Uno straordinario ritrovamento ha permesso di risolvere uno dei principali cold case dell’archeologia mondiale.
La storia
Nel 1274 Kubilai, nipote di Gengis, ormai diventato imperatore della Cina, decise di conquistare anche il Giappone e tutte le isole che si trovavano all’estremità dell’Asia. Sfortunatamente non ci riuscì e fu ricacciato indietro. Nel 1281, allora, ci riprovò con forze maggiori, coinvolgendo i coreani (nel frattempo caduti sotto il dominio mongolo). Inviò così una flotta ‘bicefala’, nel senso che un ramo partiva direttamente da Quanzhou, Cina del sud, l’altro dal porto di Pusan, in Corea. I due tronconi si sarebbero dovuti ricongiungere direttamente nella Baia di Hakata, in Giappone, e lì scatenare l’inferno.
Anche stavolta gli andò buca però. Per colpa di un disastroso tifone che fece affondare la gran parte delle navi al largo del Kyushu (regione meridionale dell’arcipelago) e uccise migliaia di uomini. I giapponesi li chiamarono evocativamente kamikaze, cioè Venti divini… E così l’episodio passò alla storia o, meglio, al mito.
Unici momenti di battaglia vera tra mongoli e giapponesi (quelli raffigurati sui preziosi ekimono, rotoli di carta di riso che raccontano per immagini alcuni accadimenti del 1281) furono relativi alle incursioni dei samurai sulle navi mongole scampate al tifone.
Scontri corpo a corpo sanguinosissimi, al termine dei quali i guerrieri giapponesi spiccavano la testa dal tronco dei nemici e se la portavano via, come trofeo.
La missione
Gli archeologi nipponici hanno cercato per anni le prove di quel che successe veramente nel Kyushu e con l’aiuto degli italiani dell’I.R.I.A.E. (International Research Institute for Archaeology and Ethnology) di Napoli e dei loro partner della Soprintendenza del Mare della Regione siciliana hanno ricostruito l’accaduto, ritrovando la flotta. Alcuni elementi lignei e un po’ di materiale vario (tra cui preziosi teppo, bombe da lancio piene di polvere da sparo e pezzi di ferro, le prime inventate al mondo) erano venuti fuori nel corso di precedenti campagne ma la prova definitiva risale all’agosto del 2013, quando nel mare dell’isola di Takashima sono state trovate ancore, oggetti personali e tracce inequivocabili di un disastro ‘per cause naturali’. Uno dei più appassionanti cold case dell’archeologia mondiale è stato così risolto. La flotta di Kubilai è tutta lì.
L’anno prossimo saranno fatte altre ricerche con sofisticate tecnologie ma soprattutto cominceranno i lavori per allestire un immenso museo ‘in mare’. Il Giappone, infatti, quale firmatario della convenzione UNESCO, non asporterà più nulla dai suoi fondali ma lascerà che il mare stesso sia scrigno dei suoi tesori.
Credit foto Marco Merola / Prefettura di Nagasaki
Per saperne di più:
- Web: www.iriae.com
- Facebook: link alla pagina italiana
- LinkedIn: link alla pagina
- RaiNews24: link al video
A proposito di archeologia ed esplorazione:
- Cercatori di tesori in Italia. Quei tesori d’Italia che intrigano gli Indiana Jones. Armati di metal detector, i predatori di antiche ricchezze scandagliano terreni ed esplorano fortezze dal Piemonte alla Sardegna. Per vivere il brivido del ritrovamento
- Khaled al-Asaad, l’eroico custode di Palmira da non dimenticare. Federico Fazzuoli sull’incontro che aveva avuto con al-Asaad, archeologo e martire siriano barbaramente trucidato dai boia dell’Isis
- Il sito archeologico dell’antica Salapia piace agli americani. E a noi piacciono gli archeologi che la stanno riportando alla luce in Puglia
- Il “National Geographic” fa 130 anni: il fascino discreto della geografia. Una leggenda del giornalismo spegne 130 candeline. Bussola editoriale per quattro generazioni di americani guidati, molto prima che si usasse la parola ecologia, a conoscere diversità e fragilità dell’ambiente nei quattro angoli del mondo
- La prima farina della storia fu prodotta nel Gargano. Gli abitanti del sito di Grotta Paglicci, nel Gargano, producevano farina già 32.000 anni fa, nel Paleolitico superiore, macinando chicchi di avena selvatica
- John Bradford (1918-1975), storico inglese che scopriva le città sepolte in Puglia. Fu lui a individuare per primo, nelle immagini scattate in volo dalla RAF, i segni della presenza di antichi insediamenti dauni nel Tavoliere pugliese
- Giancarlo Ligabue, imprenditore ed esploratore, riceve l’omaggio di Venezia. Al famoso paleontologo è stato intitolato il Museo di Storia Naturale al quale ha donato molti suoi preziosi reperti, tra i quali gli scheletri di un dinosauro, l’Ouranosaurus nigeriensis, e quello del più grande coccodrillo della storia, scoperto durante una delle 130 spedizioni nei cinque continenti