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Cara Antonella Clerici,

la visione delle prime puntate del nuovo Portobello coincide con la lettura di un gradevole libro che mi fa compagnia: Messaggi di lingue tagliate (Narrativa Aracne) una serie di storie siciliane raccolte da un bravo giornalista e sociologo di quell’isola, Salvatore Cosentino, che dal 1956 dal suo borgo nativo di Mirabella Imbaccari (Catania) esplora con libri e articoli di giornali (Il Giornale, Corriere della Sera, la Sicilia) un’umanità minore facendosene autorevole portavoce. I lettori di Giannella Channel hanno già avuto modo di leggere un suo intervento su come non perdere la testa con il drammatico problema degli immigrati.

Tra quelle pagine trovo questa storia di un pappagallo siculo-tedesco innamoratosi della terra siciliana che, in coincidenza con il tuo compleanno di dicembre, ti voglio idealmente indirizzare, da antico collega e amico: certamente ti incuriosirà, in questa fase professionale in cui hai preso confidenza con questi coloratissimi pennuti. Buona lettura. (s. gian.)

Una famiglia di emigrati, tornando in Sicilia per trascorrere le ferie, ha portato con sé – fra gli altri fagotti – un pappagallo in gabbia. Un uccello, per le nostre consuetudini contadine e per retaggi antichi di un popolo affamato dai suoi dominatori e dalle cattive annate, si identifica spesso con l’idea della caccia. Si cattura con i lacci. I monelli di una volta lo colpivano con la fionda. Si alleva in gabbia, se si tratta di un bel esemplare. Raramente si compra. Facilmente si dona.

In Germania, e nei paesi nordici – dicono i nostri emigrati – gli uccelli sono bestie sacre. Leggi rigorose e, soprattutto, cittadini fanatici (magari disposti a perdonare truci delitti) infieriscono sui trasgressori, senza pietà.

Questo pappagallo “in ferie” è stato pagato cento marchi. Evidentemente, questa è un’epoca grassa per l’economia della famiglia dell’emigrato, dopo tanti anni vissuti in ristrettezze e in sofferta limitazione del necessario. Ma ci vale per i soldi spesi.

È di un vivace colore verde pisello, becco rosso e arcigno, elegante e altezzoso nei movimenti, gran chiacchierone, naturalmente in lingua tedesca. Mi dicono che ancora nessuno è riuscito a insegnargli qualche parola in siciliano. Ha pure altri pregi.

Di buon mattino, all’ora prestabilita – precisione al minuto – con la durezza della lingua teutonica, sveglia i padroni. Bisogna andare a lavoro senza perdere tempo, ripete più volte.

Circola libero in casa, essendosi adattato all’ambiente domestico. Tiene compagnia ai bambini che restano a casa, sopporta la presenza dei parenti venuti dalla Sicilia e che non conoscono una sola parola di tedesco. Un pappagallo, insomma, che aveva meritato lo stanziamento di cento marchi da parte di chi non ne possiede molti.

Non saprei immaginare e descrivere il suo primo viaggio in Sicilia, alla scoperta di un cielo che si schiarisce sempre più, a mano a mano che ci si allontana dalle Alpi. La scoperta del sole di agosto che lascia nei prati soltanto il verde degli alberi e dei filari delle viti. Non so nemmeno immaginare il suo confronto linguistico con le chiacchiere degli Italiani, con le voci stentoree alla radio e alla televisione.

Nessuno lo saprà mai, come nessuno saprà considerare l’impatto e lo sbigottimento del nostro concittadino con la città tedesca al suo primo arrivo.

Schatz – così si chiama – ha mostrato subito una particolare euforia nel trovarsi in Sicilia. Come se si disponesse a sorridere, per la prima volta nella sua vita.

L’accoglienza dei bambini del quartiere – così come è costume da noi per tutti i forestieri – è stata festante. Una gara generale per offrire il migliore mangime. Schatz si è limitato a semplici assaggi, come chi non intende interrompere la dieta dimagrante.

È diventato più mattiniero del solito, come nell’ansia di far cominciare prima un’emozionante giornata. Ma ciò ha infastidito i padroni di casa, venuti in Sicilia per riposarsi.

Ha svolazzato per casa, perdendo l’abituale contegno flemmatico. È passato da un balcone all’altro, forse nell’intendimento di prendere la tintarella da ostentare in Germania.

Ubbidientissimo, come al solito, al richiamo “Komm!! (Vieni qui!), ha sbalordito i vicini di casa, anche perché molti non avevano visto mai un uccello che ubbidisce come un cane e, per di più, che sappia anche parlare. Ha ripetuto parole e motti che, in Germania, pronunciava con difficoltà. Un pappagallo felice, dice il padrone, che ha perso la testa.

Nella periferia di questo piccolo centro dell’entroterra, ho una casa che non si può più ritenere “di campagna”, per l’assedio urbanistico del cosiddetto quartiere tedesco (tedesco, perché è costituito, nella maggior parte dei casi, dalle case che si cono costruiti gli emigrati). La mia “isola” ha un verde fittissimo e vario. In questa piccola oasi, gli alberi da frutta non vengono contaminati dagli anticrittogamici, perché ho un patto di mezzadria con gli insetti e con i parassiti. Gli uccelli, trovando questo verde delizioso, vengono in numerose schiere, anche perché hanno molto da condividere con i colombi che allevo.

Schatz ha mostrato subito un particolare attaccamento al mio verde. Attaccamento che presto mi ha messo in imbarazzo, perché ha dimenticato i padroni, rifiutando di tornare in Germania. Un comportamento imprevedibile dopo tanti anni di fedeltà assoluta e di ubbidienza al primo richiamo.

Il padrone si è sgolato per ben due giorni, mostrando il mangime preferito, immaginando il diniego per ragioni alimentari. Ha usato il richiamo “Komm!” autoritariamente, alternandolo con carezzevoli implorazioni. Per le grandi risate che ha suscitato fra i contadini, ha rischiato di farsi appioppare il soprannome di “sciazzo” (i soprannomi in Sicilia, se bene appioppati, non te li toglie più nessuno di dosso. Riescono, col tempo, a sostituire i cognomi).

Ogni tentativo non ha avuto fortuna. Schatz aveva scelto la libertà.

Quando il padrone è venuto a salutarmi, si è limitato a raccomandarmelo. Mi ha lasciato del mangime speciale per pappagalli di cui Schatz è ghiotto. Mi ha scritto la parola adatta per farmelo venire sulla spalla ed è partito con la speranza di riaverlo non appena possibile.

Confesso il mio disagio, anche perché non conosco la lingua tedesca e ritengo di essere la persona meno adatta a persuadere ad ubbidirmi chi la ragiona con mentalità teutonica. Schatz resta insensibile a ogni richiamo, guardandomi dal pino più alto. Di tanto in tanto, starnazza mitragliando un chiacchiericcio incomprensibile, ma non si sposta dalla solennità del suo podio. Ho provato persino a pronunziare – non so perché o per quale associazione di idee – la parola Hitler, e me lo sono visto fuggire di botto, come inseguito da una donnola.

Andate a capire della Germania anche i pappagalli.

Un fatto è certo: Schatz ha perso la testa venendo in questa Sicilia da cui si parte in cerca di riscatto. Ha scelto la libertà proprio in un paese che non tutela la vita degli uccelli, ma che gli ha restituito l’animalità originaria, la gioia di vivere sugli alberi e di beccare una gran varietà di cibo naturale. Ha la possibilità di cancellare il linguaggio artificiale impostogli dall’uomo nell’intendimento di “civilizzarlo” addomesticandolo.

Adesso potrebbe imparare il siciliano, ma solo se vorrà.

Mentre scrivo, lo vedo appollaiato sulla cima del pino più alto, scontroso e riservato con gli altri uccelli che saltellano intorno, dignitoso e impettito. Rassomiglia stranamente a uno di quei dignitari della corte nazista che hanno trovato scampo nel Sud America, assaporando quella libertà che poi è soltanto tristezza e solitudine.

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* Salvatore Cosentino è uno scrittore impegnato a esplorare la miniera delle storie della Sicilia. È nato e vive a Mirabella Imbaccari (Catania). Ha diretto, dal 1976 al 1979, la Scuola di Scienze sociali presso l’Istituto di Sociologia di Caltagirone. Nel 1979 istituì, presso questo Istituto, la cattedra di “Scienza delle Relazioni pubbliche” (la prima in Italia), secondo il metodo della scuola americana a indirizzo pragmatista, pubblicando due testi didattici. Ha tenuto seminari di “Sociologia dell’emigrazione” presso l’Istituto di Antropologia culturale ed Etnologia europea dell’università di Francoforte (Germania) nel 1986. Ha collaborato, per l’economia siciliana, col Giornale diretto da Indro Montanelli, con il Corriere della Sera, con La Sicilia di Catania e con l’Enciclopedia Italiana Treccani. Tra i suoi 35 libri su vari argomenti, ricordiamo “Il giallo della benzina solida”, storia di un brevetto maledetto fiorito nella mente di un inventore siciliano (la mia ri-lettura attuale, ne parlerò ampiamente nei prossimi giorni). Cosentino è su Facebook.