cultura-uniscaCultura e coesione sociale sono due fattori fondamentali per lo sviluppo delle comunità. Eppure la cultura, nei bilanci viene sempre sacrificata, ritenuta troppe volte superflua. Errore gravissimo perché operazioni volte a tagliare la spesa per la cultura equivalgono a tagli sul benessere sociale e quindi alla qualità di vita. Questo concetto, evidentemente, non viene percepito fino in fondo poiché l’abitudine culturale della nostra Italia è spesso soffocata da cattive prassi ispirate a modelli distorti che impediscono, di fatto, anche l’accesso alla cultura.

I fondi spesi per la Cultura spesso vengono percepiti come inutili, convinzione generata da iniziative discutibili e di scarsa qualità, cosa in parte vera che non rende meno importante il grandissimo lavoro degli operatori del settore e la grande qualità complessiva dell’offerta culturale che l’Italia presenta. Dobbiamo tenere bene a mente che chiunque svilisca un parte importante del proprio modo di essere, svilisce se stesso.
Istruirsi, conoscere, assistere a eventi. Questo accesso deve essere spalancato affinché tutti senza distinzioni possano “partecipare” in prima persona al beneficio culturale, il quale, in primo luogo, dovrebbe avere un posto di riguardo nella vita di ciascuno. Prova evidente è l’accesso alla cultura delle persone in momentanea o permanente difficoltà. Avere la possibilità di istruirsi, di conoscere o di assistere semplicemente a un evento qualificante rende il cittadino davvero al centro della società e non lo esclude. Ecco perché eventi ristretti rischiano di compromettere l’aggregazione. L’atto dell’escludere è la prima negazione di un sistema che può dirsi culturale.
Mettersi insieme. Lo stesso concetto di associazione culturale oggi è più che mai contradditorio. Associarsi significa essere coesi; un gruppo di persone che decide di mettersi insieme per fare qualcosa. Per organizzare iniziative e per migliorare la propria società, il proprio territorio. Per natura, una siffatta associazione culturale non può chiudersi nella gabbia dell’indifferenza o delle paura che imprigiona molti singoli individui, piuttosto deve aprirsi alla comunità per coinvolgere, attraverso la bontà delle sue azioni e dei suoi fini, più persone possibili. L’esigenza di fondare associazioni culturali nasce evidentemente anche per supplire alla mancanza di “organizzazione” dei rispettivi ambiti sociali. Ciò da un lato è decisamente positivo, dall’altro coprire mancanze equivale ad affermare che nella propria comunità l’offerta culturale è carente. Questo è il punto. Le amministrazioni dovrebbero comprendere che Cultura e Coesione sociale sono intimamente connesse.
Dare spazio al talento. E deve essere chiaro anche lo stesso significato del termine “cultura” ancora troppo oscuro per molte persone. Che cos’è la cultura? Cosa può compiere la cultura? E ancora Coesione sociale è riempire “piazze” di contenuti per farne luoghi di cultura?

E’ necessaria una azione civile anche in campo culturale. Ciascun cittadino deve essere responsabile di proteggere il proprio territorio. Deve essere vigile, deve monitorare i propri governanti attraverso una qualificata attività di controllo. In particolare in presenza di un importante patrimonio artistico e storico il singolo o l’associato dovrebbe avere una cura speciale affinché il proprio territorio sia tutelato in modo adeguato. Spesso avvengono episodi paradossali per cui al momento elettorale si premiano persone o schieramenti che non hanno agito sul piano culturale e viceversa non si sostengono adeguatamente coloro che si sono spesi per la difesa del territorio inteso nella più ampia accezione e dunque compreso il relativo valore paesaggistico.

Se cultura è sinonimo di conoscenza, di nuove opportunità di sviluppo sociale, la stessa identifica una comunità. Si pensi a quei contesti non più originari abitati da persone provenienti da diverse parti italiane e oggi giorno anche del mondo. Questa è la nuova realtà.

La cultura è un diritto sociale e vi è un diritto sociale alla cultura. Un diritto fondamentale che necessità di accessibilità attraverso la rimozione di tutti gli ostacoli. E’ l’espressione stessa della democrazia, anzi ne è lo svolgimento concreto. Cultura è partecipazione. Esattamente come la libertà. E in questa partecipazione vi è la riduzione delle disuguaglianze e se la cultura produce lavoro essa è anche occasione di sviluppo economico.

Per tutto questo è necessario valorizzare le buone iniziative e dare spazio al talento e al merito. La scuola in questo ha un ruolo fondamentale. L’insegnamento costruttivo permette di formare il vero cittadino al centro della polis e non solo vittima di decisioni altrui dalle quali è escluso senza accesso alla conoscenza. L’espressione dell’essenza dell’essere umano è il fondamento della coesione sociale.
“Escludete l’arte!”. Pensiamo solo all’educazione all’arte. Come si può togliere dall’offerta formativa una materia così fondamentale nell’Italia patria della bellezza con risorse immense? L’educazione civica è davvero strutturale per una nuova coesione socioculturale. Bisogna essere portatori di idee, non stancarsi di proporre e rifiutare ogni scelta al ribasso. La cultura non deve essere mai sacrificata, ma considerata una chiave per voltare pagina.

Il cambiamento passa da qui. La società civile non deve essere un termine generico e di effetto. Una vera società civile è una società coesa attraverso l’accesso alla cultura che sviluppa la coscienza individuale e con essa quella collettiva.

Recentemente Riccardo Muti ha affermato che: “I governi devono investire nella cultura, perché rimuovere questa parola significa brutalizzare le persone. E sappiano che un’orchestra costa meno di un calciatore” aggiungendo che i nostri governanti dovrebbero “rimuovere qualche finanziamento a cose inutili per destinarlo all’educazione e all’istruzione”.

Bisogna mettere in bilancio una voce importante: la cultura e precisamente più cultura per una maggiore coesione sociale. Non una spesa, ma un investimento in benessere e qualità di vita. Dobbiamo combattere per difendere la cultura in tutte le sue forme, affinché prevalga la voce della civiltà anche e soprattutto in tempi di crisi. Questa potrebbe essere non solo nei termini, ma nei fatti una riforma strutturale, capace di cambiare davvero la società.

* Fonte: rivista on line Formiche. Formiche è un progetto culturale ed editoriale fondato da Paolo Messa nel 2004 e animato da un gruppo di trentenni con passione civile e curiosità per tutto ciò che è politica, economia, geografia, ambiente e cultura. Nato come rivista cartacea, oggi l’iniziativa Formiche è articolata attraverso il mensile (disponibile anche in versione elettronica), la testata quotidiana on-line www.formiche.net, un sito di informazione europea in lingua inglese www.anthill.eu, una collana di libri con la casa editrice Marsilio, un programma di seminari a porte chiuse Landscapes e una Fondazione onlus. Formiche ha la particolarità e l’orgoglio di essere un progetto indipendente che non gode del finanziamento pubblico e che non è organo di alcun partito o movimento politico. La società editrice è Base per Altezza srl e ha sede a Roma. Il presidente è l’ing. Gianluca Calvosa e fanno parte del consiglio di amministrazione Fabio Corsico, Gianni Lo Storto e Chicco Testa.

A PROPOSITO

La buona notizia per il 2014? Una legge di solidarietà nazionale a favore dei beni culturali e ambientali

di Salvatore Giannella*

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“Rinnoviamo la casa Italia” – elaborazione artisticadi Giacomo Giannella / Streamcolors

Dai telegiornali di un giorno a venire del 2014 mi aspetto di sentire questa breve notizia: “È diventata legge la proposta di destinare una piccola quota dell’utile netto delle imprese e banche a progetti di solidarietà nel territorio dove l’impresa o la banca opera a favore del restauro e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Le somme conferite da persone fisiche e giuridiche per i suddetti scopi solidali saranno esenti da ogni imposta sul reddito delle persone fisiche e da ogni imposta sul reddito delle persone giuridiche. Per sapere come investire in solidarietà e cultura con procedure semplificate, numero verde xxxxx, mail yyyyyy, web zzzzzz”.

Una soluzione utopica? Macché, questa doverosa legge di solidarietà nazionale è realizzabile in tempi brevissimi da parte di aziende (la Tod’s di Diego Della Valle in prima battuta, che questa generosa strategia ha già adottato dal 2013) e di privati in salute che vogliano sostenere il Paese al quale vogliono bene.

E poi, ben vengano le utopie. Ve lo dice uno che ha stampato, nel 1999, il libro “Habemus papam, Francesco”, vedendo poi realizzata questa utopia quattordici anni dopo, nel 2013, con l’elezione dell’argentino Jose Mario Bergoglio che ha scelto di assumere proprio quel nome, Francesco, inedito nella storia dei pontefici (e che indica proprio la strada della solidarietà per mitigare gli effetti della crisi).

* Fonte: Corriere.it, sezione “Buone notizie”