LogoComitatoperlabellezzaAd agosto scorso il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, ha nominato una commissione per la riforma del ministero da lui guidato che dovrà consegnare il risultato delle sue riflessioni entro il prossimo 31 ottobre. Un comunicato ufficiale, intriso di linguaggio politichese, spiega che «la Commissione, istituita in base alla disciplina sulla revisione della spesa, avrà il compito di definire le metodologie più appropriate per armonizzare la tutela, la promozione della cultura e lo sviluppo del turismo, identificando le linee di modernizzazione del Ministero e di tutti gli enti vigilati, con riguardo alle competenze, all’articolazione delle strutture centrali e periferiche e alla innovazione delle procedure». Tradotto in italiano, vuol dire che Bray, dopo Bondi, Galan e Ornaghi, sta provando a cambiare il suo ministero definito da uno dei membri della commissione stessa, Tomaso Montanari, che ha bisogno di una riforma organica e ben ponderata perché la sua struttura attualmente “si potrebbe descrivere come un testone ipertrofico, confuso e spesso infedele (il quartier generale romano e molte delle direzioni regionali) innestato su un corpo fedele, ma malnutrito e umiliato (la struttura territoriale, vera essenza della tutela del patrimonio e del paesaggio)”.

Nella commissione (che non prevede retribuzione) non mancano persone che hanno idee chiare sui mali che affliggono il ministero e sulle cure necessarie. Vedremo a breve, entro il 31 ottobre, quando il lavoro sarà concluso. Intanto Giannella Channel contribuisce alla riflessione sul “Ministero da ricostruire” con uno studio esclusivo e inedito, in più puntate, di Vittorio Emiliani che nella sua lunga e felice carriera di un mai rassegnato riformista laico ha ricoperto, con intelligenza e cultura, i ruoli di giornalista, scrittore, saggista e politico e oggi presiede il Comitato per la Bellezza (Vicolo San Celso, 4 00186 ROMA. Mail: v.emiliani@virgilio.it. Tel: 06-6873269). Ha fatto parte per un biennio del Consiglio Nazionale (oggi Superiore) dei Beni culturali venendo “epurato” e dimissionato da Giuliano Urbani insieme al vice-presidente esecutivo Beppe Chiarante poi rieletto all’unanimità.

Ecco il piano del lavoro:
L’irrisolto rapporto con le Regioni; Il pasticcio del Titolo V della Costituzione; Da Urbani in qua sterilizzato il Consiglio Nazionale; Ricostituire una catena di comando; Il peso delle Direzione regionali… e dei Poli museali col “Mostrificio”; Soldi solo per le mostre. I Musei? Sbarrati; Meno risorse, meno tutele anche nelle urgenze; L’impoverimento dei quadri tecnici; Le forze in campo del Ministero; Giostra di capolavori in giro per il mondo; Il lungo sonno dei Piani paesaggistici; Un accoppiamento poco giudizioso; E ora c’è il turismo…

Massimo Bray (Lecce,1959) è l'attuale Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo.

Massimo Bray (Lecce,1959), Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo.

Risulta ancor oggi esatta la definizione iniziale di competenze fissata dal fiorentino Giovanni Spadolini, anno 1974 (presidente della commissione Cultura era un altro toscano, Giovanni Pieraccini), per il nuovo Ministero nel titolo: Beni culturali e ambientali. Con essa il ministro “costituente” voleva superare la nozione crociana di “bellezze naturali” e ricomporre tutto (come poi disse al Senato Giulio Carlo Argan nel bellissimo discorso del 1985 sulla legge Galasso per i piani paesaggistici) “nel palinsesto millenario del paesaggio”.
Era dunque un classico Ministero “di patrimonio” che ricomprendeva anche i beni ambientali. Doveva essere una “amministrazione al servizio del Paese”, della cultura e dei suoi beni. Con ciò si rifiutava, consapevolmente (Spadolini fu esplicito anche su questo) la riedizione di un Ministero della Cultura che aveva (e avrebbe) strumentalizzato la Cultura a fini politici. Una lezione di storia che i freschi proponenti di un nuovo Ministero della Cultura (Ernesto Galli della Loggia) avrebbero dovuto tenere ben presente.
In seguito, a causa delle pressioni di lobby ambientaliste, si sono amputati dal corpo del Ministero da poco formato i beni ambientali pur lasciando il paesaggio ai Beni culturali. Una contraddizione evidente. Da ricomporre? Una tesi che abbiamo sostenuto e sosteniamo in molti, ma invano. Anche davanti a commissioni autorevoli, come quella presieduta anni fa da Enzo Cheli. Da notare: il Ministero per l’Ambiente ha funzionato sempre in modo precario, senza mai decollare veramente. Un duplice danno.

Il sito di Pompei, che nel primo decennio del nuovo millennio è stato visitato costantemente da oltre due milioni di persone all'anno[4], è risultato essere nel 2010 il secondo sito archeologico italiano per numero di visitatori (preceduto solamente dal sistema museale che comprende Colosseo, Foro Romano e Palatino). Nel 1997, per preservarne l'integrità e sottolinearne l'importanza, le rovine, gestite oggi dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, insieme a quelle di Ercolano ed Oplonti, sono entrate a far parte della lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO[5].

Il sito di Pompei, che nel primo decennio del nuovo millennio è stato visitato costantemente da oltre due milioni di persone all’anno, è risultato essere nel 2010 il secondo sito archeologico italiano per numero di visitatori (preceduto solamente dal sistema museale che comprende Colosseo, Foro Romano e Palatino). Nel 1997, per preservarne l’integrità e sottolinearne l’importanza, le rovine, gestite oggi dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, insieme a quelle di Ercolano ed Oplonti, sono entrate a far parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

L’irrisolto rapporto con le Regioni. Un nodo tuttavia rimase irrisolto sin dalla costituzione del Ministero: il suo rapporto con le Regioni alle quali furono in seguito date deleghe (frettolose) sempre più vaste in materia di ambiente e di paesaggio. Come più volte sottolineò in seguito l’indimenticabile Antonio Iannello, segretario di Italia Nostra, da ultimo nel suo “L’inganno federalista” (1998). Sottolineo doverosamente che in quegli anni ‘70 eravamo, in prevalenza, fiduciosamente “regionalisti”, lo erano anche alti dirigenti dei Beni Culturali. Oggi, visto l’esito delle Regioni, specie in quelle delicate materie, lo siamo tutti molto di meno. Le Regioni infatti, dopo aver disatteso quasi tutte gli impegni della legge illuminata Galasso sui piani paesaggistici (1985), hanno in maggioranza sub-delegato ai Comuni la tutela paesaggistica stessa con risultati decisamente negativi.

Soprattutto i Comuni hanno mantenuto quella tale sub-delega – che ne fa dei controllori/controllati – anche dopo l’abolizione (ministro Franco Bassanini, Testo unico edilizia 2000) dell’art.12 della legge n.10 Bucalossi del ’77 che giustamente vietava di usare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente vincolandoli invece in un conto speciale presso le Tesorerie comunali e riservandoli a espropri, restauri di centri storici, ecc. cioè a spese di investimento. Sub-delega mantenuta, nella stessa Toscana per prima, anche dopo che i Comuni stavano premendo l’acceleratore dell’edilizia purchessia (boom 2000-2008) per turare alla disperata le falle di bilancio createsi col taglio dei trasferimenti erariali e non usavano quindi per nulla il freno della tutela che era stata distrattamente loro affidata con la sub-delega regionale. Che ora diverrà permanente con la confusa abolizione di tutte le Province, anche in regioni altamente “polverizzate”: penso alla Lombardia dove i Comuni sono 1.546 e ve ne sono, anche in pianura, di 70-100 residenti appena e dove il centralismo regionale risulterà addirittura schiacciante.

La cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Siena, in Toscana, sede vescovile dell'arcidiocesi metropolitana di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino; l'edificio è situato nell'omonima piazza, nel Terzo di Città. Costruita in stile romanico-gotico italiano, è una delle più significative chiese realizzate in questo stile in Italia.

La cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Siena, in Toscana, sede vescovile dell’arcidiocesi metropolitana di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino; l’edificio è situato nell’omonima piazza, nel Terzo di Città.
Costruita in stile romanico-gotico italiano, è una delle più significative chiese realizzate in questo stile in Italia.

Il pasticcio del Titolo V della Costituzione. Creava problemi, certo, sin dalle origini del Ministero, la dizione costituzionale (art. 9) “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Voluta, in vista delle Regioni, da Emilio Lussu, che aveva, politicamente, origini sardiste, e vanamente contrastata dal fiorentino Tristano Codignola che aveva proposto e sostenuto la dizione “Lo Stato tutela, ecc.”. Varie sentenze, per la verità, ribadirono in seguito la preminenza dello Stato. Con l’opposizione costante però di alcune Regioni.
Per non parlare della speciale autonomia siciliana, ottenuta nel 1947 sotto la minaccia incombente del separatismo isolano, ancor prima della Costituzione nazionale in vigore, come si sa, dal 1° gennaio 1948. Speciale autonomia che non ha certo protetto beni culturali e paesaggistici dell’isola, soprattutto i secondi flagellati dall’abusivismo edilizio all’interno, fin dentro la Valle dei Templi di Agrigento, e sulle coste dove si è costruito per chilometri e chilometri a filo di arenile.
Ma ancor più problemi doveva creare la “riforma” del Titolo V della Costituzione (2001): un vero e proprio garbuglio, un pasticciaccio politico-amministrativo messo in piedi in fretta e furia per compiacere la Lega Nord sperando ingenuamente di ottenerne appoggi e consensi elettorali. Rinnovando l’art. 114 della Costituzione, l’art. 1 della legge 1/2003 ha omologato infatti lo Stato ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni come elementi costitutivi e parificati della Repubblica.
«La Repubblica – recita infatti l’articolo in oggetto – è costituita (e non più solo «si ripartisce») dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato» (l° comma); lo stesso articolo prosegue attribuendo a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni natura di enti autonomi, con propri statuti, poteri e funzioni (2° comma); prevede, infine, uno status speciale per Roma, quale capitale della Repubblica (3° comma). Il trionfo della confusione, una Babele. Sempre con le Regioni a statuto speciale, soprattutto la Sicilia, per conto proprio.

La Valle dei Templi è un'area archeologica della Sicilia caratterizzata dall'eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all'antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento. Dal 1997 l'intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità redatta dall'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e uno dei principali di tutta l'isola. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi misura circa 1300 ettari.

La Valle dei Templi è caratterizzata da un eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all’antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento.
 
Dal 1997 l’intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità redatta dall’UNESCO.

Da Urbani in qua sterilizzato il Consiglio Nazionale. La visione “nazionale” del patrimonio è stata ulteriormente compromessa anche dalla progressiva sterilizzazione del Consiglio Nazionale o Superiore dei Beni Culturali. Da un lato i ministri del centrodestra (Giuliano Urbani, Sandro Bondi, Giancarlo Galan) lo hanno, di fatto, asservito alla politica: vedi la “epurazione” praticata da Urbani nei confronti di Giuseppe Chiarante, da pochissimo rieletto alla unanimità per i tanti meriti oggettivi vice-presidente esecutivo del Consiglio stesso, e anche di chi scrive, o le dimissioni a catena provocate da Bondi: Salvatore Settis, vice-presidente (sostituito in un baleno da Andrea Carandini), Andrea Emiliani, Cesare De Seta e Andreina Ricci. Dall’altro lato, il Consiglio stesso non veniva più convocato per mesi e mesi o risultava sempre più rattrappito nelle attribuzioni tecnico-scientifiche. Ed era l’organismo che Giovanni Spadolini aveva invece pensato come un autentico “Parlamento dei beni culturali e ambientali”.
Come ha sottolineato in una sua ampia e incisiva memoria al ministro Massimo Bray l’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, “la spending review, approvata il 6 luglio 2012 (ministro Lorenzo Ornaghi, Ndr), ha disposto che le attività svolte dagli organi collegiali in regime di proroga siano definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano, cosicché si profila per i Comitati di settore scaduti e non prorogati la soppressione definitiva, con la conseguente paralisi delle connesse attività amministrative ministeriali.
Restituire agli organi consultivi il ruolo di confronto dialettico e di stimolo rispetto all’apparato ministeriale, assicurandone l’indipendenza e la libera espressione degli esiti più avanzati della ricerca e del dibattito culturale nazionale, è una priorità da non sottovalutare. Ed è auspicabile che in tali organismi sia prevista di nuovo la rappresentanza delle istituzioni culturali degli Enti pubblici territoriali”.

Quali sono allora le principali conseguenze pratiche di tanto scompiglio politico-istituzionale provocato negli organismi deputati alla tutela?

Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero a esso più spesso come Forum Magnum o semplicemente Forum) era situato nella valle compresa tra il Palatino e il Campidoglio e costituì il centro commerciale, religioso e politico della città di Roma.

Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero a esso più spesso come Forum Magnum o semplicemente Forum) era situato nella valle compresa tra il Palatino e il Campidoglio e costituì il centro commerciale, religioso e politico della città di Roma.

Ricostituire una catena di comando. Da anni non si sa più bene chi comanda. Bisogna quindi, anzitutto, ricostituire una catena di comando. Anche perché il MiBAC è via via diventato un corpo mal strutturato, con testa ipertrofica e articolazioni invece molto gracili. E’ stato il governo Berlusconi 2001-2006, con la legge n. 145 del 15 luglio 2001, a estendere grandemente l’area della dirigenza ministeriale e a triplicare, di fatto, gli stipendi di fascia alta. Anche nei Beni Culturali. Dove prima c’erano 4 direttori generali e le disparità di trattamento erano molto ridotte, oggi, oltre al segretario generale, ci sono 9 ruoli di direttori generali centrale e 17 direttori generali regionali nelle Regioni a statuto ordinario (una coperta ad interim).
In totale, 26 direttori generali + il segretario generale. Va notato che esiste una direzione generale per l’Organismo Indipendente di Valutazione delle Performances (OIV) assegnata a una dirigente esterna proveniente dal Ministero della Sanità (Marina Giuseppone).
Un ruolo di direttore generale centrale lo si sarebbe potuto subito eliminare quando l’ex Ad di McDonald’s (nonché presidente del Casinò di Campione) Mario Resca, chiamato da Berlusconi a “valorizzare” i Beni culturali, ha lasciato l’incarico, senza suscitare rimpianti di sorta. Invece, al suo posto, è stata nominata una interna, Anna Maria Buzzi, laureata in Pedagogia, che recentemente è andata a Parigi a “studiare” quel sistema dei beni culturali. Un tempo erano i francesi a venire in Italia a studiare e a copiare la rete delle nostre Soprintendenze creata in anni lontani da Corrado Ricci e da Adolfo Venturi, il nostro saggio e colto decentramento funzionale.
I direttori generali, centrali e regionali, in forza della legge n. 145/2001 (governo Berlusconi) sono dunque dirigenti di prima fascia e percepiscono uno stipendio di 166.688 euro lordi all’anno. In totale quindi un costo annuo per il Ministero pari a 4.167.200 euro lordi.
Un soprintendente territoriale di settore (seconda fascia) guadagna meno della metà, e cioè 78.900 euro lordi all’anno.
Un funzionario di terza area non arriva a percepire 35.000 euro lordi all’anno. In tal modo i responsabili di grandi musei (come la Galleria Borghese, la Galleria Nazionale di Arte antica di Palazzo Barberini o il Museo archeologico nazionale dell’ex Collegio Massimo) guadagnano, netti, 1.700-1.800 euro al mese. Pochissimo. Sono disparità francamente ingiuste e frustranti. Aggravate dai contratti esterni, di tipo privatistico, a soggetti non vincitori di concorso ma promossi, evidentemente, per altre ragioni. Come avvenne per la Direzione generale regionale della Campania della quale, nel 2007, venne messa a capo con contratto esterno (retribuzione sui 6mila euro mensili, se non erro) una funzionaria che non aveva vinto il concorso da Soprintendente pur esercitandone le funzioni, e che è andata in pensione un anno fa quale Soprintendente senza aver mai vinto un concorso…

1. Continua. Link alla seconda parte