In volo con Egidio Gavazzi, fondatore di "Airone".
Il ricordo del fotoreporter Daniele Pellegrini
ERA LA STAMPA, BELLEZZA! VIAGGIO NEL MONDO DEL GIORNALISMO DEL NOVECENTO | I NOSTRI ADDII
testo e fotografie di Daniele Pellegrini¹ per Giannella Channel
In volo con Egidio Gavazzi, fondatore di "Airone". Il ricordo del fotoreporter Daniele Pellegrini
ERA LA STAMPA, BELLEZZA!
testo e fotografie di Daniele Pellegrini¹ per Giannella Channel
Sabato 19 giugno 2021 giornali e tv hanno riportato la notizia che l’editore ambientalista Egidio Gavazzi, di 84 anni, era morto schiantandosi con il suo aereo da turismo, da lui stesso pilotato, mentre era in fase di atterraggio sull’aeroporto di Padova. Le cause dell’incidente, incerte, verranno chiarite dalle indagini in corso. Quello che è certo è che Gavazzi, fin da bambino, aveva il volo nel sangue e per tutta la vita aveva coltivato questa passione pilotando aerei di molti tipi, anche acrobatici. Di questa passione, e di tante altre, è stato testimone il grande fotoreporter Daniele Pellegrini, ben conosciuto anche dalla comunità di Giannella Channel perché fu un suo stretto collaboratore in campo editoriale negli anni che più lo resero famoso. Questo è il suo ricordo di Gavazzi, integrato dal primo editoriale firmato da Gavazzi in occasione della nascita di Airone. (s. gian.)
Agli inizi del 1981 Eliana Ferioli, una brillante giornalista con la quale avevo collaborato alle opere editoriali della Fratelli Fabbri, mi telefonò per dirmi:
Così mi ritrovai a Milano Due, il nuovo quartiere residenziale creato da Silvio Berlusconi, nella sede tirata a lustro della Giorgio Mondadori. Nuova casa editrice: nuove testate da progettare, tutto da ideare, tutto da realizzare. “C’è il progetto di una rivista di natura, di antropologia e di viaggi”, disse Eliana, “ti presento al direttore che l’ha ideata: Egidio Gavazzi”.
Da cacciatore a fotocacciatore
Fu allora che nella sua mente prese corpo un’idea, quella di fondare una rivista geografico-naturalistica che sapesse condensare le sue esperienze e, direi, il suo essere, a tutto beneficio dell’ambiente. La rivista doveva mostrare le meraviglie del pianeta con una veste degna di queste meraviglie: carta patinata, grafica essenziale e delicata, testi di grandi autori dal massimo rigore scientifico, disegni di grandi illustratori, grandi immagini dei migliori fotografi italiani e del mondo. E poi la stampa, sopraffina. Non fu facile per Egidio presentare un simile progetto a un editore perché presupponeva inevitabilmente dei costi molto elevati a fronte di un mercato che si supponeva ristretto. Ma seppe convincere Giorgio Mondadori.
Non avrei potuto immaginare che il sì che gli diedi avrebbe segnato così profondamente la mia vita perché avevo da poco concluso il giro del mondo in camion e con Airone avrei subito ripreso a fotografare intorno al mondo, a ritmi di lavoro frenetici, per altri 22 anni!
L’idea di Gavazzi fece di Airone uno dei più grandi successi editoriali degli anni ’80. Con 200.000 copie mensili vendute, per i lettori di natura e di viaggi Airone divenne quasi un oggetto di culto. E per la Giorgio Mondadori, si diceva, “una gallina dalle uova d’oro”.
Su e giù tra gli alianti nel cielo
Per fotografare gli alianti Egidio mi mise nelle mani anche di un altro espertissimo pilota, suo fratello Marco, grande compagno dei suoi sogni aeronautici. Con Marco, che aveva un monomotore Robin, ci mettemmo a inseguire gli alianti nel cielo, con tanti di quei “su e giù” che fu quasi una sessione di volo acrobatico.
Nel 1984 Egidio volle ampliare l’orizzonte geografico di Airone e scoprire come fosse la natura al di là della cortina di ferro. Andammo insieme in Russia. In piena guerra fredda la Russia era un Paese tabù e temevamo che non sarebbe stato facile per dei giornalisti avere dei permessi per viaggiare al di fuori dei circuiti classici.
Fummo accompagnati da loro giornalisti che, come spesso succede in Russia, dietro a una maschera impenetrabile, rivelarono un grande cuore e la voglia di esserci amici. Con loro potemmo visitare parchi e riserve naturali, incontrando ricercatori sovietici che studiavano animali come il bisonte europeo e il castoro.
Realizzammo una grande inchiesta di 38 pagine sulla natura dell’URSS che, per quei tempi, fu un autentico scoop.
Era la nuova via di Egidio: voleva un Airone più vicino all’uomo, all’ambiente e alle cause che lo distruggono. La siccità e la guerra avevano provocato nel Corno d’Africa una carestia di proporzioni bibliche con più di un milione di morti. Tutti i media diffondevano immagini raccapriccianti di esseri ischeletriti dalla fame nei villaggi dell’altipiano etiopico.
Ci imbarcammo a Ciampino su un G 222, aereo da trasporto dell’Aeronautica Militare carico di aiuti, destinazione Addis Abeba. Con noi anche Viviana Kasam, grande giornalista del Corriere della Sera, collaboratrice pure di Airone [qui un suo aggiornato profilo biografico, Ndr]. Fu un servizio memorabile che qui voglio raccontare perché ci consentì di documentare anche un evento storico.
L’Italia in Africa, con NATO e Patto di Varsavia
Staffan de Mistura lo avrei ritrovato anni dopo in altre grandi missioni umanitarie in Afghanistan e nel Kurdistan iracheno. Diplomatico di lungo corso, divenne poi Viceministro degli Esteri nel governo Monti e Ambasciatore inviato speciale dell’ONU nelle grandi crisi in Afghanistan, Irak e Siria. Egidio ne restò assolutamente affascinato.
Etiopia, 1985. Operazione San Bernardo. Egidio Gavazzi (in completo jeans) con Staffan de Mistura (in sahariana). A destra, due piloti polacchi. A sinistra, un militare etiopico.
Per fortuna c’era la Cooperazione Italiana. Egidio, e con lui Viviana Kasam, rimasero molto colpiti dal livello di assistenza che riusciva a fornire. Un grande cartello indicava la presenza di un Italian Medical Team che aveva come responsabile un nome ora molto popolare in Italia: il dottor Agostino Miozzo, divenuto recentemente coordinatore del Comitato tecnico scientifico per il Covid 19. Miozzo e i suoi in quell’inferno facevano davvero miracoli.
Macallè, Etiopia, 1985. Egidio Gavazzi con un gruppo di bambini nel campo della Cooperazione Italiana che assiste i rifugiati che qui affluiscono a causa della grande carestia
Dall’Etiopia volammo nella regione subsahariana del Sahel, in Niger, dove la Cooperazione Italiana stava realizzando un progetto che a Egidio piacque molto, perché sintetizzava il suo modo di concepire la salvaguardia dell’ambiente, cioè a misura d’uomo: il progetto Keità. Era febbraio, la stagione dello Harmattan. Quel vento del deserto sollevava la sabbia che penetrava dappertutto. Il cielo era permanentemente giallo. Qui un piccolo, ma efficientissimo gruppo di agronomi italiani stava cercando di fermare l’avanzata del deserto e rendere ancora possibile la vita.
I nostri agronomi avevano studiato a fondo le tecniche agricole tradizionali del posto, non le avevano affatto scartate a priori, e avevano soltanto deciso di ottimizzarle al massimo livello, con l’aiuto, sì, di elementi moderni, ma facendo in modo che i residenti recepissero il processo evolutivo e lo facessero convintamente proprio. Egidio era rapito nel vedere con quanta lena i Peul e gli Haussa della zona irrigassero i campi con l’acqua attinta da una miriade di nuovi pozzi e andò in visibilio quando i nostri agronomi ci condussero al vivaio: c’era il repertorio completo delle piante del Sahel.
Migliaia e migliaia di piantine, baobab, gaò, aduà, pronte per fermare il deserto e riforestare il territorio.
Niger, 1985. Egidio Gavazzi, a sinistra, parla con un funzionario locale interessato al Progetto Keita, della Cooperazione Italiana.
In visita da Sandro Pertini
Nell’Africa in particolare vedeva la piaga atavica del tribalismo e della corruzione. “Non basta portare il pesce”, aggiunse, “bisogna insegnare a pescare”. “È proprio quello che sta facendo la Cooperazione, l’abbiamo visto con i nostri occhi!”, reagì con forza Gavazzi.
Ma Pertini fece spallucce e volle cambiare argomento. Parlammo un po’ del più e del meno. Poi si accomiatò da noi porgendo a tutti la sua mano destra. Nella sinistra reggeva la sua inseparabile pipa. “Mi saluti tanto Giorgio Mondadori, grande editore”, disse per ultimo a Gavazzi.
L’incontro con il Presidente della Repubblica rappresentò l’apice del successo per Egidio. Forte delle tante copie vendute voleva che Giorgio Mondadori investisse su un suo progetto di nuove testate che gli aveva presentato. Giorgio Mondadori aveva già un suo progetto di espansione del gruppo – testate come Bell’Italia e Bell’Europa erano in cantiere – e non se la sentiva di impegnarsi contemporaneamente in altre avventure. Già c’erano state molte frizioni con l’editore che si acuirono vertiginosamente. Nel giro di pochi mesi Gavazzi ruppe con Mondadori e decise di mettersi in proprio, creando una nuova casa editrice.
Daniele Pellegrini, a sinistra, saluta il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il 29.04.1985.
A destra, il direttore di Airone, Egidio Gavazzi. Tutta la redazione di Airone andò in visita al Quirinale.
Foto: Presidenza della Repubblica.
Mi convocò l’amministratore delegato Giorgio Trombetta Panigadi, che mi voleva bene quanto Egidio. “Avvocato”, gli dissi, “sento di avere un debito di riconoscenza verso Gavazzi per tutta la fiducia che mi ha dato. Temo di dover lasciare Airone”. “Rispetto il suo coraggio”, rispose, “perché sa che Gavazzi da solo non ce la può fare. Ma facciamo così: vada con lui e fra un anno ne riparliamo. Airone, lei lo sa, è casa sua”. E così fu.
Nell’idea di Egidio, le Edizioni del Cormorano dovevano essere più specializzate di Airone e toccare interessi sempre legati alla natura, ma più definiti.
La prima testata fu Aqua, rivista geografica dedicata al mare e alle acque dolci. La seconda era in cantiere e sarebbe uscita un anno dopo: l’avrebbe chiamata Silva, tutta natura e animali. Le altre che aveva in progetto dovevano occupare i vari settori del tempo libero e degli sport in natura.
Aqua, magnifica, ebbe un esordio lusinghiero, all’altezza delle aspettative di Egidio, ma era anche il 1986, non più il 1981. Airone era un colosso inattaccabile e tante altre riviste di qualità, di natura e di viaggio, erano nate nel frattempo. Egidio sperava che le vendite sarebbero andate a crescere come era stato trionfalmente per Airone, ma non fu così. Apparve con sempre maggiore evidenza che la qualità così elevata aveva un costo che non era proporzionato alle entrate. Egidio non voleva ridurre le sue riviste a giornaletti e le sue difficoltà furono chiare.
Il suo sogno stava ormai incrinandosi, quando, un anno dopo, puntualmente, l’Avvocato Giorgio Trombetta Panigadi mi telefonò: “Allora Pellegrini, cosa le avevo detto? Airone è la sua casa, ricorda”? Per me fu il richiamo della foresta.
Con tristezza dissi ad Egidio che la nostra fantastica avventura insieme era destinata a concludersi e io dovevo pensare al mio futuro. So che ci rimase molto male, perché vedeva nella mia defezione la conferma di uno stato di cose che non voleva ammettere.
Ma capì. Non poteva non capire. E non gli feci mancare la mia gratitudine.
Accolto dal nuovo direttore Giannella
Sulla spinta di quanto già facevo con Egidio – e apro qui una parentesi nel mio ricordo di lui – Giannella mi incaricò di svolgere temi di grandissimo interesse e fascino, spesso oggetto di lunghi “speciali”. Ne cito solo alcuni: due operazioni umanitarie delle Nazioni Unite in Afghanistan e in Kurdistan, la grande avventura dei Fenici, il mistero di Atlantide, la riscoperta di Pompei, la Cina delle minoranze etniche, il panda nelle foreste del Sichuan, il risveglio dei nativi americani,
Rimasi ad Airone fino al 2003 quando ormai Urbano Cairo aveva acquistato la Giorgio Mondadori, portando nuove idee.
Dopo gli anni di Giannella (1986-1994) ebbi altri grandi direttori come Nicoletta Salvatori e Nuccio Madera, di cui non parlo qui, solo per brevità. Ultima mia direttrice fu proprio Eliana Ferioli, grande professionista, inossidabile, che mi aveva presentato a Gavazzi tanti anni prima. Anche lei lasciò poco dopo.
Egidio si ritirò a vita privata, continuando a coltivare le sue passioni. Nel 1992 tornò prepotentemente sulla scena. Entrò in contatto con il Touring Club e fondò un’ultima rivista, di reportages di viaggio: Alisei. Testata molto spettacolare, accattivante. Il primo numero aveva in copertina, guarda caso, un aereo biplano rosso, in volo, ripreso da una fotocamera piazzata su un’ala.
Egidio viveva tra Milano, Londra e la Svizzera e io, impegnato com’ero con Airone nei miei viaggi intorno al mondo, lo sentii raramente. Ma sapevo che continuava a volare, con gli uccelli del cielo e con gli aerei.
Nel 2005 scrisse un libro, Desiderio di volo (Sironi Editore) nel quale spiegò come da bambino sognando il volo degli uccelli, si identificò nel nibbio:
Il suo desiderio di volo non si è spento nel cielo di Padova.
Fotogallery
Dall’album: Operazione San Bernardo
IL BELLO DELLA MEMORIA
Perché natura, perché l’Airone
Il primo editoriale di Egidio Gavazzi
Sul finire degli anni Sessanta esplose in Italia l’interesse per la natura. Un fatto culturale di portata storica che consegue al risveglio di una coscienza ecologica. Oggi si può affermare che chiunque guardi alla natura è in pratica interessato, e spesso coinvolto, nella complessa diatriba sulla tutela ambientale. Un indice della consistenza di questo fenomeno è dato dalla diffusione dei bollettini delle libere associazioni che si occupano di natura e della sua protezione: Wwf, Lipu (Lega per la protezione degli uccelli), Pro Natura, Società di caccia fotografica, Italia nostra, Lega per l’ambiente e così via, tanto per citarne alcuni. Sono decine e decine di migliaia di copie inviate su abbonamento – una vera e propria editoria sommersa – che testimoniano non solo la diffusione dell’interesse per la natura, ma anche la valenza di questo interesse, che giunge a esprimersi in maniera vistosa nel fenomeno associazionistico.
C’è poi un tipo di interesse per la natura che esiste da sempre, un interesse che non è di tipo culturale, ideologico, che non è nato col movimento ecologico sopravvissuto nei musei di storia naturale. È l’interesse per la natura di coloro che vanno in montagna, di coloro che vanno sott’acqua, di quelli che cercano funghi, che vanno a pescare, che amano il mare, il cavallo, il fuoristrada, la tenda, i viaggi, lo sci. Ora, gran parte di questa categoria di persone, di questi amanti della natura istintivi ha recepito negli ultimi anni un messaggio ecologico ed è stata contagiata da un interesse di tipo più culturale per la natura. Oggi, pertanto, chi va in montagna sempre più spesso conosce il nome latino dei fiori che incontra, e chi va sott’acqua ha, molte volte, più che un’infarinatura sulla complessa biologia dell’ambiente marino.,
Fino, dunque, al diffondersi generalizzato dell’interesse per la natura, non esisteva un comune denominatore, editorialmente parlando, in grado di ottenere contemporanea attenzione presso queste vaste ed eterogenee categorie di persone. Oggi, invece, a parere nostro, questo comune denominatore c’è, e può consistere in una pubblicazione che parli di natura e di ambiente, di geografia come natura, di tempo libero e di viaggi in chiave naturalistica; una pubblicazione dove la natura non sia trattata come qualcosa di estraneo, di sacro e distante, ma dove questa sia vissuta come un momento dell’esistenza quotidiana, fruibile, godibile, piacevole, facile da capire e soprattutto a portata di mano.
L’Airone si propone di soddisfare in un’unica testata tutta la varietà di interessi e di curiosità per la natura, così come si manifestano in maniera molto diversa da individuo a individuo, a seconda delle inclinazioni e del carattere, e anche nello stesso individuo, a seconda del momento. Ecco perché l’Airone parlerà di scienza, d’arte (naturalistica), di politica, di cultura, di ecologia, ma anche di campeggio, di sport, di viaggi, di fotografia, di immersioni. Questo non tanto perché esistono lettori del primo tipo e lettori del secondo, ma piuttosto perché tutti questi argomenti sono di fatto o in potenza ugualmente interessanti per un’unica maggioranza di lettori.
L’Airone, dunque, è una pubblicazione che si rivolge a coloro che amano la natura e non semplicemente un mensile di natura è di geografia. In altre parole, non abbiamo voluto dar vita a un’ordinata rassegna di geografia, di ecologia e di scienze naturali, ma bensì a un giornale che sia vivo e interessante da leggere per un lettore culturalmente e istintivamente disponibile nei confronti di questi argomenti. Ne è nata una pubblicazione molto articolata, vivace, particolare, adattata alle attese e alle curiosità latenti di una categoria di lettori che speriamo numerosa e sintonizzata sulla nostra lunghezza d’onda.
Noi, quindi, speriamo che l’Airone abbia le carte in regola per rappresentare un episodio culturale di un certo rilievo, per contribuire a diffondere una mentalità naturalistica ed ecologica e a riorientare l’attenzione del pubblico verso il sapere scientifico. Soltanto il tempo potrà dire se queste ambizioni sono fondate.
(via email)
Caro direttore, Mi piace segnalare, per la tua curiosa e studiosa comunità, un approfondimento della biografia del bravissimo fotoreporter Daniele Pellegrini: anche il nonno di Daniele, come il grande padre Lino, era stato giornalista. Battista Pellegrini (figlio del senatore Clemente), nato a Venezia nel 1875, era stato stretto collaboratore del presidente del Consiglio Zanardelli. Nel 1907 scrisse e pubblicò un volume illustrato, intitolato “Verso la guerra”, sul quale prevedeva il mutamento di alleanze dell’Italia, con relative conseguenze, promosse l’espansione italiana nelle colonie. Fu, per un breve periodo, direttore del Secolo XIX, poi, sempre giornalista, specializzato nel campo politico-economico. Corrispondente dall’Italia, per lunghi anni, dei quotidiani di Buenos Aires La Razòn e Clarìn. Titolare della rubrica dell’EIAR (ex RAI) Avvenimenti e problemi. Quando morì, nel 1956, era ancora corrispondente (con due servizi telegrafici alla settimana) del Clarìn.