Secondo una ricerca 2014 del World Economic Forum, tra i dieci pericoli maggiori del nostro tempo c’è la diffusione di false notizie, ree di sviare l’opinione pubblica sui temi politici ed economici, ma soprattutto di diffondere falsi miti in campo scientifico come quelli dell’Aids non legato all’Hiv, dei vaccini che diffondono l’autismo, delle scie chimiche degli aerei seminatrici di morte. Dallo stesso studio emerge che l’attenzione pubblica è scarsa e la disinformazione enorme. Come individuare dunque le notizie false e chi sono i lettori più esposti alle ‘bufale’? Se l’è chiesto un gruppo di studiosi della Northeastern University di Boston, dell’Università di Lione e del Laboratory of Computational Social Science dell’Istituto di alti studi di Lucca in una ricerca dal titolo Collective Attention in the Age of (Mis)information (L’attenzione collettiva nell’età della (dis)informazione – link).
Lo studio ha seguito durante la campagna elettorale politica italiana del 2013 oltre 2.300.000 persone su social media come Facebook e i risultati negano la tesi popolare dell’intelligenza collettiva che animerebbe la Rete, provando invece un iceberg grigio di credulità collettiva. I seguaci delle teorie del complotto credono che il mondo sia controllato da persone o organizzazioni. La ricerca prova come la dinamica di Facebook, mescolando in modo apparentemente neutrale vero e falso, finisca per affermare molte menzogne come verità. Suscita preoccupazione la par condicio on line tra fonti prive di autenticità e siti professionali: chi cerca informazioni finisce per prestare uguale attenzione a ‘bufale’ e a notizie vere.
Per arginare il dilagare di ‘notizie sensazionali senza fondamenti’ è stato lanciato negli Stati Uniti il ‘Trust Project’, un saggio firmato da Richard Gringras, direttore per le news e i social di Google, e da Sally Lehrman, docente di etica del giornalismo all’Università di Santa Clara. Gli autori spiegano che, per recuperare il rapporto di fiducia tra utenti e testate giornalistiche più o meno ‘tradizionali’, bisognerebbe rendere esplicito il nome dell’autore (non sempre è così), il metodo di raccolta delle fonti, i vari livelli di controllo di chi ha ‘passato’ la notizia, l’identità di tutti coloro che fanno parte della catena della fabbrica delle notizie.
Per saperne di più: Online Chaos Demands Radical Action by Journalism to Earn Trust (link).
A PROPOSITO
Ragionare da scienziati?
Macché, italiani credulona gente
testo di Tullio De Mauro* / Internazionale
Il quotidiano londinese The Guardian del 19 settembre 2014 ha dedicato un articolo al curricolo sui cambiamenti climatici elaborato dal Botanic Garden di Chicago con l’aiuto della Nasa. Il curricolo potrebbe migliorare l’insegnamento delle scienze e preparare meglio gli alunni a navigare nel mondo d’oggi. Molti lettori hanno reagito con critiche.
L’articolo in realtà riguarda la situazione delle scuole negli Stati Uniti e i critici rivendicano una migliore condizione dell’insegnamento scientifico nel Regno Unito. Alcuni lettori toccano un punto cruciale, lo stesso affrontato il 7 ottobre in un convegno dell’Accademia dei lincei da Giuseppe Macino, illustre biologo cellulare: come presentare la scienza nei primi anni di scuola.
L’apprendimento delle scienze è un punto debole dei sistemi educativi. S’insegnano magari molto, ma si apprendono poco. La recente indagine Ocse sulle capacità di ragionamento scientifico degli adulti è impietosa. Nella maggioranza dei paesi anche più sviluppati più della metà della popolazione è sotto il livello di guardia in materia di ragionamento scientifico: il 71 per cento in Italia e in Spagna, il 64 per cento negli Stati Uniti, il 62 in Francia, il 58 nel Regno Unito, il 50 in Germania. Anche in paesi virtuosi il deficit è alto: 42 per cento in Finlandia, 36 in Giappone.
Dice una lettrice del Guardian: dobbiamo dare ai ragazzi non cataloghi di nozioni, ma menti aperte all’indagine, capacità di capire che cos’è un approccio scientifico e infine un sano scetticismo verso le idee in voga. •
* Tullio De Mauro (Torre Annunziata, 1932) è il più famoso linguista italiano. Dal 2007 dirige la Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e presiede il comitato direttivo del Premio Strega. È fratello minore di Mauro De Mauro, giornalista de l’Ora di Palermo rapito e ucciso dalla mafia nel settembre 1970, e padre di Giovanni De Mauro, direttore della rivista Internazionaleche ogni settimana divulga il meglio dei giornali di tutto il mondo. È stato ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Amato II (dal 25 aprile 2000 all’11 giugno 2001)
Mi piacerebbe pensare che una firma e la testimonianza del metodo e della deontologia giornalistica possano bastare a riacquisire la fiducia perduta. Si tratta di scoprire forse un nuovo modo di fare giornalismo che vinca la sua battaglia sul campo. Ma per questo ci vogliono persone nuove che in quel campo sono nate e che il nostro settarismo e la nostra economia costringe nell’ombra e mette fuori gioco. Dove sono i nativi della rete dentro le redazioni? Quante opportunità hanno i nuovi giornalisti?
A proposito dell’oltraggiosa classificazione degli italiani in materia di conoscenze scientifiche e sistemi educativi, forse non è inutile sottolineare che i programmi scolastici sono formulati a livello governativo, dai “competenti” ministri alla Pubblica Istruzione.