I tagli imposti dai creditori internazionali hanno privato migliaia di greci della copertura sanitaria e dell’accesso ai farmaci. Una rete clandestina di medici cerca di alleviare una situazione sempre più disperata

l’ospedale didymóteicho di evros, agosto 2012

Dato che è il primario del reparto di oncologia più grande di tutta la Grecia, il dottor Kostas Syrigos pensava di aver visto di tutto, ma non era affatto pronto al caso di Elena, una signora disoccupata alla quale era stato diagnosticato un tumore alla mammella un anno prima. A quel punto il cancro era ormai diventato grande quanto un’arancia, e aveva lacerato l’epidermide, lasciando una piaga che la signora drenava con semplici fazzolettini di carta.

“Quando l’abbiamo visitata siamo rimasti senza parole”, ha detto Syrigos, primario del reparto di oncologia dell’ospedale Sotiria nel centro di Atene. “Siamo scoppiati tutti in lacrime. Una situazione del genere la si legge soltanto sui libri, ma non capita di averla sotto gli occhi, almeno finora. Chiunque si ammalasse in questo paese è stato sempre curato”.

La vita in Grecia è cambiata radicalmente da quando è cominciata la crisi del debito, ma sono pochi gli ambiti che più del settore sanitario evidenziano come il cambiamento è stato enorme. Fino a poco tempo fa, la Grecia aveva il tipico sistema sanitario: chi perdeva il posto di lavoro godeva per un anno dell’assistenza sanitaria e dei sussidi di disoccupazione, ma nel caso in cui non potesse permetterselo era curato in ospedale anche al termine di queste indennità.

Le cose sono cambiate nel luglio 2011, quando la Grecia ha firmato un altro patto per ottenere un prestito da altri paesi e scongiurare il collasso economico. In base all’accordo, quando i sussidi finiscono i greci devono pagare le cure di tasca propria.

Circa la metà dei disoccupati greci a lungo termine, complessivamente 1,2 milioni di persone, è privo di assicurazione sanitaria. Si tratta di un numero che dovrebbe aumentare di molto, dato che il paese ha un tasso di disoccupazione del 25 per cento e un’economia agonizzante: così afferma Savas Robolis, direttore dell’Istituto del lavoro della confederazione generale dei lavoratori greci.

I cambiamenti stanno costringendo un numero crescente di persone a cercare assistenza al di fuori del sistema sanitario tradizionale. Elena, per esempio, è stata indirizzata al dottor Syrigos dai medici di un movimento clandestino che è nato in questo paese per curare chi non ha l’assicurazione medica. “Oggi in Grecia disoccupazione significa morte”, dice Syrigos, un uomo imponente e austero che si ammorbidisce quando parla dei malati di cancro.

Gli sviluppi sono del tutti inediti per i greci, e forse anche per l’Europa. Il cambiamento è particolarmente impressionante nella cura dei tumori, che comporta trattamenti lunghi e costosi. Quando si diagnostica un tumore a chi non è assicurato, dice Syrigos, “il sistema molto semplicemente lo ignora: non può avere accesso alla chemioterapia, all’intervento chirurgico e neppure ai farmaci”.

Il sistema sanitario stesso sta diventando sempre meno funzionale, e potrebbe peggiorare se il governo tagliasse la spesa sanitaria di altri 1,5 miliardi di euro, come ha proposto di fare nell’ambito del nuovo piano di austerity indispensabile a ottenere altri finanziamenti. Con le casse dello stato prosciugate, i rifornimenti sono tali che alcuni pazienti sono costretti a procurarsi da soli il necessario, dagli stent alle siringhe.

In Grecia ormai ospedali e farmacie esigono pagamenti in contanti per le medicine, che nel caso dei pazienti oncologici possono arrivare a decine di migliaia di euro, cifre che la maggior parte di loro non ha. Con il peggiorare della situazione, Syrigos e altri medici hanno deciso di prendere l’iniziativa. All’inizio di quest’anno hanno costituito una rete segreta per aiutare i malati privi di copertura assicurativa. La rete opera al di fuori dell’ufficialità, usa soltanto medicine in eccesso donate dalle farmacie, da alcune società farmaceutiche e perfino dalle famiglie di malati di tumore deceduti. In Grecia se un medico è scoperto mentre aiuta una persona priva di assicurazione utilizzando i farmaci dell’ospedale deve coprire le spese di tasca propria.

“Siamo una rete di Robin Hood”, dice Giorgios Vichas, cardiologo della Clinica sociale metropolitana, fuori Atene. Vichas ha fondato il movimento clandestino a gennaio. “La nostra operazione, tuttavia, ha un’inevitabile scadenza: prima o poi la gente non sarà più in grado di fare donazioni a causa della crisi e per questo motivo stiamo esercitando pressioni sul governo perché torni ad assumersene la responsabilità”.

Un atto di resistenza. Mentre parla arriva Elena. Indossa un copricapo grigio plissettato e una camicetta viola larga: viene per ritirare le medicine che le servono ad affrontare gli effetti del trattamento chemioterapico che ha ricevuto da poco dal dottor Syrigos. Racconta di essere rimasta priva di copertura sanitaria dopo aver lasciato il suo posto di insegnante per occuparsi dei genitori, entrambi malati di tumore, e di uno zio malato.

Quando sono tutti morti, la Grecia è stata investita dalla crisi finanziaria e a 58 anni non è riuscita a trovare un posto di lavoro. Quando poi ha scoperto di avere lei stessa il tipo di tumore alla mammella che aveva ucciso sua madre è andata nel panico: le cure le sarebbero costate almeno 40mila dollari, le è stato detto, e la sua famiglia era a corto di risparmi. Ha provato a vendere un piccolo appezzamento di terreno di sua proprietà, ma nessuno ha voluto comperarlo.

Il cancro si è esteso ed Elena non è riuscita a trovare chi la curasse fino a pochi mesi fa, quando tramite il passaparola è venuta a sapere dell’esistenza della clinica segreta del dottor Vichas. “Se non fossi riuscita a venire qui, non avrei fatto niente. In Grecia oggi è indispensabile venire a patti con sé stessi e fare il possibile per non ammalarsi seriamente”.

Elena è scandalizzata dal fatto che lo Stato greco si sia tirato indietro rispetto a una garanzia fondamentale offerta alla società, ma il fatto che i medici e i suoi connazionali stiano organizzandosi per dare aiuto dove lo stato è venuto meno le ha infuso speranza nei momenti più bui: “Queste sono persone che hanno davvero a cuore i malati”.

Secondo Vichas, la terapia migliore probabilmente non è quella farmaceutica, ma l’ottimismo che questo gruppo di moderni Robin Hood sa infondere in chi ha quasi perso la speranza, e dice che “forse dalla crisi abbiamo guadagnato almeno il fatto di diventare più vicini gli uni agli altri”. Poi, rivolgendo lo sguardo ai volontari e ai pazienti che affollano la clinica, ha aggiunto: “La nostra è resistenza. La nazione, il popolo resistono, si rimettono in piedi e cercano di andare avanti aiutandosi gli uni gli altri”.

Fonte: New York Times – traduzione di Anna Bissanti