Quando il grande giornalista Enzo Bettiza mi indicò il suo eroe vivente: Mario Draghi, italiano europeo che punta su competenza e controllo

Sono tra gli orfani di Mario Draghi, un premier che aveva restituito dignità e fiducia agli italiani e a quanti nel mondo guardano all’Italia con ammirazione (mista a preoccupazione per le derive che possono procurare incompetenze e sovranismi di vario genere). Un premier che ha guidato la barca dell’Italia in un mare tempestoso per la “tempesta perfetta” di varie emergenze (sanitaria, sociale, energetica, di guerra). E l’ha guidata a stipendio zero, particolare misconosciuto, in quanto il presidente del Consiglio fin dal suo insediamento ha rinunciato allo stipendio. Non ha preso gli 88.354 euro lordi annui che riceveva il suo predecessore, Giuseppe Conte dopo esserselo decurtato del 20%. E in me, innescato dalle parole di Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita (“è stato un premier che ha saputo tenere lontano da sé i riflettori”) è affiorato il ricordo di quando incontrai un grande giornalista, Enzo Bettiza, che mi indicò proprio in Draghi, allora a Francoforte come presidente della Banca centrale europea, il suo eroe vivente. E, rileggendo quelle parole nell’intervista a Bettiza (caro e acuto commensale nelle serate del Cenacolo organizzato periodicamente e generosamente dallo stilista Ottavio Missoni) si capisce perché il poco poco appariscente premier ha calamitato simpatie e ringraziamenti quasi unanimi. Riecco quel colloquio. (S. Gian.)

Era l’estate del 2015 ed Enzo Bettiza, il mio interlocutore per la settimanale rubrica che curavo per Sette (lo storico magazine del Corriere della Sera) mi chiese se poteva indicare, eccezionalmente, un eroe “vivente”. Eccezionalmente perché per cinque anni (quanto durò la collaborazione con quel settimanale diretto con mano sicura da Pier Luigi Vercesi) gli eroi indicati erano figure storiche, nessuna vivente. Eccezione concessa: e fu così che il grande giornalista e scrittore originario di Spalato estrasse dal suo cappello il nome di Mario Draghi (nel ritratto in apertura). Qui di seguito le parole di grande attualità e umanità con cui Bettiza mi disegnò il gigante che abitava nella sua mente.

Caro Bettiza, sei cresciuto al crocevia di quattro civiltà e hai vissuto e indagato il mondo mitteleuropeo, e un periodo storico, l’ultimo secolo, straordinario sia nel male che nel bene. Di questi mondi conosciuti e narrati con felice dovizia quale personaggio di riferimento che può essere utile conoscere meglio oggi?

“Guarda, io sono un esule dalmata, di matrice italoslava, di provenienza e di formazione altoborghesi, approdato dopo la guerra nell’Italia sconfitta da un paese in via di comunistizzazione integrale. L’esilio ha fatto di me un europeo convinto. E per questo non ti dispiacerà se cito un personaggio che, pur essendo vivo e all’opera, credo sia già abbastanza storicizzato: è il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. Un italiano autorevole e affidabile”.

Enzo Bettiza (Spalato, 1927 – Roma, 2017), pittore mancato (da giovane s’era iscritto all’Accademia delle Belle Arti a Roma) poi giornalista e scrittore tra i più brillanti e prolifici, è stato senatore del Partito liberale (1976-1979) e parlamentare
europeo (1979-1994). È morto nel luglio 2017. (Ritratto digitale di Giacomo Giannella / Streamcolors)

Non siamo molto lontani dallo scenario mitteleuropeo: la sede centrale della BCE è nel cuore dell’Europa, a Francoforte, in Germania.

“Lì Draghi, timoniere da quattro anni dell’economia continentale, opera da italiano modello e i motivi di ammirazione sono molti. Lui è un uomo dall’adolescenza molto difficile e molto onorevolmente superata: ho letto che all’età di 15 anni ha perso, a breve distanza l’uno dall’altra, entrambi i genitori (il padre, Carlo, dirigente di banca e la madre, Gilda, farmacista). La vicinanza a maestri forti e sicuri, prima nell’Istituto Massimo di Roma retto dai gesuiti e poi all’Università con lo scomparso e mai dimenticato Federico Caffè, suo relatore per la tesi di laurea. L’esperienza in prestigiosi atenei esteri, come il Massachusetts Institute of Technology, che gli ha permesso la padronanza della lingua inglese. Piccole e poche conosciute mosse di economia familiare come quando, dopo la nomina a nono governatore della Banca d’Italia nel 2005, vendette le sue azioni e affidò il ricavato, contro il conflitto d’interessi, a un blind trust, un fondo di cui non lui controlla la gestione. Insomma, considero Draghi un uomo dalla solida formazione umana e professionale. Non mi sorprese, tre anni fa, che gli inglesi del Times lo abbiano nominato «persona dell’anno»”.

Mario Draghi (Roma, 1947), entrato in carica come governatore della Banca centrale europea il 1° novembre 2011 fino al 31 ottobre 2019. È stato presidente del Consiglio italiano dal 13 febbraio 2021 al 21 luglio 2022. Sposato con Maria Serenella Cappello, esperta di letteratura inglese, ha due figli: Federica, biotecnologa, e Giacomo, economista.
(Ritratto digitale di Giacomo Giannella / Streamcolors)

Draghi ci ricorda che la sfida del futuro del nostro e degli altri paesi europei si vince non con la formula “meno Europa”, ma con “più Europa” e noi cittadini “più preparati” a questa realtà comune.

“In fondo la sua lezione di italiano molto europeo è che, per vincere le sfide personali e collettive, dobbiamo aumentare, metaforicamente, la dose di vitamina C nel nostro organismo: la C di competenza, la C di controllo. Così i giovani talenti italiani potranno aspirare a ruoli di primo piano nel complicato scenario europeo e mondiale”.

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso un futuro amico, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo”, “Terra ultima chiamata” e “Acqua ultima chiamata” (Edizioni Antiga, 2020 e 2022), a quattro mani con Maria Rita Parsi “Manifesto contro il potere distruttivo” (Chiarelettere, 2019) e, con Valentina Galli, “Gianni, il civismo è il profumo della vita” (Edizioni Affinità Elettive, 2022), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).

A PROPOSITO/

Memo: il mio libro-bussola: “In viaggio con i maestri”

Protagonisti del nostro tempo (dalla A di Alberto Angela e Renzo Arbore alla Z di Alex Zanardi e Sergio Zavoli) indicano i loro spiriti guida: un escamotage che permette di raccontare uomini e donne eccezionali che hanno illuminato l’Italia e questo mondo moderno impoverito di ideali

con invito alla lettura di Pier Luigi Vercesi* – Reprint

video-intervista di Mario Russomanno / Videoregione

Nel 2018 sbarcò nelle librerie italiane il mio volume “In viaggio con i maestri”, sottotitolo “Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo”, Edizioni Minerva, Bologna, 289 pagine, 15 euro (12,75 per chi acquista via internet). È un libro-bussola che illumina il mosaico di un’Italia vera e di italiani eccezionali. Protagonisti del nostro tempo (dalla A di Alberto Angela e Renzo Arbore alla Z di Alex Zanardi e Sergio Zavoli) svelano esperienze e curiosità dei loro personaggi guida. Il lettore fa così scoperte belle e utili, in tempi confusi, in cui c’è voglia di personaggi-faro, di vitamine per la mente, di ritrovare un futuro amico. Si riscopre il ritratto dell’Italia vera e di italiani eccezionali dai quali ripartire.

Il volume, che ho presentato in varie città d’Italia, è impreziosito dalla prefazione di Pier Luigi Vercesi, direttore dal 2012 al 2017 di “Sette”, lo storico magazine del Corriere della Sera, Eccola. (S. Gian.)

Pier Luigi Vercesi, giornalista del Corriere della sera, ha diretto dal 2012 al 2017 Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera. È autore di diversi saggi, tra i quali Il marine, storia di Raffaele Minichiello, il soldato italo-americano che sfidò gli Stati Uniti d’America (Mondadori 2017), Storia del giornalismo americano (con Sofia Basso, Mondadori 2005) e Ne ammazza più la penna. Storie d’Italia vissute nelle redazioni dei giornali (Sellerio 2014), Fiume: l’avventura che cambiò l’Italia (2017), Il naso di Dante (2018), La notte in cui Mussolini perse la testa (2019), Johnny Dorelli, che fantastica vita (2020) e di documentari televisivi sulla Roma di Nerone, sulla Germania del Novecento e sulla Prima guerra mondiale. (Ritratto digitale di Giacomo Giannella / Streamcolors)

Gli italiani e la loro anima

Ho nostalgia per le e-mail di Salvatore Giannella, sempre da un posto diverso d’Italia, un giorno da Caserta, l’altro da Forlì, l’altro ancora da Torino o Verona, da Matera o dall’amata Romagna. Qui in zona, diceva, c’è il tal dei tali, che ne dici se lo intervisto?

Sembrava un rabdomante: si trovava sempre nei pressi di qualche fonte molto fresca. In realtà non c’era magia, solo la tenacia e l’intuito di un grande giornalista; un instancabile desiderio di andare a vedere, capire, provare, indicare soluzioni per chi ha «voglia di cambiare» (per citare un suo precedente libro); la capacità di ascoltare e di meravigliarsi ancora, senza quella patina di cinismo che viene a chi, come si dice, ha acquisito uso di mondo.

In queste interviste c’è però qualcosa in più. Salvatore ha sempre diretto giornali (“Genius”, “L’Europeo”, “Airone”…) e cercato idee nuove. Questa, appena me la espose, mi parve geniale: facciamo raccontare gli italiani a partire dalla loro anima. Oddio, bellissimo, dissi io, ma come si fa? Semplice, rispose, poche domande secche e al cuore, chiedo a loro chi è lo spirito che li guida, il personaggio a cui si ispirano, il modello che li ha plasmati e anche quello a cui ricorrono quando sono in difficoltà; vedrai, faremo scoperte belle e utili, in tempi confusi, in cui c’è voglia di personaggi-faro e di ritrovare un futuro amico.

Così fu. Anche i più restii a raccontarsi in pubblico non si sottrassero all’escamotage di Salvatore. In cinque anni di appuntamento settimanale, a spanne quasi duecento interviste (qui ne trovate metà, in ordine alfabetico, mi auguro che l’editore trovi spazio in futuro per l’altra metà), io per primo, e i lettori di “Sette-Corriere della Sera” qualche giorno dopo, abbiamo visto scorrere davanti ai nostri occhi l’Italia vera, quella che non aveva bisogno di nascondersi dietro a un’immagine posticcia perché si raccontava attraverso una figura del passato che li rappresentava.

Un momento della presentazione avvenuta nella magnifica Rocca di San Leo, città d’arte, da sempre capitale storica del Montefeltro.

Nella sua collana di perle Giannella infilava attori, artisti e scienziati (anche premiati con il Nobel), imprenditori, cantanti, stilisti, campioni dello sport e della società civile, e attraverso di loro raccontava esperienze ed esempi di donne e uomini eccezionali, mai banali, che hanno illuminato il nostro Paese e questo mondo spesso, nel presente, fiacco, svuotato d’ideali, raggomitolato nel particulare.

Che il tal psicologo o critico d’arte o scrittore raccontasse con trasporto il proprio debito morale e culturale verso qualche grande che lo aveva preceduto non meravigliava, anche se certamente arricchiva; quel che però personalmente mi colpiva erano le scelte inattese. Fabio Capello non si rifà, che so io, a Valentino Mazzola o a qualche altro campione del passato, bensì a Ernest Hemingway, folgorato sulla via delle sue Verdi colline d’Africa mentre frequentava l’istituto per geometri, decidendo poi di seguire le sue tracce attraverso le descrizioni caraibiche de Il vecchio e il mare o del Friuli Venezia Giulia di Addio alle armi. Sembra di vederla la nonna di Raffaella Carrà, nella gelateria di Bellaria e alla sera mentre canta la ninna nanna alla nipotina, immaginandola ballerina e artista di successo. E quell’eterno giovane di Gianni Boncompagni? Sorpresa, traeva la sua creatività dall’aver ascoltato fin da bambino il più grande pianista (classico) della storia della musica, Arturo Benedetti Michelangeli.

Ho trovato bellissima la scelta di Evelina Christillin: un personaggio da cui io stesso mi sento molto rappresentato, Piero Gobetti, paragonato a un moderno martire della violenza politica, Giulio Regeni. Lo spirito guida evocato da Sergio Zavoli? Renato Serra, un uomo tormentato, nella sua breve vita, dalla ricerca del giusto e del vero. Lo ripagò male la prima guerra mondiale, facendolo centrare, già nei primi giorni di conflitto, da un cecchino austriaco. Pacifista qual era, partì volontario dopo aver pubblicato il suo indimenticabile Esame di coscienza di un letterato.

Concludo raccontando anch’io uno dei miei spiriti guida. Credo che l’autore di questo libro resterà di stucco, perché certamente non ricorderà. Volete sapere chi è? Salvatore Giannella. Alcuni decenni fa ero un laureando che per tutti gli anni dell’università aveva scritto articoli di cronaca per il giornale della sua città, “La Provincia Pavese”. Sognavo di fare il giornalista, da grande, per grandi giornali. Essendo timido ma abbastanza intraprendente, mandai copia dei miei articoli a diversi direttori di giornale sperando che qualcuno si muovesse a pietà e mi facesse collaborare. Una sera squillò il telefono di casa, rispose mia madre e mi passò la cornetta: c’è un tale Salvatore Giannella direttore di non so che, non ho capito, cerca te. Proprio così, Salvatore Giannella, direttore del grande, ai miei occhi inarrivabile “Europeo”, chiamava me, oscuro studentello della Bassa, per dirgli: ma lo sai che sei bravino, devi solo sprovincializzare un po’ la tua scrittura, ma continua, e sei hai qualche bella idea mandamela. Quando uscì per la prima volta la mia firma su quel settimanale non riuscii a prendere sonno tutta la notte per l’eccitazione. Grazie, Salvatore. (Pier Luigi Vercesi)

Il mio viaggio dei maestri e l’adottiva Emilia Romagna nel Salotto blu di Videoregione

Il mio nuovo libro e uno sguardo alla mia adottiva Romagna sono il tema dell’intervista che il giornalista Mario Russomanno mi ha fatto nella seguitissima trasmissione “Salotto blu” da lui ideata e condotta su Videoregione, la tv che dal 1985 racconta il territorio, i personaggi e le usanze del territorio dell’Emilia-Romagna.


LE INTERVISTE

Intervistati nel mio libro

Dalla A alla Z l’indice degli intervistati e dei loro spiriti guida (in azzurro, i link per ulteriori arricchimenti su Giannella Channel):