckman”.

Magnatune.com permette a chiunque di ascoltare la musica, gratis. Inoltre, chi la acquista può poi condividerla liberamente per fini non commerciali… Ci vuole una certa fiducia nell’affidargli i propri lavori.
“Una fiducia ben riposta. Magnatune ci presenta un dettagliato resoconto degli scaricamenti. Tutto nella massima trasparenza e fiducia”.

Perché la scelta di rivolgersi a una piccola (e, allora, sconosciuta) etichetta discografica in rete, e pubblicare utilizzando le licenze CreativeCommons?
Credo che la rete e le CreativeCommons siano il futuro. Su YouTube mi capita di vedere, insieme a tanta sciatteria, anche prodotti di estrema qualità che mai sarebbero state accolte dalle major. Il bypassare le major è la condizione che consente a chi ha idee, ma non abbastanza fama, di presentarsi sul mercato senza dovere ricorrere a forti investimenti. Le case discografiche tradizionali sono ormai al lumicino, e non vogliono né possono investire su idee, ma operano sul sicuro, su prodotti ben collaudati e pubblicizzati con grossi investimenti”.

Qual è il valore aggiunto che dà Magnatune a un musicista, nel mondo iperconnesso alla rete? Non potrebbe limitarsi a pubblicare e vendere sul suo sito internet personale?
“Il rischio è che l’assenza di filtri faccia riversare sulla rete enormi quantità di prodotti ignobili. La funzione di Magnatune è anche questa. Solo il 10% delle proposte viene accolta, e l’unica motivazione che dà l’accesso alla pubblicazione è il gradimento della commissione, indipendentemente dal curriculum del proponente o da altre motivazioni. Infatti possiamo verificare che i cataloghi di Magnatune sono di gran lunga tra i più interessanti e innovativi del mercato“.

Vivere di musica. È ancora possibile, e come, nell’era della condivisione digitale?
“La rete è una opportunità, ma bisogna entrare nell’ordine di idee che mentre in passato si facevano concerti per vendere dischi, adesso si fanno dischi per promuovere concerti, oppure si ricavano proventi da spazi pubblicitari acquisiti attraverso lo scaricamento dei file”.

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Daniele Paganelli, modenese, classe 1983, è laureato in Chimica e dottorato in Ingegneria dei Materiali. Lavora come ricercatore privato nel campo della strumentazione scientifica per lo studio delle proprietà dei materiali. I suoi interessi vertono principalmente su temi relativi alla scienza e all’informatica, ma cerca con la scrittura e il racconto di mantenere attivo il proprio emisfero cerebrale destro.