
Alla stazione di Wolfsburg, in Germania, un treno scarica uomini venuti dal Sud in cerca di un lavoro.
Tra il 1860 e il 1985 sono state registrate più di 29 milioni di partenze dall’Italia. La popolazione si trasferì in quasi tutti gli Stati del mondo occidentale e in parte del Nord Africa. Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 interessò prevalentemente le regioni settentrionali, con tre regioni che fornirono da sole circa il 47% dell’intero contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli-Venezia Giulia (16,1%) ed il Piemonte (13,5%). Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali, con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia. Si può distinguere l’emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del XIX secolo e gli anni trenta del XX secolo (dove fu preponderante l’emigrazione americana) e quello dell’emigrazione europea, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta (fonte: wikipedia).
Emigrazione: siamo al panico. Come nel caso degli incendi nei locali pubblici dove si muore appunto per panico nell’ansia di sfuggire alle fiamme. La politica di taluni finalmente trova la colpa più eloquente per addossarla agli avversari. E intanto i problemi non si risolvono. La scienza delle Relazioni pubbliche ci suggerisce qualche sistema utile e modelli da imitare. (Ne parlai con umiltà in un libretto “La scienza delle relazioni pubbliche e l’emigrazione”. Bonfirraro ed., tel. 0934.464646).
Il public relation manager, dunque, che cosa farebbe per affrontare il problema secondo le teorie esposte?
Facciamo un esempio: dividere, anzitutto, la grande massa del pubblico emigrato, individuando tutti i pubblici che lo compongo. Per nazionalità, per affinità, per razza, per religione, per età, per stato civile, per tendenze, per aspirazioni, per vocazione, per carattere linguistico e culturale. Con particolare attenzione al pubblico speciale: donne, vecchi, bambini e disabili.
Lo stato di salute del singolo. La provenienza e le situazioni familiari. Le vocazioni lavorative.
Insomma con una creazione di pubblici e sottopubblici, la più ricca possibile, al fine di conoscere tutti i caratteri e le diversità, per provvedere al meglio lo sviluppo e la sistemazione.
L’impatto disordinato con la massa eterogenea porta soltanto alla confusione. Mentre una razionale analisi per categoria è indispensabile, magari con la collaborazione degli interessati stessi (si dice che l’ammalato, come prima cosa, deve credere nella guarigione e poi deve avere fiducia nel medico e nelle cure per guarire).
Sono stati riportati molti episodi di successo, non escluso il fatto sconvolgente determinato dal crollo del “muro di Berlino”, quando milioni di tedeschi dilagarono per la Germania, in uno stato non meno felice degli emigrati odierni del nord Africa.
Il progetto ebbe successo anche per merito di una grande organizzazione computerizzata.
Le Relazioni pubbliche, inoltre, risolsero la diversità di intenti, subito dopo la guerra, fra americani, tedeschi e gli altri occupanti, perchè la Russia era dietro la porta.
Mai come allora questa scienza produsse tanta considerazione umana fra pubblici diversi.
Dopo questo studio condotto da alcune università, prima tra tutte quella di Francoforte, l’amministrazione tedesca fu in grado di sapere persino, ad esempio, quanta pasta consumassero gli emigrati e a quanto ammontassero i marchi rimessi nei paesi di origine. Fu studiato anche un sistema di contenimento dei rifiuti solidi urbani. A Sindelfingen (Stoccarda), città dell’industria automobilistica della Mercedes, fu creata la stampa di un settimanale (Palete) in diverse lingue. E così via, col motto di organizzare per conoscere i singoli pubblici, capire e provvedere di conseguenza.
I tedeschi non si fecero prendere dal panico e, con l’organizzazione dei vari pubblici, riuscirono a bloccare il fenomeno, non meno disastroso, dell’attuale migrazione dei popoli africani.
Questa scienza, purtroppo, non ha avuto fortuna nelle scuole italiane, mentre negli Stati Uniti, da tempo, crea professionisti di successo. E non tecnici di convenevoli aziendali e di vuoti “pierre” come è avvenuto da noi. Dunque cerchiamo di non perdere la testa perché si tratta di una crisi contenibile.
A PROPOSITO / LE CIFRE
Richieste di asilo presentate nei Paesi dell’Unione Europea
- 2.957.900 i rifugiati in Europa (dati Unhcr 2012)
- 327.600 i richiedenti asilo (casi pendenti)
- 97.643 in Francia
- 77.651 in Germania
- 43.786 in Svezia
- 38.570 in Belgio
- 36.522 nel Regno Unito
- 17.413 in Austria
- 17.352 in Italia
- 10.761 in Polonia
- 6.186 in Danimarca
Seguono con numeri inferiori gli altri Paesi