Come i miei pochi lettori (e amici) sanno, lo Speaker’s Corner (in italiano “angolo degli oratori”) è l’area dell’angolo nord orientale di Hyde Park, a Londra,vicino al luogo dove sorgeva il patibolo di Tyburn. È un luogo tradizionale di discorsi pubblici e dibattiti, specialmente la domenica mattina. Ha ospitato discorsi di persone famose come Karl Marx, Lenin, George Orwell, e talvolta viene usato dai candidati dei principali partiti politici inglesi per le loro campagne elettorali. Notevole esempio del concetto di libertà di opinione, qualsiasi persona può presentarsi senza essere annunciata e parlare su praticamente qualsiasi argomento desideri, anche se è probabile che verrà provocata dai frequentatori abituali con opinioni opposte. Variamo questa nuova sezione di Giannella Channel con la testimonianza di un bravo collega al quale ci auguriamo sia restituita giustizia e dignità del lavoro finora ben fatto. (s.g.)
Vorrei raccontare ai lettori e amici di Giannella Channel una storia che potrebbe essere definita “normale” e “privata”. Ma, gratta gratta, ha una portata molto più ampia e c’è di che preoccuparsi. E, magari, di che sperare.
Sono un giornalista che si occupa da vent’anni di comunicazione ambientale e sostenibilità in un’azienda, Cogeme, una società per azioni che ha sede in Franciacorta (Brescia) e di proprietà di 70 enti locali. Da dieci anni l’azienda, in cui sono assunto a tempo indeterminato come quadro, mi ha affidato la segreteria generale della Fondazione Cogeme Onlus, organismo che promuove nel territorio progetti nei settori educativo, sociale, ambientale e di pianificazione territoriale. In Italia la fondazione è il principale riferimento della Carta della terra (ONU), e un caso di studio per il Piano strategico “Terra della Franciacorta”, partecipato da istituzioni pubbliche e imprenditori per un modello di sviluppo sostenibile locale dell’area.
Nel privato, ho un’attività di divulgatore ambientale a livello accademico e mi occupo con passione della tutela del territorio in cui vivo, vicino al Po.
Mai un problema, mai un richiamo, solo complimenti per la reputazione, l’ampia rassegna stampa, il respiro e l’efficacia dei progetti, la trasversalità politica del consenso, il contributo positivo decisivo dato dalla fondazione all’immagine della stessa Cogeme.
Fino al 28 marzo 2013, quando il nuovo presidente della Fondazione, senatore Raffaele Volpi (Pavia, 27 febbraio 1960, è funzionario di partito della Lega Nord. Ha un diploma di istituto tecnico per geometri. Per la Lega Nord è stato eletto deputato e senatore nel 2013, diventando dal 19 marzo 2013 vicecapogruppo del suo partito al Senato, ndr) mi comunica che non sono più il segretario, non tanto per ragioni personali, anzi; ma per motivi di carattere fiduciario.
Lì per lì mi cade il mondo addosso e faccio fatica a connettere. Poi, un’ora dopo, il quadro mi è chiaro: il nuovo Consiglio della fondazione nomina un nuovo segretario, milanese e militante ventennale dello stesso partito del senatore. Il nuovo presidente di Cogeme spa, mio datore di lavoro e militante nello stesso partito, quando gli chiedo alternative, mi rassicura: nessuno mi manda via e costruiremo insieme un percorso per il mio futuro.
Nelle settimane successive, mi chiedo perché tutto ciò è successo. Forse per il mio impegno ambientalista? Come portavoce degli “Amici della Grande Nonna Quercia”, infatti, da anni mi batto per tutelare il Po e alcune aree protette dalla costruzione di un’infrastruttura, il Terzo ponte, giudicata da tutti gli esperti inutile, dannosa e troppo costosa, ma non da quasi tutti i partiti…
Cerco di farmene una ragione, ma non ne trovo. Attendo, ma non cambia nulla, o quasi: vengo spostato in un’altra stanza, mi tolgono auto e indennità della fondazione, nessuno mi contatta e non svolgo praticamente nulla.
La vicenda mi pesa molto, il rischio di perdere il lavoro è alto. Poi, faccio un bilancio di pro e contro e tiro una riga: prima i valori, poi gli interessi.
Ecco perché ho deciso di fare causa per discriminazione politica alla mia azienda e alla fondazione.
Mi confronto con la CGIL, molto attiva su questo fronte, e con l’avvocato Alberto Guariso, noto anche per la vicenda del “sole delle Alpi” di Adro. Entrambi sostengono che la mia sia una vicenda quasi unica. Sia perché continuo a lavorare lì e non sono stato licenziato (ma, mi chiedo, questa strategia non è finalizzata alle mie dimissioni, in fondo?), sia perché il cosiddetto spoil system di cui sono vittima è stato applicato, impropriamente, nei confronti di un dipendente, non nominato dalla politica ma da una società per azioni, ancorché pubblica.
Oggi è il 16 giugno 2013, 80° giorno di battaglia dal mio “fronte”. L’unica novità è l’udienza in tribunale, il 25 luglio. Però mi sento libero e, perciò, leggero.
Ho deciso di affrontare una nuova pagina della mia vita senza scorciatoie, a testa alta. Sono certo che una brutta storia, vissuta bene, può essere il preludio di qualcos’altro di molto più bello.
Rimane tuttavia un sapore amaro in bocca, a parte gli aspetti personali.
In primo luogo, ciò che è successo disperde investimenti in termini di competenze e risorse (anche pubbliche), minando il livello di fiducia di un territorio che ha avuto il coraggio di guardare in modo compatto verso il futuro.
Inoltre, storie come queste rendono ancora più fragili i lavoratori e i loro diritti, esponendoli a ricatti che non hanno nulla a che fare con l’efficienza, ma rubano piuttosto i già pochi semi di speranza a un qualsiasi giovane che intenda investire, con volontà e sacrificio, nel proprio lavoro.
Ma non tutto è perduto, se una storia viene a galla. Una brutta storia che viene a galla può impedirne tante altre.
Simone Mazzata, Franciacorta (Brescia)
(via mail)
In bocca al lupo!
(via mail)
Damiano Galletti, segretario generale della Camera del Lavoro di Brescia, definisce “emblematico e gravissimo” questo caso, uno dei rari che vengono a galla in Italia: “Lo spoil system è uno dei malcostumi più beceri e diffusi che ha prodotto la politica alla faccia di concetti come meritocrazia ed efficienza di cui si riempiono la bocca… Qui, però, è stato superato, per la prima volta, un limite: lo spoil system viene applicato, per ragioni politiche, a un lavoratore dipendente. E’ un campanello di allarme, soprattutto in questo periodo di mancanza di lavoro: rende ancora più fragili i lavoratori e i loro diritti, esponendoli a ricatti ulteriori, che non hanno nulla a che fare con l’efficienza e la competenza. Vicende come queste rubano i già pochi semi di speranza a un qualsiasi giovane che intende, con volontà e sacrificio, investire nel proprio lavoro”.