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La locandina di The Hateful Eight, film del 2015 scritto e diretto da Quentin Tarantino.

Che strane connessioni ti combinano i neuroni! Esco dal cinema con un’immagine di un crocifisso che mi martella, quella di apertura del l’ultimo film di Quentin Tarantino The Hateful Eight. Ricordate? Una piccola diligenza con i protagonisti è un puntino lontano nel paesaggio invernale del Wyoming, qualche anno dopo la guerra di Secessione americana e un Cristo in croce, una scultura di legno piantata a bordo strada, sembra crollare sotto il peso della neve… E, complice anche un invito alla presentazione di venerdì 24 giugno 2016 nella Sala Rossa del Palazzo Comunale di Pesaro, vado a riprendere in mano un bel libro, Croci dipinte nelle Marche (Il Lavoro Editoriale) che mi arrivò lo scorso anno, dedicato a illuminare un itinerario religioso e artistico all’interno di quella regione Marche che conta la densità di beni culturali più alta d’Italia (battuta solo dalla città di Firenze). L’autore, l’ingegnere Giovanni Venturi, con la collaborazione di Maria Giannatiempo Lopez (già funzionario della Soprintendenza ai Beni artistici e storici delle Marche), si era proposto di focalizzare per la prima volta queste opere straordinarie, uniche per dimensione e fattura, che hanno segnato la storia culturale, dal 1.200 al 1.600 dopo la diffusione del francescanesimo, dell’attuale regione marchigiana e dei territori confinanti (Romagna, Umbria, Toscana). Questi tesori d’arte e di religione sono arrivati nel terzo millennio in gran numero (quasi 50) ma sono rimasti per la maggior parte confinati a decoro di chiese, conventi di piccoli borghi e in alcuni musei, quasi mai assurti agli onori di una mostra o di studi a larga diffusione. L’opera di Venturi con la Giannatiempo Lopez (qui di seguito presentata su Presenza, dalla milanese suor Maria Gloria Riva, che lodevolmente ha ridato vita al convento dei Cappuccini di Pietrarubbia, a due passi da Pesaro e Urbino), ha il merito di far uscire questo patrimonio dalla penombra cui sono ingiustamente confinati. (s.g.)

Con appassionata competenza Giovanni Venturi ci prende per mano introducendoci alla scoperta di alcune bellezze misconosciute, patrimonio di arte e di fede della nostra cultura. Le croci dipinte disegnano, in tutto il territorio marchigiano, una sorta di itinerario spirituale che permette di ricongiungersi con lo sguardo di chi, prima di noi, ha indagato entro l’evento della morte e della resurrezione del Salvatore. Grazie anche all’aiuto e alla professionalità di Maria Giannatiempo López, 45 croci dipinte su tavola escono dal tempo e ritornano a insegnare il Mistero. Il volume inizia, infatti, dalle fonti evangeliche, nella lingua comune del tempo: il latino, spazia poi tra le fonti extrabibliche e quelle della tradizione iconografica come il Mandylion, ricreando così l’ambiente culturale e artistico che ha generato tali opere. Da San Leo fino a Castelsantangelo sul Nera, nelle basse Marche, la fede ha declinato il corpo del Salvatore in diverse posture: lo sguardo aperto e sereno del Christus Triumphans, come appunto nella croce di San Leo e di Matelica, fino ai volti dolenti e coronati di spine del Christus Patiens come quelli di Gabicce Monte e Recanati. Dal corpo ritto e maestoso come nei crocifissi di Serrapetrona e Matelica fino al corpo inarcato e illividito dalla morte, sul modello di Cimabue, come quello del crocifisso di Camerino o al corpo accasciato sulla croce con lo sguardo rivolto verso il basso, di matrice giottesca, come quello di Pergola.

Non tutte sono ben conservate, ma in tutte traspare quel misticismo profondo che ha caratterizzato la pietà medievale. Sorprende la varietà dei simboli e rimandi iconografici pur nella sostanziale uguaglianza del soggetto.

Accanto al Cristo Crocifisso, ai bracci laterali della croce o lungo l’asse verticale della croce, compaiono spesso Giovanni e Maria dolenti. Ma è sulla cimasa e sulla parte inferiore delle croci che si registrano le differenze più interessanti.

Nella cimasa il soggetto più ricorrente è il Cristo Redentore, o il Pantocratore con in mano il libro della Rivelazione assimilato per alcuni a Dio Padre con le fattezze del Cristo. Altro soggetto frequente è il Pie Pellicane, rimando esplicito al Sacrificio Eucaristico e dunque all’evento dell’Ultima Cena. La croce in San Gianni di Sestino, ad esempio, sintetizza l’intero Kerigma: il Pellicano, con il rimando al Sacrificio Eucaristico inaugurato il Giovedì Santo, il Cristo Crocifisso, compimento del Sacrificio nel Venerdì Santo e il Cristo in Gloria sulla Cimasa come segno della Risurrezione. Se si tiene presente, come informa la scheda iconografica contenuta nel volume, che con tutta probabilità alla base della croce erano raffigurate le Marie piangenti del Sabato Santo, il ciclo pasquale risulta completo.

Sono diversi i santi che compaiono alla base della croce, troviamo ad esempio: Santa Maria Maddalena piangente, San Francesco e Sant’Antonio. Nella Croce dipinta custodita a Macerata Feltria a san Francesco, che in basso regge la croce di Cristo contemplando il Corpo martoriato del Salvatore, si accompagna, nella cimasa, il Cristo Risorto che rappresentò, forse, uno dei modelli d’ispirazione per il Risorto del Comune di San Sepolcro, opera di Piero della Francesca.

Ad alcuni esemplari di croci reliquiari si aggiunge, unica nel suo genere custodita a Montefortino, di scuola veneta (Jacobello di Bonomo) del XIV secolo, una croce a stilo in legno, dorata e dipinta. Nel recto ai lati del Crocifisso (scomparso) troviamo l’Addolorata e San Giovanni, mentre abbiamo San Michele Arcangelo nella cimasa e la Maddalena nella parte inferiore. Nel verso il tema iconografico declina testimoni autorevoli dell’opera di Redenzione: al centro della croce (in corrispondenza con il Crocifisso del recto) san Giovanni il Battista, finemente scolpito. Nella cimasa la Vergine Maria con il Divino Infante. Al lati della croce San Pietro e San Paolo, mentre alla base Santa Caterina d’Alessandria, che testimonia, forse, l’ambiente agostiniano della committenza, probabilmente una Confraternita dedicata a San Giovanni.

Lo stupore cresce poi nell’esaminare i singoli dettagli degli esemplari elencati nel volume, specie se si osservano gli ambienti dove gli artisti medievali, pur nello spazio esiguo di una croce, riuscivano a collocare la crocifissione: il Golgota, monte arrossato dal Sangue del Redentore, come nella Croce di Jesi, o collocato nell’habitat naturale dell’opera stessa, come i Sassi Simone e Simoncello nella croce di Sestino, o le acque del fiume Nera nella Croce di Castelsantangelo sul Nera.

Nelle schede iconografiche che accompagnano il volume, curate da diverse e autorevoli firme, è possibile approfondire la storia di ciascuna singola croce e nello stesso tempo, vedere compiersi, appunto, quell’itinerario spirituale che tutte unisce e abbraccia facendoci rivivere l’evento della fede con la commozione orante del fedele medievale.

Fonte: Presenza è il mensile della diocesi di Ancona. Suor Maria Gloria Riva è la Madre Superiora della Comunità Monastica dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia (Pesaro Urbino)