Se un ladro entra in casa vostra e vi ruba qualcosa, tutti lo chiamano ladro. Se un ladro entra nel vostro computer e vi ruba qualcosa, tutti lo chiamano hacker. La natura immateriale di Internet favorisce l’equivoco. Ma è un danno materiale – segna il corpo come un colpo di frusta – quello inferto alla deputata del Movimento 5 Stelle Giulia Sarti, violata da sedicenti “hackers del Pd” (ci mancavano solo gli hackers, povero Pd…) che le hanno rubato in rete documenti privati; e ri-violata dalla stampa scandalistica di destra, che con le donne ha uno speciale accanimento intimidatorio e ricattatorio, e sulla vicenda si è buttata con voluttà.
Facciamola semplice, e non stiamo tanto ad arzigogolare con la neolingua vaniloquente e settaria che i monomaniaci del web usano per gettare fumo negli occhi: è una porcata rubare dati personali, è una porcata renderli pubblici, è una porcata usare una vita intima come ostaggio. La violazione sistematica della privacy, l’intrusione violenta, il ricatto laido, l’uso pubblico fraudolento delle parole altrui, dell’immagine altrui, dei sentimenti altrui, fanno schifo anche quando l’ipocrita poetica delle gang webbarole tende a spacciare il tutto come “lotta per la trasparenza”.
Mi unisco ai tanti che esprimono a Giulia Sarti la loro affettuosa solidarietà.
PS: Giannella Channel, nell’esprimere vicinanza alla Sarti, si augura che la magistratura e la polizia postale riescano a individuare gli autori della porcata.