lettera“Sindaci, fate attenzione ai pericolosi derivati”: era il 2007 e io stavo facendo il giro in Europa per annotare gli esempi virtuosi degli altri Paesi dell’Unione europea. A Londra mi imbattei appunto nell’allarme derivati. “Il governo inglese aveva ammonito le amministrazioni pubbliche di non negoziare in prodotti derivati con le banche (“si occupino di rattoppare le buche dell’asfalto e di garantire i servizi essenziali ai cittadini”), esercizio in cui si stanno cimentando invece (leggo testualmente dal mio libro che scaturì da quel viaggio europeo, “Voglia di cambiare”, Chiarelettere, 2008) molte municipalità italiane con l’intenzione di risollevare le casse comunali e che si stanno rivelando micidiali bombe finanziarie nei bilanci: nella sola Milano (fonte: Il Mondo) duecento milioni nel 2008 con quattro banche internazionali”. Per questo fa piacere leggere le parole fiere della prima cittadina di un comune del Milanese nella prima delle due lettere (la seconda propone un eloquente match tra la Germania, vincente su tutta la linea, e l’Italia) scelte questa settimana per la consueta sezione dedicata alle migliori lettere al direttore da me scelte.

  • I derivati e l’acume della casalinga-ragionieraSono capogruppo di maggioranza di una lista civica di centro-sinistra in un paese di 7.500 anime, Motta Visconti (Milano) e a proposito di “derivati” avrei da raccontare questo aneddoto. Qualche anno fa la mia sindaca, Laura Cazzola, casalinga-ragioniera, mi riferì di aver ricevuto la visita di un paio di signori che gli avevano illustrato quali meravigliose operazioni di maquillage si sarebbero potute fare al bilancio comunale con i “derivati” che stavano portando in dono alle amministrazioni. Le chiesi cosa avesse deciso. Mi rispose: “Vado a casa, leggerò il tutto e valuterò”. Il giorno dopo mi premurai di chiedere cosa ne pensava. Mi rispose: “Se tornano, chiamo i carabinieri”. E non se ne fece nulla. (Carlo Bianchi, Motta Visconti, Milano, la Repubblica)
  • Germania-Italia 4 a 3Qualche giorno fa mi trovavo con mia moglie a Monaco di Baviera con una giornata libera in attesa dell’aereo serale per Torino. Decidemmo di andare a visitare la sede della Bmw. Visita guidata all’interno dello stabilimento: linea dove costruiscono la Serie 3 (8 euro), poi il museo e, infine, il nuovo Bmw Welt. Edificio ultramoderno dove chi vuole può ritirare il proprio veicolo fiammante, in attesa su piattaforme rotanti. Il tutto in mezzo all’esposizione di che cosa Bmw rappresenta oggi nei vari marchi, sia moto che auto.

    In questo sontuoso edificio c’era una Isetta tirata a lucido davanti all’area dedicata alle Rolls Royce. La vetturetta era messa lì non casualmente, unico oggetto storico del Welt. Il museo è, infatti, da un’altra parte. Il germe di tutto era lì in prima fila esibito, celebrato e a monito, purtroppo è italiano. La visione di tale piccolo veicolo con tre ruote mi ha rovinato la giornata e quelle successive. La domanda che mi sono posto è stata: dopo la guerra, distrutti loro, distrutti noi, loro più di noi. Noi, nel campo delle utilitarie, avevamo anche l’Isetta costruita a Milano dalla Iso Rivolta, la Bmw no, solo le moto boxer R che costruivano dal 1923 e una fabbrica bellica di motori aeronautici., bombardata e da riconvertire.

    Quale sarà stato il mix, il sistema-Paese, il fare e la coscienza delle persone normali, dei politici e degli imprenditori che ha fatto sì che dopo 70 anni i tedeschi sono lì con le loro Rolls Royce in esposizione e noi siamo qui con le pezze al sedere? Sarebbe interessante che tutti i nostri governanti, rompendo un silenzio assordante, spiegassero ai giovani che cosa non ha funzionato in questo benedetto Paese e, per loro, cercassero almeno di salvare il salvabile. Purtroppo di vicende autolesioniste come quella descritta, l’Italia è piena, dalla dilapidazione e sperpero sistematico del sapere Montedison (leggi scoperte basilari sui materiali plastici del premio Nobel Natta) all’ultima del Monte dei Paschi. Una scia di sfasci e di sangue, che solo un popolo generoso e volenteroso come quello degli italiani ha sopportato e soprattutto tollerato. Passati gli Einaudi e i De Gasperi con pochi altri, ci siamo purtroppo distratti e abbiamo permesso a una miriade di voraci cavallette multicolori e incapaci, sempre di più imbolsite e ricoperte d’oro, di occuparsi spudoratamente degli affari loro e a vita, mentre ci facevano credere che si stessero invece occupando del Paese, come sarebbe stato moralmente logico. I risultati sono evidenti e inappellabili, il confronto ci stronca, siamo perdenti su tutta la linea e la rimonta appare oramai impossibile. Ogni posto di lavoro perso, nel mondo globalizzato, non si potrà più recuperare. (ing. Oreste Becchio, Torino, Il Mondo)