L’una, sottoposta a trapianto di fegato all’Istituto nazionale dei Tumori a Milano, elogia al Corriere della Sera la squadra medica oltre che per le eccellenze professionali e le attrezzature all’avanguardia anche per quegli elementi (la pazienza, la gentilezza, la premura) difficilmente quantificabili in una classifica ospedaliera. L’altra, capitata nella Biblioteca nazionale di Roma, ha vissuto a sorpresa una giornata particolare, sorprendentemente positiva, e trasmette le sue positive impressioni al quotidiano la Repubblica. Sono di due donne le lettere scelte per la nostra periodica sezione “Italiani brave penne”. Leggiamole.
- Elogio della buona sanità pubblica di Milano.
Sta per compiersi un anno quando, grazie a un trapianto, ho avuto la grande fortuna di ricevere un fegato nuovo e di riacquistare una buona salute dopo anni di cure pesanti e sofferenze. Ho sentito subito il dovere di scrivere alla famiglia del donatore, a me tuttora sconosciuta, per comunicarle la mia gioia immensa. Ma ora, a dodici mesi di distanza, dopo aver letto tante notizie sulla ‘malasanità’ e sentito preoccupate dichiarazioni sulla tenuta del Servizio sanitario, mi preme far sapere che una sanità pubblica di grande umanità e di eccellente professionalità esiste: l’ho trovata all’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Per me la ‘buonasanità’ comporta certamente la competenza professionale, ma anche la sicurezza del paziente di essere ascoltato, incoraggiato e seguito prima e dopo l’intervento chirurgico. Al momento del consenso dell’operazione, sono stata accolta con un sorriso di conforto e rassicurazione ‘nel mondo dei trapiantati’, come l’ha definito il responsabile della struttura. Sono stata ascoltata con dolcezza, durante più sedute, dalla psicologa dell’Istituto. Ho sentito svanire l’ansia e i timori quando, convocata per l’intervento, dopo alcune ore di attesa, ho visto l’infermiera venirmi incontro sorridente con le braccia alzate dicendomi ‘habemus papam’, annunciandomi cioé che il fegato del donatore era compatibile. E questa partecipe attenzione l’ho potuta constatare in tutto il personale infermieristico nei nove giorni di degenza. Aggiungo che la stessa professionalità e umanità l’ho riscontrata nel Centro Migliavacca per la diagnosi e lo studio delle malattie del fegato del Policlinico di Milano, dove sono tuttora in cura. Purtroppo i giovani medici ricercatori sono ospitati in luoghi angusti, del tutto inadeguati per loro e i pazienti, e poco dignitosi rispetto alla reputazione che questo Centro si è conquistata. Spero che, anche solo per il rispetto che questi due esempi meritano, le autorità sentano il dovere di promuovere ancora di più la sanità pubblica. (Maria Acerbis, Milano) - Elogio della Biblioteca nazionale centrale di Roma.
Domenica scorsa ho usufruito della giornata di apertura straordinaria della Biblioteca nazionale centrale di Roma. Erano più di vent’anni che non andavo, da quando cioè studiavo all’Università La Sapienza. In tutto questo tempo ho però letto sui giornali delle condizioni, disastrose, in cui si trovava. Ebbene, che sorpresa è stato vedere come molte cose siano mutate sì, ma in meglio. I giornali che ho chiesto in emeroteca sono arrivati in poco tempo. Poi ho scoperto che il gigantesco salone centrale – più lungo di un campo di calcio e largo come uno di basket – è stato ripensato con una specie di struttura a serpentone dove si trovano i vecchi schedari, i nuovi computer dove sono inseriti i dati dei libri, uno spazio mostre che accoglie adesso le foto e gli interessanti documenti su Elsa Morante ma anche, ultimi ma non i peggiori, i puliti gabinetti che sostituiscono le paurose ritirate sotterranee di quando frequentavo io Castro Pretorio. Credo che i problemi di gestione di questo gigante della conservazione libraria non sono scomparsi, visti i tagli che l’Italia impone alla cultura. Però la Biblioteca nazionale a me pare funzioni bene. Sarà stato perché c’era il pubblico venuto per le mostre, i convegni, persino i concerti? Non lo so, però io ne sono uscita soddisfatta. (Anna Santoni, Roma)